6.9.12

Napoli fine Ottocento. La scuola dei ladri (di Abele De Blasio)

Abele Di Blasio, medico, sannita per nascita e napoletano d’elezione, fu antropologo lombrosiano e in quanto tale docente di Antropologia generale all’Università di Napoli, con peculiari interessi criminologici.
Lombrosianamente cercava tare ereditarie, misurava crani, valutava corpi e fisionomie: inventò addirittura un antropometro. Tuttavia sviluppò anche una grande attenzione per lo studio dei gruppi sociali, della loro organizzazione e “cultura”.
Pubblicò nel 1897, con la prefazione di Cesare Lombroso, Usi e costumi dei camorristi, ove – tracciando un quadro delle attività camorristiche – fornisce notizie su tutto il mondo della piccola criminalità partenopea.
Un capitoletto, corredato dall’immagine del tipo fisico, è dedicato ai ratti, vale a dire i “ladri di destrezza”, che in quella che chiama “la grande famiglia dei mariuoli”, sono individuati come una speciale categoria di ladri diurni. Da quel capitolo ho ripreso il brano che segue e l’immagine che lo correda, utilizzando la riedizione che Luca Torre ne fece in Napoli nel 1993. (S.L.L.)  
Tipo di ladro di destrezza
È comune credenza che tanti anni or sono nel vicolo S. Arcangelo a Baiano v'era una casa, dove, ogni giorno, convenivano una quantità di ragazzi ed un vecchio, che veniva chiamato o masto (maestro) non faceva altro che gridare liegge! liegge!
Un giorno una vecchierella del vicinato, vedendo che uno di quei ragazzi piangeva fuori la porta di quel creduto istituto, gli si accostò e con bella maniera fece comprendere a quel monelluccio che non stava bene far gridare continuamente al maestro liegge... liegge... e che era cattiva educazione fare andare in collera chi cercava istruirlo.
"Ma che istruzione e istruzione! - disse tutto incollerito il fanciullo-. In questo luogo non s'impara a leggere ma a rubare; 'o masto non dice liegge ma liegge, cioè va leggiero. Tu cara siè Rosa (così chiamavasi la vecchia), devi sapere che in luogo degli attrezzi scolastici ci è in questa casa un simulacro di donna che tiene in testa una corona di campanelli e che al più lieve movimento suonano. L'abilità di noi ragazzi sta, secondo 'o masto, nello svestire quella donna di cartapesta senza far sonare i campanelli; e, siccome io non ci riesco cosi sono bastonato di continuo".
Questa è la tradizione che circola per le bocche di tutti e che a primo aspetto parrebbe una favola; ma che è pure realtà, se si tien calcolo della seguente narrazione fatta al magistrato Gaetano Amalfi da un uomo degno di ogni rispetto.
«Vicino alla mia casa abitava una famigliuola non in buona fama. Durante la notte, si udivano, spesso, grida strazianti di bambini. Io non sapevo rendermene ragione. Ma, una volta, per caso, commettendo un atto poco discreto; giunsi a comprendere di che si trattasse. Il padre, ladro provato, abbigliava una specie di fantoccio, e con parecchi campanelli lo poneva in mezzo alla stanza.
Nelle ladre o in altre tasche poneva dei fazzoletti, e i suoi due figlioletti dovevano rubarlo con insolita sveltezza, senza far sonare i campanelli. Se vi riuscivano, toccavi loro un bravo! Se no — che era il più spesso — pugni, calci e ceffate. Di qui le grida».
In tutti i modi, messa da parte la scuola, noi possiamo assicurare che Napoli può vantarsi di avere abilissimi ladri di destrezza. Io ne conosco più di centocinquanta …

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