11.11.12

Fruttero su James Bond:"Una icona popolare" (Mario Baudino)

Da un vecchio “Tuttolibri” riprendo parte di una conversazione di Mario Baudino con Carlo Fruttero, alla ricerca delle ascendenze di James Bond. (S.L.L.)
Roger Moore nel ruolo di James Bond
Carlo Fruttero sa moltissime cose sull'agente segreto 007. Anche per esperienza personale, perché ha avuto per anni come vicino di casa Roger Moore, già popolarissimo ma non ancora arruolato al servizio segreto di Sua Maestà. Era il suo confinante, al di là della siepe, nel villaggio di Castiglione della Pescaia raccontato da F&L in Enigma in luogo di mare.
«Ed era una gradevole persona. I suoi figli bambini venivano a giocare con le mie figlie, io lo andavo a trovare sul bordo dell'enorme piscina che si era fatto costruire per nuotare almeno due ore al giorno, strenuamente. Facevamo il bagno e bevevamo certi bicchieroni di pink-gin, una pozione piuttosto orribile, composta di gin e di qualche liquido rosato. Quando Connery si ritirò, gli offrirono il ruolo, e questo mi ha fatto molto piacere».
Di fatto, Carlo Fruttero entrò anche lui in un film, usando come baedeker un libro, Fantastico, del grande Kingsley Amis, ora un po' dimenticato padre del celeberrimo Martin. Si intitolava «The book of Bond», poi ristampato come Il dossier James Bond, era stato scritto nel '65 e tradotto anche in italiano: una radiografia dell'eroe cinematografico, con i tic, le abitudini, i gusti, i vestiti e insomma tutto quel che volevate sapere su di lui, un devoto omaggio alla creatura di Jan Fleming. Kingsley Amis, sotto pseudonimo, si cimentò anche con un romanzo della serie, dopo la morte dello scrittore di cui era grande amico. Non andò per niente bene, mentre i film con Roger Moore furono un successo. Il che induce a una serie di filosofiche considerazioni. O autobiografiche, fate voi.
«I film mi hanno sempre divertito moltissimo - confessa infatti Fruttero -. Erano una trovata notevole, con tutte quelle armi strane, automobili mutanti, razzi, piedi con la punta assassina. Fu una svolta; la tecnologia trionfante veniva messa un po' in caricatura, erano film d'azione spinti all'eccesso, con molta ironia».
Ma il pubblico se ne accorgeva? «Certamente. Anche perché é un'ironia che viene da lontano…A me le avventure seriali non piacciono, ma non mi stancherei mai di rivivere quelle di Ulisse, con i suoi trucchi, le sue astuzie. D'altra parte non ha resistito nemmeno Dante, che nella Commedia gli ha fatto un ''sequel'', come si direbbe in linguaggio cinematografico. L'idea è antica, e consiste nel prendere un po' giro l'avventura e l'azione nel suo massimo dispiegamento. Bond ha un tono, alla lontana, persino ariostesco, quello che è passato nei poemi comici italiani, grande passione di Lord Byron... Byron adorava il nostro Pulci; ne apprese il rivolto ironico della grandiosità di una scena, e scrisse così i suoi poemi». Vogliamo provare a dire che James Bond è l'ultimo «sequel» di Ulisse? «Non esageriamo… non ha certo una statura immensa, però una grande icona popolare certe volte coincide con l'alta letteratura, e certe altre no. Non vedo come non fare distinzioni. C'è differenza tra Sherlock Holmes e Fantomas, che è tirato via, non è scritto». E Bond? «Non saprei dire quanto sia scritto, forse l'ho trascurato. Detto questo, è un gran personaggio da film». E scusate se è poco. 

“Tuttolibri” de “La Stampa”, 24-05-2008

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