3.12.12

"Questo Padre Pio è uno spettacolo" ( di Giovanni De Luna)

Un’altra recensione del libro di Luzzatto su Padre Pio (Einaudi 2007): lo storico De Luna valorizza l’indagine sulla spettacolarità del culto del “Santo”, evidente già durante la sua vita, sulla politicità di quel misticismo, sui conflitti che esso produsse all’interno del cattolicesimo italiano. (S.L.L.)

Capita che la ricerca storica ci consenta di conoscere e approfondire fenomeni che la ribalta mediatica si limita a mettere in scena, a rappresentare. Capita che un libro come questo di Sergio Luzzatto ci aiuti a capire la storia di Padre Pio più della valanga di libri, immagini, fiction televisive, cerimonie di massa che negli anni hanno accompagnato la costruzione del suo culto. L'operazione intellettuale di Luzzatto può essere riassunta in questi termini: una trattazione dei temi che hanno infiammato le polemiche tra agiografi e detrattori (la natura dei rapporti con le donne del suo seguito, i torbidi intrecci finanziari legati alle attività svolte dalla Casa Sollievo della Sofferenza a San Giovanni Rotondo, l'«autenticità» delle stigmate ecc.) lontana da ogni compiacimento scandalistico; nessun pregiudizio «laicista», ma un'attenta ricognizione storica del concetto santità; un proficuo scavo archivistico (le carte del Sant'Uffizio relative al ventennio 1919-1939, ma anche i documenti polizieschi degli archivi statali italiani e francesi) rivelatosi essenziale per approfondire il contesto politico e ideologico in cui Padre Pio si trovò ad agire; lo spoglio accurato di una mole immensa di pubblicazioni per farci conoscere non tanto la sua biografia, quanto i materiali arcaici e moderni, magici e razionali, confluiti nell'edificazione di quel culto. Il risultato finale consegna definitivamente Padre Pio alla storia del suo tempo. San Giovanni Rotondo fu teatro del più sanguinoso degli eccidi che segnarono le violenze del fascismo delle origini: il 14 ottobre 1920 la polizia uccise 11 contadini. Nell'ondata squadrista che travolse i «rossi» Padre Pio fu parte attiva, benedicendo in piazza (il 15 agosto 1920) i gagliardetti delle truppe del ras pugliese Giuseppe Caradonna. Ci sono anche altri aspetti oscuri che affiorano dai documenti consultati da Luzzatto, come quelli legati a Emanuele Brunatto, il faccendiere che per decenni affiancò Padre Pio e che risulta un millantatore, ricattatore, doppiogiochista, spia dei fascisti nella Francia degli Anni 30, poi collaborazionista con i nazisti nel periodo di Vichy. Ma è soprattutto nella ricostruzione del confronto interno alla Chiesa che il libro si mostra avvincente. Le pesanti limitazioni imposte al suo ministero sacerdotale dal Sant'Uffizio dal 1923 al 1933 (con la sospensione a divinis decretata da Pio XI nel 1931), l'irrisione beffarda di padre Agostino Gemelli che paragonò le stigmate alle ferite infertesi in guerra dai soldati autolesionisti, l'avversione esplicita di Giovanni XXIII, sono solo alcune delle tappe che scandirono un confronto spesso drammatico tra la Chiesa come istituzione, le sue istanze centrali e periferiche, la comunità dei credenti e il frate con le stigmate. Il primo dispiegarsi della santita' di Padre Pio coincise con i tempi mortiferi e drammatici del primo dopoguerra. Ricevette le stigmate il 20 settembre 1918 e subito - nonostante la collocazione periferica di San Giovanni Rotondo - divenne famoso, gli si attribuirono miracoli (storpi guariti, gobbe raddrizzate) che lenivano le sofferenze dei corpi ed erano come segnati dall'eredita' fisica ed emotiva lasciata dalla Guerra mondiale. Dai campi di battaglia era rotolata una valanga di corpi caduti, dispersi, martoriati, mutilati. Il messaggio di quei corpi dilaniati rimbalzò nella santità tutta fisica di Padre Pio; le sue stigmate apparvero l'incarnazione di una religiosita' corporea che la guerra aveva concentrato tutta sulla figura del Cristo crocefisso e in agonia. Non a caso, affievolitasi negli Anni Trenta, la devozione per Padre Pio ritornò ad affacciarsi prepotentemente nel secondo dopoguerra. Anche allora nella nostra esistenza collettiva riaffiorarono forme di devozione popolare (esercizi penitenziali e purificatori di massa, pellegrinaggi ai santuari, novene) culminate nell'«anno dei miracoli», quel 1948 in cui Madonne lacrimanti, Madonne sanguinanti, Madonne sfavillanti apparvero a bambini, adulti, vecchi. La ripresa del culto mariano, il più «arcaico» della tradizione cattolica, fu in questo senso esemplare. Inermi, esposti ai bombardamenti e alle rappresaglie, gli italiani trovarono nella Madonna un'istanza protettrice, potente, benefica. L'immagine del Cristo non aveva più la pregnanza dell'altro dopoguerra (tra i tanti miracoli, solo uno si riferiva a Gesù: l'apparizione del Volto Santo sulla facciata della casa dove, per altro, abitava lo scienziato razzista Nicola Pende). Quanto di cristologico rimaneva nella religiosità popolare si raggrumò intorno a Padre Pio, la cui santità si dimostrava così ancora una volta strettamente intrecciata alle ferite della storia del Novecento. Quando morì, nel 1968, Padre Pio rappresentava ormai uno straordinario fenomeno nazionale e internazionale: ma quelli erano gli anni del Concilio Vaticano II, poco favorevoli a un'enfatizzazione dell'eccezionalità delle esperienze mistiche e della centralità della santità nella vita religiosa. Fu necessario attendere Giovanni Paolo II, e la sua politica sistematica di beatificazione e di canonizzazione, perché Padre Pio, fosse ufficialmente riconosciuto come santo: fu un riconoscimento tra uguali. Tutti e due «santi subito», entrambi si erano affidati alla «fisicità» del proprio apostolato, mettendo direttamente in campo il proprio corpo e su quel corpo riuscendo ad addensare fedi e passioni. 

“Tuttolibri”, “La Stampa, 24-11-2007

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