11.11.12

Italia e Giappone. Gli abusi della memoria (di Giovanni De Luna)

Un vecchio articolo di denuncia, purtroppo sempre attuale. Uno storico di valore polemizza contro una coltivazione nazionalistica e di comodo di memorie particolari, monumentali; e propone di "mischiare le memorie", affidandosi alla storia. (S.L.L.)
Nanchino, 1937. Un'immagine dei massacri compiuti dagli occupanti giapponesi

Alcuni Paesi tendono a ricordare i momenti storici in cui furono vittime, ma rimuovono quelli  in cui ebbero il ruolo di carnefici.
Lo stupro di Nanchino e i massacri di Lubiana.
I risultati delle due bombe sganciate sul Giappone nell'agosto del 1945: 12 km quadrati di Hiroshima completamente distrutti, 90.000 morti, altrettanti gli ustionati, quasi tutti condannati a essere divorati dal cancro seguito alle radiazioni atomiche, 65 mila edifici (su 90 mila) distrutti o inservibili. A Nagasaki, circa 140 mila persone morirono per gli effetti dell'esplosione e della radioattività nei cinque anni successivi. Facciamo un passo indietro, fino al 1937 quando i giapponesi invasero la Cina, avanzando a tappe forzate verso Nanchino, sede del governo nazionalista. Il 13 dicembre la città si arrese e subito fu travolta da una valanga di efferata violenza. Il numero delle vittime e' controverso ancora oggi. Il Tribunale militare internazionale, istituito dopo la Seconda guerra mondiale per punire i colpevoli, calcolò che i civili ammazzati, tra la fine del 1937 e gli inizi del 1938, furono piu' di 260 mila. Secondo altri calcoli i morti furono circa 350.000 e le donne violentate tra 20 mila e 80 mila. Al di la' dei numeri, quello che pero' emerge da Nanchino e' un abisso di ripugnante terrore. I giapponesi non si limitarono a decapitare, sventrare e squartare le loro vittime, ma eseguirono anche una varieta' di oscene macellazioni. Inchiodarono gente ad assi di legno per farci passare sopra i carri armati, crocifissero persone agli alberi e ai pali elettrici e li usarono come fantocci viventi per gli addestramenti con la baionetta. Tokyo ancora oggi minimizza quegli orrori e lo «stupro di Nanchino» pesa come un macigno sulle relazioni diplomatiche tra le due potenze asiatiche. Ma Tokyo a sua volta aspetta ancora le scuse degli americani per gli «eccessi» di Hiroshima e Nagasaki. Niente di ufficiale, nessuna richiesta esplicita, ma i giapponesi sentono di essere stati vittime di una strage ingiustificata e questa loro sensibilità è costata cara al ministro della Difesa Kyuma che ha pubblicamente giudicato «inevitabile» l'uso delle bombe atomiche. Carnefici e Nanchino, vittime a Hiroshima. Vale per i giapponesi, ma vale per tutti. Noi potremmo citare i 15 mila civili sterminati dai nazisti tra il 1943 e il 1945; ma anche il fatto che nei 29 mesi in cui l'Italia fascista ebbe il controllo di consistenti territori della Jugoslavia si calcola che almeno 250 mila persone siano morte per cause connesse direttamente all'attivita' del nostro esercito. In quel periodo, nella sola zona di Lubiana, furono uccise 13 mila persone di ogni sesso ed età. Morirono nei campi di concentramento, nei rastrellamenti e nelle azioni di rappresaglia antipartigiana, fucilati come ostaggi. Ogni paese nella sua storia e' stato aggressore e aggredito, ha subito e inflitto sofferenze e lutti; ricordarlo sarebbe un esercizio di grande efficacia, in grado di favorire l'emergere di una visione delle rispettive storie nazionali meno agiografica. Nel frattempo, invece, si moltiplicano le «giornate delle memorie». Al Parlamento italiano sono stati depositati 27 disegni di legge per istituirne altrettante. E' una memoria monumentale, granitica, tenacemente abbarbicata al «noi», senza spazio per quella degli «altri». Forse sarebbe meglio mischiarle queste memorie. Meglio ancora sarebbe lasciar perdere la memoria e affidarsi alla storia che è in grado di parlare sia delle vittime che dei carnefici. Invece che far dimettere il loro ministro, i giapponesi avrebbero fatto meglio a riconoscere le proprie responsabilita' per Nanchino e poi chiedere agli americani di fare lo stesso per Hiroshima. E poi, tutti insieme, ricordare Nanchino e Hiroshima non come memorie separate, ma come l'inizio e la fine della più terrificante guerra totale della storia dell'umanità.

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