10.1.13

Una congiura contro la Sicilia. Il Cardinale Ruffini e la mafia.

Il primo documento di un vescovo siciliano sulla mafia è del 1964 ed è opera del Cardinale Ernesto Ruffini, che riuscì – tra l’altro - a fare ministro un proprio nipote: si tratta di una lettera pastorale intitolata Il vero volto della Sicilia. Non vi si trova la frase attribuita al grande prelato (“la mafia è un’invenzione dei comunisti”) e che, se mai venne pronunziata, va giudicata come una colloquiale battutaccia, con tutte le approssimazioni dell’oralità. Qui, piuttosto, la “mafia” è uno dei tasselli di “una grave congiura per disonorare la Sicilia”. I congiurati usano “la mafia, il Gattopardo e Danilo Dolci” per dare vita a “una propaganda spietata” che “mediante la stampa, la radio, la televisione ha finito per far credere in Italia e all'estero che di mafia è infetta largamente l'isola e che i siciliani, in generale, sono mafiosi, giungendo così a denigrare una parte cospicua della nostra patria, nonostante i grandi pregi che la rendono esimia nelle migliori manifestazioni dello spirito umano”.
Nel paludato e tortuoso linguaggio dei porporati si vuol dire che mafia è delinquenza e che delinquenza v’è dappertutto, non solo in Sicilia; e si vuole invece occultare che “mafia” è una forma del potere e si tace il suo legame solidale (talora addirittura organico) con gli altri poteri, incluso quello religioso. Così quella che sembra una difesa della Sicilia diventa apologia indiretta di un sistema di potere (quello della Sicilia democristiana degli anni Sessanta), di cui si nega la consustanzialità con le cosche e in cui - come cantava la grande Rosa Balistreri - mafia e parrini si dettiru la manu (mafia e e preti si diedero la mano). (S.L.L.)
Il cardinale Ernesto Ruffini durante una visita pastorale a Mazzara del Vallo.
Alle manifestazioni di giubilo parteciparono il prefetto e tutte le autorità locali
“Se è vero che il nome di mafia è locale, ossia proprio della Sicilia, è pur vero che la realtà che ne costituisce il significato esiste un po’ ovunque e forse con peggiore accentuazione. Per non rifarmi a vecchie date, chiunque abbia letto anche di recente i giornali ha potuto notare - non di rado con somma indignazione e forte deplorazione – delitti inqualificabili commessi altrove, in Europa e fuori, da bande perfettamente organizzate. Quelle città e quelle nazioni hanno il vantaggio di poter isolare le loro nefandezze, non avendo un nome storico che le unisca, ma non per questo giustizia e verità permettono che si faccia apparire il popolo di Sicilia più macchiato delle altre genti”.

Da Il vero volto della Sicilia, Lettera pastorale del Cardinale Ernesto Ruffini, 1964

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