17.2.13

1961. Modugno in campo (di Fabio Vitta)

Fabio Vitta, autore e regista radiofonico e critico musicale, scrisse alcuni anni fa l'articolo rievocativo seguente, che si raccomanda, oltre che per le informazioni e curiosità che contiene, anche per la saggia e argomentata rivalutazione di Modugno musicista. (S.L.L.) 

Nell'estate del 1961 a Castiglioncello, Dino Risi girava Il sorpasso con Vittorio Gassman, Jean Luis Trintignan ed una sedicenne Catherine Spaak, bella da far bruciare all'inferno il più morigerato degli uomini. C'ero anch'io, salvo in virtù della mia tenera età ma spesso vittima degli scherzi gentili di Paolo Panelli che insieme all'inseparabile Bice Valori, là trascorreva le sue vacanze. Panelli, che stava per iniziare le prove di una nuova commedia, una sera ricevette la visita di Mimmo Modugno che di quella commedia sarebbe stato il protagonista.
Castiglioncello, piccola località della Riviera degli Etruschi, era abituata alle celebrità, Mastroianni, Sordi, Visconti, Zeffirelli erano di casa lì e quasi non si notavano, ma l'arrivo di Modugno scatenò un qualcosa di diverso, non era solo un cantante era già un eroe nazionale.
Bagno di folla impazzita, polizia, vigili urbani. Nessuno più di lui rappresentava l'Italia nel mondo. Nel 1958 aveva trionfato a S.Remo con Nel blu dipinto di blu e tutto il mondo si era messo a cantare quel Volare oh oh... accorgendosi del miracolo italiano. Ed era un'Italia piena di bambini che nascevano, un paese nel quale per la prima volta il numero dei lavoratori dell'industria superava quello dei contadini quella che il 12/9/1961, al teatro Alfieri di Torino festeggiava il centenario della propria unità con la prima rappresentazione di Rinaldo in campo commedia musicale di Garinei & Giovannini, musiche di Domenico Modugno anche protagonista in scena.
Un paese che, come canta Rinaldo vagheggiando la sua futura sposa, galoppava verso il sole, e chi dunque meglio di Mr. Volare poteva rappresentarla quell'Italia vincente, coesa, più giovane in realtà dei suoi cent'anni che alla fine della guerra un altro paese era nato. E questa Italia aveva solo quindici anni. Una ragazzina. Che stava per diventare donna attraverso la consapevolezza di aver affrontato fame e terrore e di averli superati. E con l'orgoglio nazionale di chi, pur sconfitto, aveva saputo ricostruire e proliferare. Questo si festeggiava soprattutto ricordando i cento anni dalla nascita della nostra nazione. Al fianco di Modugno una giovane ma già affermata star come Delia Scala, scene e costumi fastosi e bellissimi di Giulio Coltellacci, un artista vero, coreografie di Herbert Ross, regia della ditta G&G con la collaborazione (sic) di Lina Wertmuller. Nomi illustri dunque, ed anche nei comprimari: Paolo Panelli, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.
Per questi ultimi poi Rinaldo in campo fu non soltanto un trampolino dal quale abbandonare il teatro dialettale per affermarsi come coppia comica nazionale ma un avvenimento legato alla vita ed alla famiglia. Tra il primo e il secondo tempo della commedia infatti Modugno annunciò al pubblico la nascita del figlio di Ciccio Ingrassia avvenuta da pochi istanti. Ciccio commosso ringraziò colleghi e pubblico salutando il nuovo nato Giampiero. La serata fu un trionfo di cui oggi è difficile cogliere la portata. Un evento vero quando ancora i fabbricanti di eventi (fasulli) erano di là da venire. Voluto e creato da due geni.
Può apparire strano infatti che a celebrare il centenario dell'unità d'Italia fossero stati chiamati Garinei e Giovannini. Due che scrivevano commedie musicali. In quella scelta invece trionfava la semplice realtà dei fatti che questi due nomi l'unità d'Italia l'avevano realizzata davvero e la stavano in quegli anni consolidando sul palcoscenico. Negli Stati Uniti c'era il musical, in Italia la commedia musicale che voleva dire soltanto una cosa: Garinei & Giovannini. Questi due signori, farmacista il primo e avvocato il secondo, riuscirono in un'impresa difficile: fare di quel che lega un popolo, il sentire comune, il riconoscersi simili, il saper ridere dei propri difetti, un nocciolo attorno cui la musica, semplice, orecchiabile senza rinunciare alla qualità, costruì una serie praticamente ininterrotta di successi che hanno accompagnato il pubblico attraverso cinquant'anni di vita italiana. Senza sbagliare un colpo, mai. Senza volgarità. Con la leggerezza e fors'anche quel briciolo di superficialità che sempre hanno rappresentato almeno una parte del nostro carattere nazionale.
E difatti anche Rinaldo in campo presenta uno spaccato di Italia che seppur non ancora unita è già quella che verrà, con gendarmi, preti, romani furbacchioni, e innamorati pronti a tutto. La vicenda infatti, ispirandosi allo sbarco in Sicilia dei Mille, è storia d'amore, amore a prima vista. Rinaldo Dragonera è un brigante, una specie di Robin Hood siculo che ruba ai ricchi per donare ai poveri. Penetrato in casa del Barone di Valscutari fingendosi garibaldino per estorcere denaro, si ritrova braccato da una donna che ha visto in lui, all'istante, l'uomo del destino ed a cui non basta che egli l'ami. È Angelica, baronessina di Valscutari che, sorpresa con le sorelle durante il concertino serale, così come imponeva l'etichetta alle giovani nobili, lo vuole garibaldino vero perché è lei stessa che, alla zia che le rimprovera di suonar musica rivoluzionaria proprio in quei giorni «con i filibustieri che a Marsala sbarcarono!» replica: «Non sono filibustieri, ma Italiani!».
Certo oggi la trama potrebbe incorrere in parecchie accuse di politically scorrect. E maschilista, sudista e trasuda cattolicesimo. C'è un brigante che ruba ai ricchi per donare ai poveri e per amore diventa garibaldino. Modugno aveva sempre sognato di far l'attore nonostante i grandi successi canori e fu Luigi Zampa in persona a provinarlo e ad ammetterlo al Centro Sperimentale di Cinematografia dopo avergli fatto racconta¬re unaa barzelletta. Ma Rinaldo in campo è anche la stona di un miracolo musicale. Ascoltare ancora oggi Modugno che canta Notte chiara rende chiaro anche a noi il motivo che spinse un musicologo dello spessore di Massimo Mila a dedicare a quella voce, retaggio sonoro di una civiltà millenaria, queste parole: «la sola briscola che noi italiani si possa opporre a fatti come la canzone francese o il blues dei negri d'America».
Forse mai come in questo caso i librettisti (si fa per dire) Garinei e Giovannini trovarono un musicista (totalmente dilettante) così ricco, nella cui «invenzione melodica confluiscono tumultuosamente ogni sorta di detriti popolari del bacino mediterraneo, agli affioramenti di schietti strati di musicalità popolare si mescolano movenze canzonettistiche di ballabili moderni, echi di banda municipale, come quella che dirigeva Mascagni a Cerignola, e spunti operistici nazionali: Rossini dà il braccio a Duke Ellington, e tutta questa baraonda è fusa come una lava nel fuoco di un contatto schietto con la realtà». Mica poco.
Oggi apprestandoci a celebrare i centocinquant'anni dell'unità d'Italia, divisi come sempre ma fedeli in questo alla nostra storia possiamo annunciare con grande felicità che il Sistina riprenderà proprio nel 2011 Rinaldo in campo e ricordare le parole di Mila su un altro aspetto della questione, attuale più che mai: «il segreto del successo di Modugno sta semplicemente in questo: si avverte la presenza di quel fatto diventato così spaventosamente raro, specialmente ma non solo nel mondo della canzonetta: un uomo». Se ce n'è uno si faccia avanti, al Sistina lo stanno già cercando. Viva l'Italia!

“Il Riformista”, 6 settembre 2009

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