7.7.12

D'Annunzio nel "radioso maggio" 1915. "Appiccate il fuoco!"

Messaggio agli studenti dell'Ateneo romano adunati per deliberare la violenza [XV maggio MCMXV]
Miei giovani amici,
sono impedito di venire stamani tra voi, e me ne dolgo. Ma certo, a sollevare il vostro coraggio, ad armare la vostra volontà, sarà tra voi stamani il puro spirito di quel vostro compagno che "l'Angelo della forca sempiterna" spense di morte infame, nei più crudi tempi di quel servaggio ignominioso dai traditori della patria rappresentato oggi come la sola salute nostra! Non vi apparisca egli come livido fantasma, si bene come fiamma inespugnabile.
Oggi è l'anniversario della più bella battaglia garibaldina, è l'anniversario io di Calatafimi, di una fra le più fulgide gesta italiane. Di essa il Duce soleva dire: "Se nel punto del trapasso voi mi vedrete sorridere, amici, pensate che il ricordo di Calatafimi mi risale dal cuore con l'ultimo palpito."
A quest'ora i Mille occupavano l'altura detta del Pianto Romano, avendo puntato i cannoni su la via consolare. Garibaldi mandò uno di voi, uno studente ventenne dell'Ateneo pisano, verso l'alfiere pi i dirgli: "Che salga sul poggio più alto, con la bandiera, e che la dia tutta al vento!"
Anche oggi, con la medesima voce magnetica, non dà egli ai più animosi di voi il medesimo comando?
Ma, perché egli risorridesse, bisognerebbe celebrare questo anniversario con la cacciata del truffatore che vuol vendere l'Italia e del mezzano che la vuol comperare. Bisognerebbe oggi purificare delle due infezioni il cielo di Roma.
Come debbono esser tristi i giovani soldati d'Italia! Invece di marciare e di cavalcare su la via di Vienna, sono umiliati nell'onta di difendere i covi dei traditori sbigottiti.
Oggi è l'anniversario della battaglia sublime. Io non vi dirò se non quel che già dissi ai vostri compagni di Genova: "Appiccate il fuoco! Siate gli incendiarii intrepidi della grande Patria!"

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