3.1.13

Canti precari (G. Fer.)

Accanto a un articolo sui canti operai torinesi è apparsa su “La Stampa” alcuni anni fa questa nota siglata G. FER.  Andrebbe aggiornata, ma la “posto” ugualmente. Non mi risulta che negli ultimi anni ci siano stati esperimenti significativi di canto sociale, ma non è campo di attività che seguo assiduamente. Sono perciò molto apprezzati i commenti integrativi. (S.L.L.)
Tra gli Anni Sessanta e i Settanta (mentre s'esauriva la fonte del «canto popolare» d'autore anonimo) brani quali Contessa di Pietrangeli e La locomotiva di Guccini diventarono nell'immaginario collettivo «canzoni popolari» sulle lotte dei lavoratori, più di altri testi d'uguale o superiore nobiltà (pensiamo a I treni per Reggio Calabria di Giovanna Marini, o a certi episodi del Titanic degregoriano). Dopo l'appannamento degli Ottanta, quei temi sono riapparsi solo nei primi Novanta, nella breve stagione delle Posse, con testi significativi come Salario garantito della 99 Posse: poi, il silenzio o quasi, a parte lo storico - ma storicizzante - Il fischio del vapore di De Gregori & Marini.
Oggi l'emergenza-lavoro riaccende l'interesse - e l'indignazione - degli autori: se i Modena City Ramblers propongono Bella Ciao nell'originaria veste di canto delle mondine, ai drammi del precariato il rapper Frankie Hi-Nrg dedica un intero album, De Primo Maggio, con brani come Pugni in tasca («Pugni in tasca per gli ostaggi dello stage... per chi non si può ammalare mai»), Direttore («Mi candido per un posto come vittima... un uomo al limite, pronto a consegnarsi per due spiccioli») o Precariato («Hai voglia a esser elastico e flessibile se poi mi buttan via in nome di una legge che non mi tutela»). 

"La Stampa", 29 luglio 2008

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