15.12.12

Antonio Monteforte. La storia a scatti (di Tano D’Amico)


1975 - Il delitto del Circeo
Foto di Antonio Monteforte

L’articolo che segue, di un grande fotografo di sinistra, è di circa un anno fa ed è insieme recensione di un libro e ricordo affettuoso di un maestro, un fotoreporter appassionato e geniale, Antonio Monteforte. Serve anche a rinfrescare la nostra memoria. (S.L.L.)

Antonio Monteforte
Ci fu un tempo in cui la stampa fece la sua scelta di campo. Nel salone di un grande quotidiano romano c'era un murale che raffigurava i redattori in un atteggiamento e in un abbigliamento curioso e fuori tempo. Avevano un po' dei Tre Moschettieri e un po' di Don Chisciotte, tenevano le spade sguainate in difesa del debole e della verità, il giornale fu venduto e più di una mano di vernice passò su quelle sagome. I fotografi, il loro murale, lo continuarono giorno dopo giorno, notte dopo notte, scatto dopo scatto. Hanno qualcosa di particolare i fotografi romani, nelle loro fotografie c'è passione, c'è critica, c'è coralità, c'è grandezza. Il grande cinema è nato dal loro lavoro, dai loro occhi, dal loro senso di giustizia, dalla loro conoscenza unica della città e delle sue aspirazioni.
È sempre compatto il gruppo dei fotografi romani, anche quello dei giovani fotografi di oggi. A loro penso sia dedicato il bellissimo libro che racconta la vita e mostra il lavoro di Antonio Monteforte, curato da Vittorio Morelli ed edito da Armando Curcio. Il titolo Amore come sangue, richiama il lavoro di Antonio e dei suoi colleghi, un lavoro avvincente, totalizzante, assoluto che chiede tutto. La raccolta di scatti dagli anni '70 agli anni '90 di Monteforte, morto in un incidente d'auto nel 1993, è un lavoro fatto di tempo e luce, ingordo e avido di tempo e di luce, così ingordo, bisognoso, da rubare anche il tempo e la luce dei fotografi. Non bastano alle fotografie il tempo e la luce di cui sono fatte, che le fanno vivere. Troppo spesso pretendono il tempo e la luce dei fotografi, pretendono la vita dei fotografi.
Così è stato per Antonio, che la luce la maneggiava bene, ha illuminato per noi tutti i momenti bui e terribili, le sue fotografie li cercano, li trovano, li esaminano, li mostrano, li denunciano, li esorcizzano. Sembra di vedere la luce dei suoi lampi rimbalzare nella notte e tornare indietro a illuminare la sua bella faccia severa, il suo ciuffo, i suoi baffi.
1973 - Il rogo di Primavalle
Foto di Antonio Monteforte
I suoi occhi da ragazzo innamorato tramutavano in immagini sacre le sofferenze e le pene più atroci, santificava il dolore, Antonio. Il dolore assoluto diventava un'immagine assoluta, che chiede sempre giustizia, quella vera, fatta di amore e di memoria. Amore e memoria per la giovinezza oltraggiata e uccisa nei nostri anni, per Rosaria e Donatella (Lopez e Colasanti, massacro del Circeo, 1975), sorelle di noi tutti. Amore e memoria per Virgilio (Mattei, rogo di Primavalle, 1973), invoca la fotografia di Antonio Monteforte. Il giovane è come crocifisso al davanzale della sua povera casa di Primavalle, c'è grandezza in queste immagini, c'è condivisione, orrore, condanna. Immagini cercate e catturate con il fiuto dei grandi reporter, in un tempo in cui si giocava a carte con l'orecchio incollato alla radio della polizia. Come quella notte di fine settembre quando dalle frequenze intercettate Antonio apprende che i vigili del fuoco stanno andando in via Pola, ad aprire il portabagagli di un'auto dentro il quale sembra sia chiuso un gatto. È sua la foto di Donatella che, insanguinata, emerge dal portabagagli della 127 di Gianni Guido.
Continua ancora oggi il murale dei fotografi romani, scatto dopo scatto. È sempre compatto il gruppo dei fotografi romani; molti mancano, amici, maestri, fratelli; ce ne sono di nuovi. Filippo Monteforte ha la stessa bella faccia severa del padre.

il manifesto 17 dicembre 2011

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