4.10.12

Riso novello (di Giampaolo Dossena e Carmelo Filocamo)

  
Il grande Giampaolo Dossena, che è forse uno dei maggiori esperti italiani di meta-letteratura (o para-letteratura o letteratura potenziale che dir si voglia), non ama molto le "poesie al contrario", cioè quel gioco che consiste nel sostituire integralmente, in un testo poetico, i termini e le espressioni dell’originale con altri che ne siano, in qualche modo, il contrario. Ed è proprio codesto “in qualche modo” che infastidisce il Dossena che, nel celebre e celebrato volumetto La zia era assatanata. Primi giochi di parole per poeti e folle solitarie, si chiede tra l’altro: “Cosa potrebbe essere il contrario di telefono, di sciarpa?”. Il criterio che egli raccomanda, quando si fa questo gioco, è di accompagnare l’elasticità (inevitabile) con la semplicità (sempre difficile a farsi) ; nello stesso tempo invita a diffidare degli eccessi. Così, nella valutazione di uno di questi esperimenti (il contrario del Bove carducciano), di Sebastiano Vassalli, pur salutando come “potente” l’attacco “T’odio, empia vacca”, giudica che per il resto lo scrittore s’è preso troppe libertà. Più benevolo Dossena appare verso il ribaltamento di Pianto antico, di Carmelo Filocamo, di Locri, che pur prendendosi libertà anche maggiori si è imposto di rispettare il ritmo e alcune rime. Posto qui la sua divertita e divagante trattazione comprensiva del testo di Filocamo. (S.L.L.)


…Gli è venuto bene il capovolgimento del titolo, Riso novello. «Riso» è un bel caso di «omògrafo omòfono» con due diversi significati e due diverse etimologie. Non voglio perdere l'occasione per ri­cordare la storia di quei due versi, proprio di Pian­to antico, che dicono «sei nella terra fredda, / sei nella terra negra». Era una storia già vecchia quan­do la raccontai sul "Mondo" il 3 aprile 1975, ma da allora è successa ancora, nelle interrogazioni sco­lastiche: «il poeta racconta la triste storia di do­dici poveri bambini che erano morti, e sei li ave­vano seppelliti in una terra fredda come il ghiaccio, sei in una terra nera come il carbone».
Veniamo alla lettura del Riso novello di Carmelo Filocamo ("La Stampa", 5 febbraio 1983).

L'erba onde ritraevi
il grosso tuo piedone,
il perlato risone
coi suoi chicchi rosé,

fuor di stipata selva
canora ormai ingiallì
dicembre lo intristì
di fitta nebbia e gel.

Io frutto di tua frasca
florida e verde forte,
io di solerte morte
primo multiplo odor,

sono nel cielo caldo,
sono nel ciel fulgente;
luna mi fa dolente
e m'addorme rancor.

In Giampaolo Dossena, La zia era assatanata, Edizioni Theoria, 1988

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