In Il cavaliere dei Rossomori, uscito per Einaudi nel 1985, Fiori è riuscito a fare un ritratto a tutto tondo di uno degli uomini politici più insoliti nel panorama italiano, che fu tra i fondatori del Partito sardo d'azione e che diede vita, insieme con Carlo Rosselli, al movimento Giustizia e libertà. Dal libro riprendo due brani che ricordano l’attività di Dino Segre, in arte Pitigrilli, spia dell'Ovra, la polizia segreta fascista, e l'incontro e lo scontro di costui con Lussu, dopo la scoperta della delazione. I sottitoli sono miei (S.L.L.)
Emilio Lussu |
La prima retata
Al volante dell'auto che domenica 11 marzo 1934 viaggia da Lugano a Varese è un ragazzo di Torino laureato di fresco in scienze naturali, Sion Segre, ventiquattro anni. Gli siede a fianco uno studente coetaneo, Mario Levi, figlio dello scienziato Giuseppe Levi, che all'Università di Torino insegna anatomia ed è celebre per le sue ricerche istologiche. S'arrestano al valico stradale di Ponte Tresa, sul ramo occidentale del lago di Lugano. I passaporti sono in regola; tutto è regolare anche per i doganieri. Ma uno della milizia confinaria perquisisce Mario Levi. Lo sente imbottito di carta. Addosso gli trova alcune copie de “La Libertà” e d'un numero unico intitolato “Giornale degli Operai” (compilatori, con operai e organizzatori sindacali da poco usciti dal Pci, Rosselli, Garosci e Zuddas) e manifestini di Gl per incitare al no nel plebiscito in calendario il 25 marzo 1934. Levi e Segre debbono seguire il milite. La breve strada alla casermetta costeggia un fiume emissario del lago di Lugano, il Tresa, che segna il confine tra l'Italia e il Canton Ticino. Levi e Segre spiccano un balzo: Segre è riacciuffato; Levi riesce a tuffarsi, nuota disperatamente, gli abiti si son fatti pesanti, la corrente è impetuosa, sfugge al fuoco della confinaria, gli vengono in soccorso in barca doganieri svizzeri: è salvo; è libero.
Nella questura di Varese ispezionano l'auto. Da dietro la tappezzeria dello sportello destro, fissata con chiodini, saltano trentadue copie del Quaderno 10 di “Giustizia e libertà” (c'è anche il saggio di Lussu, Orientamenti). Immediata è la ripercussione a Torino. L'anziana scrittrice e critica letteraria Barbara Allason, già licenziata dall'insegnamento, e un giovane professore universitario, Leone Ginzburg, ebreo russo di Odessa, venticinque anni, finiscono in carcere (e Ginzburg dovrà restarci).
La polizia non fa in tempo a prendere un allievo di Augusto Monti al «D'Azeglio», Renzo Giua, vent'anni, che già s'era fatto, nel '32, 108 giorni di galera. E, per sciare, a Balme, in Val D'Ala, verso la frontiera francese. Dal padre Michele, uno scienziato di Castelsardo amico personale di Lussu, docente di chimica organica al politecnico, ha saputo della retata (ci sono caduti anche il fisico Carlo Mussa Ivaldi, Giuliana, Marco e Attilio Segre, il professor Giuseppe Levi e il figlio Gino, il pittore Carlo Levi e il fratello Riccardo, Leo Levi, Cesare Colombo e Camillo Pasquali). Il consiglio del padre è di gettarsi nella clandestinità. Fugge infine avventurandosi tra i ghiacciai dell'Autaret. L'agevolano la padronanza degli sci e la resistenza fisica. È comunque un'impresa ardita. In Francia, lo raccolgono stremato. Si presenta giorni dopo a Rosselli e Lussu con la faccia bruciata da vento e neve. A Parigi, Mario Levi, Renzo Giua e un giovane letterato romano arrivato da poco, Nicola Chiaromonte, ventinove anni, attivi tutti in Gl, fanno gruppo a sé, influenzati da un intellettuale di grande fascino, Andrea Caffi, «italiano educato in Russia e in Francia alla scuola della rivoluzione e della modernità... il solo i cui contributi intellettuali si stacchino dalle tradizioni o del democratismo giacobino dei giellisti parigini o del rivoluzionarismo liberale strettamente provinciale dei piemontesi».
Un guaio è che l'arrivo dei torinesi ha facilitato l'intrusione in Gl d'un cugino di Sion Segre, Dino Segre, quarantun anni, alto, biondo, d'eleganza arieggiante la moda anglosassone, romanziere pornografo celebre in Europa per bestseller quali Cocaina e Mammiferi di lusso, che firma col nome «d'arte» Pitigrilli. È una spia (aggregato all'Ovra col numero 373 nell'elenco dei confidenti). «Del Re e Pitigrilli, in uno studio comparato, - scriverà Lussu - appaiono ciascuno in una categoria-tipo a sé, con caratteri propri: il primo è il disperato mercenario della Legione straniera... il secondo è l'artista. Pitigrilli non è diventato spia, lo è nato... I suoi rapporti sono un misto di vero di falso; ma il falso è arte, è vero letterariamente, in quanto serve a meglio ricostruire la personalità su cui indaga, e la interpreta... L'aberrazione morale dell'autore - direbbe Croce - non inficia la sostanza dell'opera d'arte...».
Il suo primo rapporto da Parigi al capo dell'Ovra Michelangelo Di Stefano è del 23 aprile 1934, appena dopo un incontro con Lussu. Racconta. «Per mezzo di Mario Levi sono riuscito a conoscere Emilio Lussu. Abitano tutti e due all'Hotel de l'Université, rue Saint-Jacques angolo rue Soulllot, a 200 metri dalla casa di Rosselli. Lussu, nonostante ciò che si dice dei suoi polmoni, non mi pare né depresso né deperito. Dirci anzi che è molto combattivo. E in contatto continuo con italiani residenti qui e soprattutto con italiani che arrivano quotidianamente. Parla di fatti (sommosse) a Taranto, Aquila, Barletta; parla di bande di briganti che si sono organizzate in Sardegna. È su questi fatti che si pongono tutte le sue speranze... Al restaurant Albanese, rue Monsieur Le Prince, mangia la sera, con Lussu e Mario Levi, un torinese sui vent'anni scappato da Torino un mese fa, e che faceva parte del gruppo Allason-Levi-Ginzburg. Non sono riuscito a saperne il nome. Credo che studiasse lettere... A giorni rivedrò Lussu». Il ragazzo è Renzo Giua. [...]
Crestomazia dai rapporti di Pitigrilli
Pitigrilli s'aggira tra Parigi e Torino, accolto come amico e collaboratore da fuorusciti e dalla cospirazione in Italia. Nessuno l'immagina agente dell'Ovra. Gli affidano soldi, lettere in simpatico, cifrari, opuscoli, stampe; gli si confidano. L'organizzazione di resistenza al fascismo è frugata, raccontata al dettaglio. Frammenti letterari. L'infiltrato-artista non redige rapporti; narra.
Dino Segre, in arte Pitigrilli |
Torino, 4 giugno 1934.
Si dice che i difensori di Ginzburg sosterranno che egli frequentava la casa del professor Levi perché innamorato della figlia, Natalia. Non è vero. Natalia era assai innamorata di Ginzburg, ma Ginzburg era innamorato di Giuliana Segre. Poiché siamo su questo argomento, aggiungerò che Mario Levi era innamorato della signorina Pincherle di Roma (sorella dello scrittore Moravia) la quale in questi giorni deve essersi fidanzata col pittore Paolucci, amico del pittore Carlo Levi.
Parigi, 12 giugno 1934.
La famiglia di Mario Levi mi ha affidato 2000 lire che gli ho portato ieri. Egli non abita più all'Hotel de l'Université, ma dorme, per fare economia, alla sede del giornale “Giustizia e libertà”, 21 rue Val de Gràce.
Parigi, 12 giugno 1934.
Vi avevo scritto che non so nulla di Giacomo De Benedetti di Torino, abitante in corso San Maurizio 36. Ora so che è un letterato noiosissimo, amico di Massimo Bontempelli, col quale ha anche fatto un viaggio nel Nord Europa; lettore di Proust, è un sognatore sottoalimentato che si nutre di yoghurt e di poesia; non fa della politica, e se ha frequentato il salotto di Barbara Allason lo faceva per parlare dell'anima.
Parigi, 8 agosto 1934.
Mario Levi s'augura che dall'Italia mandino al loro movimento un po' di denaro. Dice che basterebbe trovare una decina di persone disposte a mandare 50 lire ciascuna... Se sono ridotti alle 500 lire, è un serio indizio di miseria. Ora il giornale è fortemente in passivo... Carlo Rosselli, il quale in questo momento è ai bagni di mare a La Baule, ha speso mezzo milione tra la fuga di Turati e la propria, e ha rovinato il suo patrimonio per sovvenzionare il movimento e i giornali.
Torino, 23 ottobre 1934.
...In Vittorio Foa c'era una perplessità contrariata; non l'espressione di colui che sa tutto e finge di non sapere. Non mi pare che egli sia un abile simulatore, né un avveduto dissimulatore; è un tipo pallidissimo che non può impallidire di più; ed è un anemico che non arrossisce nemmeno quando si infervora.
Parigi, 22 dicembre 1934.
Ho trovato, nel gruppo Giustizia e libertà di Parigi, una grande depressione. Mario Levi non alloggia più nella sede del giornale di Rosselli, ma all'Hotel des Americains, in boulevard Saint-Michel angolo rue Val de Gràce; albergo abbastanza modesto, dove non esiste una camera col bagno.
Parigi, 31 dicembre 1934.
Col tempo verrò a conoscere Tarchiani, e forse saprò qualche cosa da lui, ma questi terribili antifascisti: Cianca, Tarchiani, Garosci, Rosselli, fanno una vita casalinga, piccolo borghese, che li tiene lontani dai caffè, sono tutti sposati o quasi, o vivono fra la casa e il giornale.
Parigi, 19 gennaio 1935.
Il pittore Carlo Levi ha scritto a Carlo Rosselli una lettera molto lunga, in cui, dopo aver descritto lo stato d'animo della borghesia piemontese, ha aggiunto che circola per Torino una profezia di un prete che non l'ha mai sbagliata, secondo la quale il Duce dovrebbe morire di un colpo quest'anno.
Parigi, 31 gennaio 1935. Remo Garosci ha scritto al fratello Aldo che dopo l'incidente sciistico toccato a Starace, i torinesi lo hanno soprannominato - ispirandosi a un noto aperitivo - «l'amaro Gambarotta» e che questo soprannome ha avuto un successo vertiginoso.
Parigi, 8 giugno 1935.
Rosselli si è messo a ridere torcendosi sulla poltrona e mostrandomi i molari superiori d'oro. Ma improvvisamente s'è ripreso: «La guerra d'Africa sarà la tomba del fascismo. Io so delle cose sugli armamenti dell'Abissinia che, se Mussolini le sapesse, la guerra d'Africa non la farebbe più».
Intellettuali straniati
Tra le formazioni dell'emigrazione, sempre divise, la guerra di conquista coloniale che s'annunzia è il tema del momento. Come opporvisi? Sul tipo di argomenti e sui modi per produrre dissenso nel Paese e organizzarlo, le posizioni divergono. Oltretutto, a complicare la realtà, contribuisce l'evoluzione delle relazioni internazionali.
La Francia è governata dal filofascista Pierre Laval, l'Inghilterra da Neville Chamberlain, anch'egli tendenzialmente profascista: e l'ambiguità delle democrazie occidentali incoraggia Mussolini, indotto a pensare d'avere in Etiopia mano libera. La risposta di socialisti e comunisti è netta: né un uomo né un soldo per le avventure africane del capitalismo. Rosselli si spiega in un saggio, Come condurre la propaganda contro la guerra d'Africa, che appare in tre puntate successive, dal 19 aprile al 3 maggio 1935, su "Giustizia e libertà". Le munizioni propagandistiche tratte dal vecchio arsenale neutralista, pacifista, anticolonialista gli paiono inefficaci. «Avversario risoluto della guerra fascista, - riassumerà Garosci, - egli intendeva che una critica della guerra doveva essa stessa partire da una posizione belligerante, da un appello etico all'attività». È il ritorno ai momenti migliori di Gl: una ripresa di slancio per l'azione; con questa nota insistita: la vacuità dell'impresa coloniale, anche se vincente, rispetto agli interessi nazionali: «La conquista militare dell'Abissinìa, posto che riesca, non ci assicurerà né una vera colonia di popolamento né una vera colonia di sfruttamento, mentre stremerà il popolo italiano. In realtà la guerra d'Africa è un'impresa privata della dittatura per tenere in piedi, con un diversivo "monstre" e una militarizzazione in massa, il suo potere».
A Torino, la pedagogia rosselliana dell'opposizione attiva alla guerra influenza giovani intellettuali e professionisti, e Mussolini, informato da Pitigrilli minuziosamente, lo sa. Già vi si è riferito sprezzatamente in un discorso il 28 aprile 1935. «Esiste ancora uno sparuto gruppo di intellettuali straniati dalla vita nazionale». Il primo mattino di mercoledì 15 maggio 1935, «non dolce né sereno», duecento antifascisti attivi a Torino, scienziati, scrittori, ingegneri, medici, avvocati, giovanissimi i più, sono bruscamente svegliati e trascinati in galera. Fra gli arrestati due ragazzi di venticinque anni: un ebreo, Vittorio Foa, «tipo di liberale moderno, uomo d'azione e operaista, avvocato, studioso di economia e critico della realtà dello stato corporativo», e il musicologo Massimo Mila, caporedattore della Rassegna musicale, occupato all'Utet; il ventitreenne figlio di Luigi Einaudi, Giulio, studi in medicina interrotti, editore, e il gruppo intorno alla sua rivista “La Cultura”, il direttore Arrigo Cajumi, trentasette anni, l'americanista e poeta Cesare Pavese, ventisette anni, il giovane filosofo Norberto Bobbio, ventisei anni, figlio d'un primario di clinica chirurgica, il direttore della «Biblioteca Europea» Franco Antonicelli, trentatré anni, figlio d'un alto ufficiale, lo storico Luigi Salvatorelli, quarantanove anni; e ancora Michele Giua, quarantasei anni (il professore universitario di chimica organica padre del fuoruscito Renzo), un fratello di Aldo Garosci, Remo, trentatré anni, ingegnere, la germanista Barbara Allason, cinquantotto anni, il ragioniere capo alla prefettura di Cuneo Giannotto Perelli, cinquantun anni, e il figlio Alfredo, venticinque anni, studente in lettere, Augusto Monti, cinquantaquattro anni, maestro al «D'Azeglio» d'una generazione di piemontesi, il pittore Carlo Levi, trentatré anni, Vindice Cavallera, ventiquattro anni, figlio del primo socialista eletto deputato in Sardegna. “La Cultura” chiude (è soppressa anche “La Riforma Sociale” di Luigi Einaudi). Degli arrestati, alcuni saranno liberati dopo una carcerazione più o meno lunga (Allason, Einaudi, Bobbio, Salvatorelli), altri deportati al confino (Antonicelli, Pavese, Carlo Levi), altri giudicati dal Tribunale speciale (quindici anni a Vittorio Foa e Michele Giua, otto a Cavallera e Alfredo Perelli, sette a Massimo Mila, cinque ad Augusto Monti e Giannotto Perelli). Per Gl, è il peggiore disastro patito…
L’incontro a Montparnasse
Si rifa vivo Pitigrilli. Lussu l'incontra al boulevard Montparnasse. Ha la prova certa, da qualche giorno, che è una spia. A fine gennaio 1939 la Sûreté francese ha scoperto la centrale della rete spionistica italiana in Francia; e il suo capo, il commissario di polizia Vincenzo Bellavia, agente dell'Ovra col nome di battaglia «Oreste», è finito in galera. Tra i molti confidenti, figura e ha ruolo eminente, un «Pericle» con residenza a Torino al numero 28 di corso Peschiera. L'individuano: è Dino Segre-Pitigrilli. Fermato, ammette. Lussu viene a saperlo subito da un antifascista della Sûreté, che gli passa, di nascosto, abbondante materiale; può scriverne così il 3 febbraio a Cianca, dal 26 gennaio in Usa per un ciclo dì conferenze e raccolta di fondi: «Segre è accertato in modo definitivo essere un agente di spionaggio da lungo tempo al servizio dell'Ovra. Si è trovato presso Bellavia un documento a firma "Pericle" da cui risultano contatti e informazioni varie». Ma se, non smascherandolo, se ne cavassero in cambio informazioni sui mandanti italiani dei cagoulards, assassini dei Rosselli? È una proposta di Tarchiani. «Consigliai agli amici — racconterà a Domenico Zucaro - di non maltrattare la spia, se si fosse avvicinata a qualcuno, e anzi di lusingarla e indurla, se possibile, a confidenze. Lussu, per quei generosi e irrefrenabili impulsi che gli sono propri, avvicinato da Pitigrilli, lo respinse con le più acerbe invettive. Sì che l'altro dovette avere l'impressione di essere stato scoperto per quello che era...»
E infatti: «Io mi accingevo ad attraversare il boulevard, quando egli, compitamente levandosi il cappello, mi venne incontro con un sorriso trattenuto, come se attendesse dalla mia risposta l'autorizzazione a espandersi. "Scusi, è ben lei l'onorevole Lussu che ho avuto il piacere di conoscere qualche anno fa?" "Sì, — risposi, - e tu sei quella carogna di Pitigrilli. Levati dai piedi, che, di fronte a un uomo come te, una pistola spara da sola". Io parlavo a bassa voce, per non attirare l'attenzione dei passanti. Pitigrilli, senza scomporsi, rinnovò l'inchino e si fece indietro per farmi passare».
Il delatore è «bruciato», l'Ovra lo scaricherà.
LEGGETE I MIEI LIBRI SU PITIGRILLI
RispondiEliminaCERCATELI IN GOOGLE METTENDO "DON SERGIO ANDREOLI"
Attendo i vostri commenti ai miei libri su Pitigrilli.
RispondiEliminaGrazie!