3.7.12

Il mio Catullo. Bottino di guerra (S.L.L.)

Un altro assaggio del mio attesissimo Catullo, il carme 28, che non è forse tra i più noti. Con il testo latino e la traduzione «posto» il breve commento. Ho invece saltato le note, che sarebbero un peso inutile in questa sede. Aspetto suggerimenti e critiche, nello specifico e sui criteri generali della traduzione, che non è difficile – credo – desumere da questa prova. (S.L.L.)  

XXVIII.
Pisonis comites, cohors inanis,
aptis sarcinulis et expeditis,
Verani optime tuque mi Fabulle,
quid rerum geritis? Satisne cum isto
vappa frigoraque et famem tulistis?
Ecquidnam in tabulis patet lucelli
expensum, ut mihi, qui meum secutus
praetorem refero datum lucello?
O Memmi, bene me ac diu supinum
tota ista trabe lentus irrumasti.
Sed, quantum video, pari fuistis
casu: nam nihilo minore verpa
farti estis. Pete nobiles amicos!
At vobis mala multa di deaeque
dent, opprobria Romuli Remique.

28. Bottino di guerra
Compagni di Pisone, voi coorte
inane dai bagagli assai leggeri,
carissimo Veranio e tu Fabullo
mio, come state? Con quell’uomo tristo
avete sopportato freddo e fame?
Nei conti avete un alcunché d’attivo?
O solo spese, come me che, al seguito
del mio pretore, registro a guadagno
le perdite? Tu, Memmio, quanto a lungo
e bene e lentamente m’inculasti
con tutta questa trave. A quanto vedo
la vostra sorte è pari: di un salame
d’ugual volume voi siete farciti.
Cercare amici nobili? Vi pigli
un male, obbrobri di Romolo e Remo.


Postilla
Già nel carme 10 di Catullo si trovano notizie del suo arruolamento per una campagna militare in Bitinia, al seguito del propretore Memmio, e delle sue  deluse speranze di bottino e ricchezza. Qui l'ingrata sorte del poeta viene paragonata a quella degli amici Veranio e Fabullo, reduci da una spedizione guidata da un Pisone, forse in Spagna, donde erano tornati - anche loro - con fagotti assai leggeri.
Un aspro sarcasmo investe i nobili “inculatori”, cioè gli avidi discendenti delle antiche famiglie romane, opprobria Romuli Remique, che mentre da governatori e capi militari depredavano le genti mediterranee, si rivelavano taccagni fino all’inverosimile con i propri ufficiali e con la truppa.

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