30.7.12

Mario Soldati viaggiatore e diarista. Il primo e l’ultimo (di Raffaele Manica)

Un ampio stralcio dalla recensione del terzo “meridiano” dedicato a Mario Soldati, una sorta di ritratto onde prorompe simpatia per uno scrittore molto “americano” e forse per questo un po’ ai margini del “canone”. (S.L.L.)
Il monumento è arrivato a conclusione, con un blocco imponente per materiali e finiture.
Il terzo e conclusivo volume delle opere di Mario Soldati nei «Meridiani », America e altri amori - Diari e scritti di viaggio (a cura e con un nitido saggio introduttivo di Bruno Falcetto e con ricchi apparati di Stefano Ghidinelli, Mondadori, pp.CXXVIII-1816, € 60,00), come i due che lo hanno preceduto - romanzi, e romanzi brevi e racconti – induce una domanda: dove trovare davvero Soldati? L’esuberanza del romanziere e del narratore, quando lo si legge, lascia credere ogni volta che sia impensabile trovare di meglio altrove; ma il problema è che la stessa impressione si ha leggendo la parte della sua opera che con una certa approssimazione, eppure con proprietà, si potrebbe definire saggistica, inclusi i resoconti di viaggio, in Soldati serviti da e messi al servizio di uno spirito di osservazione con pochi pari in Italia.
Si prenda America primo amore, il libro col quale nel 1935 Soldati raggiunse una notorietà poi sempre incrementata, salvo le fisiologiche curve in basso che ogni autore deve al destino, e che consuetamente si accentuano dopo la scomparsa. Il brulichio della vita americana ripresa da euforia dopo il crollo di Wall Street vi è colto con uno stile impiantato in massimo grado dentro la lingua e la letteratura italiana, ma senza salamelecchi a nessuna maniera. Soldati, rapido sempre nell’apprendere, afferra un dettaglio e lo mette al centro, e poi un altro dettaglio scalza il precedente, e diventa centro a sua volta. E se, andando avanti nella sua opera, si può percepire quanto Soldati sia stato l’unico scrittore americano ad aver scritto in lingua italiana, l’idea deve venire da qui, dalla madre di tutte le sue opere.
Uno dei vantaggi di questo terzo volume è che in esso si può con agio e frutto vedere insieme lo scrittore primo e ultimo. Così ci si accorge come L’avventura in Valtellina, uno degli ultimi suoi libri – scritto per commissione dopo un soggiorno nel luogo-titolo e pubblicato nel 1985 – sia il rovescio di America, cinquanta anni dopo: la sua realtà lenta e rarefatta, costituita da piccoli eventi quotidiani – come la scelta di una lama dal barbiere o l’aroma del caffè – ha le sembianze di un tramonto ritratto ai sali d’argento, in un bianco e nero che serba traccia dei vividi colori antichi. Il titolo dice dell’avventura, eppure siamo di fronte a uno dei pochi libri di Soldati nei quali l’avventura sembra non esserci proprio: un libro residente, un libro della senilità, il ritratto di una casa paradossalmente extra moenia.
Tranne che a Soldati calamita l’avventura, e ogni cosa gli si trasforma in avventura, basta che la tocchi, come un re Mida della peripezia, perché l’avventura è ovunque, è là dove si sa coglierla. Allora, America primo amore e L’avventura in Valtellina sono i due pinnacoli spazialmente e temporalmente estremi dai quali Soldati tende il filo dei suoi libri.
Basterebbe andare a rileggersi gli altri due libri che, insieme ad America, nella prima parte del Meridiano, sono riproposti nella loro integrità e per i quali vale l’indicazione di Falcetto su Soldati sempre personaggio – anche quando meno dice io dal punto di vista grammaticale: l’indefinibile Un viaggio a Lourdes: racconto autobiografico, saggio, pamphlet, racconto, indagine psicologica, ricognizione sociale intorno alla cittadina dei miracoli e alla sua natura bifronte, sacra e profana; o l’altrettanto indefinibile Fuga in Italia: racconto autobiografico, pellegrinaggio civile da Roma occupata verso Napoli, studio di paesaggi e di umanità che mette a tema l’Italia spezzata in due dopo l’8 settembre del ’43, ma come si trattasse di una bipartizione non legata a quel solo momento, quanto di un fatto morale permanente…
Nella parte seconda del volume si mostra per esempi quello che si potrebbe dire il Soldati saggistico: vi si trovano raccolti per argomento ancora saggi, articoli e recensioni che ripercorrono il viaggio di Soldati dentro il Novecento: da Vino al vino a Da spettatore a Le sere non c’è pagina che possa essere percepita come semplicemente informativa. In particolare, e naturalmente, si attinge da Un prato di papaveri e Lo specchio inclinato, i due «diari in pubblico» di Soldati, che sembrano essere territori inesauribili… Questa seconda parte, dove l’intervento del curatore è per forza di cose più evidente, costruita con perizia in quattro sezioni (Società, Letteratura, Arti figurative e musica, Cinema, teatro e tv: in quest’ultima sta integro un altro libro d’autore, 24 ore in uno studio cinematografico, la prima sistemazione di esperienze del Soldati regista che funziona, occorre dirlo?, come un racconto autobiografico), è la viva ramificazione di Soldati in tutto ciò che ha riguardato le sue arti: una ragnatela tessuta sempre con la qualità di tocco che ne fa uno stilista insieme plateale e dissimulato, trascinato da una forma di curiosità che gli diventa conoscenza in una rete di richiami a catena; e il culto della bellezza in ogni sua manifestazione diventa un fatto morale e terapeutico, di rado una forma di estetismo avvolto su se stesso: la bellezza salva dall’invidia ed evita il rancore, come Soldati racconta a proposito della sua esperienza su 8 e ½ di Fellini. La novità del Meridiano è il recupero di una notevole messe di scritti sparsi, che si adagiano nelle quattro sezioni a seguito delle parti antologizzate dai volumi d’autore.
L’ultima sezione recupera, insieme a testi per il teatro, le Canzonette che accompagnarono il Viaggio televisivo, unico episodio in versi di Soldati: ecco che ci viene incontro l’interlocutore principe, il mito di una intera generazione, fino a Fortini e oltre: Giacomo Noventa («riberremo/ vecchio barbaresco; rïudremo, corona a te d’amici e di gloria/ il violoncello della tua voce»). È qui che Soldati incontra se stesso e si vede come gli altri lo vedono: «Lo accusano di egoismo,/ di snobismo,/ di masochismo,/ di onanismo,/ di gesuitismo,/ di colpevole follia,/ di megalomania.// Per Soldati i soldi dati/ sono nulla, e men che nulla/ anche i soldi che gli han dati». Il componimento si intitola Il figliol prodigo: Soldati, uno scialacquatore. Ma deve essere stata una gran gioia essere prodighi oltre misura con tutto quel talento. E nessuno, oggi, può dire che sia andato davvero perduto.

“alias” 7 maggio 2011

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