25.11.12

Gli eredi del Cavaliere. Il viceministro Ciaccia e l’omertà mediatica. (S.L.L.)

Ha un’apertura ironica, di stampo insieme manzoniano e fantozziano, il bell’articolo di Giorgio Meletti del 18 ottobre scorso su “Il fatto”: “Il professore e grand’ufficiale Mario Ciaccia, magistrato della Corte dei Conti prima, banchiere poi, viceministro per le Infrastrutture infine, non vende fumo. Ci crede. Vuole ridarci prosperità inondando l’Italia di cemento costoso come l’oro, e riempiendo di debiti le prossime generazioni, mentre il governo dei tecnici scortica le famiglie italiane in nome della lotta al debito pubblico. E lo lasciano fare.
Con la complicità solerte del suo capo di sempre, Corrado Passera, che creò per lui, dentro Intesa Sanpaolo, la Banca per le Infrastrutture (Biis), Ciaccia sta attuando il suo piano. Ha esordito lo scorso gennaio annunciando ‘un nuovo miracolo italiano’, senza che Passera facesse in tempo a dirgli che era un po’ vecchia”.
Se l’incipit è gustoso, il resto dell’articolo è terribilmente preoccupante. A sentire Ciaccia il governo dovrebbe attivare 100 miliardi di euro di opere pubbliche, “senza creare debito” (dice testualmente). Il progetto è neofuturistico: navi provenienti da Suez che attraccano in Italia ove trovano le ferrovie efficienti, pronte a portarle a Nord; sette milioni di container che vanno e vengono dal Nordafrica o dall’Asia all’Europa Settentrionale, tutta la penisola trasformata in una zona di attraversamento da parte di merci dirette altrove. Un incubo.
A quanto pare il ragionevole invito del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, a investire in “un ampio progetto di manutenzione immobiliare e cura del territorio contro il dissesto idrogeologico” viene disatteso in nome delle Grandi Opere. L’alibi è in quella “senza una lira di debito”, obiettivo da ottenere con il project financing inventato da Ettore Incalza, che oggi è braccio destro (e sinistro) del Ciaccia. Il sistema – con i perfezionamenti dell’ultimo decreto sviluppo - è grosso modo questo: 1) il privato propone un’autostrada o una ferrovia veloce che, a suo dire, si ripagherà con il pedaggio o con il trasporto; 2) lo Stato favorisce l’opera con iniziali sgravi fiscali e parziali contributi; 3) ma soprattutto tutela i costruttori-investitori con un credito d’imposta fino al 50% del valore dell’opera o, addirittura, con contributi a fondo perduto, se pedaggi e trasporti non ripagano l’impegno sostenuto.
E’ la ricetta antica della “privatizzazione dei profitti e socializzazione delle perdite” senza alcun effettivo rischio d’imprese.
Tre considerazioni a postilla di questa sintesi.
Prima. I tecnici del governo Napolitano-Monti sono gli esecutori più o meno capaci dei grandi sogni del cavaliere di Arcore, gentaccia che mentre il paese è un cumulo di macerie, le strade cittadine sono piene di buche, le piogge producono in continuazione frane e alluvioni, progetta grandi opere per favorire le grandi finanziarie della costruzione.
Seconda. A quando una sinistra che affronti il tema dei lavori pubblici con la profondità e la radicalità che richiede?
Terza. Tranne qualcosa sul “Fatto” o sul “manifesto” di questa attività di governo non c’è traccia nel dibattito politico. Questo generale silenzio dei mezzi di comunicazione e dei capipartito io lo chiamo omertà.

P.S.
C’è uno spot del Ciaccia su youtube, quasi incredibile. Provare per credere.


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