21.7.12

Non è bello quel che è bello... (di Claude Lévi-Strauss)

Il brano che segue è tratto dal paginone de “La Stampa” per la morte del celebre antropologo, curato da Silvia Ronchey. La Ronchey è compilatrice, con Giuseppe Scaraffia, del libro-intervista da cui la citazione è tratta. Serve a dimostrare che anche i grandi – non di rado – pronunziano con sussiego assolute banalità e tuttavia trovano quasi sempre qualcuno che si prostra ad adorare quelle banalità, a considerarle verbo indiscutibile, che le stampa a grandi caratteri, adornandole con fregi. (S.L.L.)
In un oggetto che troviamo bello - e il giudizio in materia può variare da persona a persona - c’è qualcosa di particolare, che lo distingue dagli altri, dagli oggetti dell’esperienza ordinaria? Dal mio punto di vista - ma credo di non far altro che seguire infedelmente il pensiero di Kant - gli oggetti ordinari, come il libro o il portapenne sulla mia scrivania, costituiscono un sistema di relazioni. Il quale è dello stesso grado, dello stesso livello, dei sistemi di relazioni di tutti gli altri oggetti che costituiscono l’esperienza ordinaria.
In un oggetto che troviamo bello - e ne ho uno proprio tra le mani, ecco, per esempio questo, anche se non è di eccezionale fattura [una piccola dea Kali in ottone, ndr] - c’è qualcosa che lo rende tale per noi. Oltre alle relazioni che ha con gli altri oggetti dell’esperienza in quanto oggetto ordinario, c’è anche tutto un insieme di relazioni interne che lo rendono più «denso», per così dire, degli altri oggetti che gli stanno intorno.

“La Stampa”, 4 novembre 2009 - dal libro-intervista Cristi di oscure speranze, ed. Nottetempo, 2008

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