6.2.13

L'umorismo da parrocchia di Giulio Andreotti (di Luigi Manconi)

Giulio Andreotti è la perfetta espressione di quel sistema comico che possiamo definire - sotto il profilo culturale, parrocchiale e geografico -«centromeridionale». La sua ironia è, appunto, compiutamente «da parrocchia». Di più: lì nasce e lì sempre torna, in quel modo chiuso e conventicolare fatto, appunto, di Figlie di Maria e di San Vincenzo, di Centro cattolico cinematografico e ritiri spirituali.
È un'ironia garbata che si compiace - questo il suo principale limite - di esserlo (se non quando circostanze estreme richiedano altri toni). Potremmo definirla autoreferenziale, se anche solo il semplice ricorso a un termine del genere non suonasse davvero stridente con l'universo linguistico di cui parliamo. E’ un umorismo, dunque, che vive in un «mondo piccolo» (non a caso, è questo il titolo della saga di don Camillo), estremamente coeso e pienamente integrato, unito da una morale e da una lingua comuni: che si pensa debbano corrispondere, tuttavia, all'Intero Mondo. È un'ironia, infine, che sottostà a regole precise, che rispetta confini ben netti, che non ammette sorprese e imprevisti.
La cattiveria (quando si vuole arrivare fino alla cattiveria: ma sempre in formato mignon e in versione liofilizzata) è annunciata, regolata, rigorosamente delimitata: e, soprattutto, i destinatari di quella cattiveria sono stati rispettosamente preavvertiti. Insomma, si sfotte il parroco perché il parroco - per convinzione o per opportunismo - sa di dover stare al gioco e dà il suo consenso. Infine, quello andreottiano, è un umorismo che, sotto il profilo sintattico e linguistico, vive di frasi brevi, di metafore caute, di allusioni sempre trasparenti, e che ricorre a eufemismi semplici e di semplice decifrazione, a situazioni elementari, a personaggi primari che svolgono ruoli immediatamente identificabili.
Anche l'anticlericalismo (da che mondo è mondo, è in chiesa che si ascoltano le più feroci battute contro i preti) svolge una funzione rassicurante, integrativa e confermativa: che bisogno c'è di «uscire fuori» se persino la trasgressione (si fa per dire) è prevista e consentita?

da La musica è leggera, Il Saggiatore,2012

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