14.3.13

Augusto De Angelis (Oreste del Buono)

Augusto De Angelis con la nipotina Marcella
Nel 1980 la rivista mensile "La lettura", a quel tempo edita da Milano Libri e diretta da Oreste del Buono, in più puntate sviluppò una sorta di inchiesta sul "giallo italiano" a partire dalle sue origini. Era inevitabile che prendesse in considerazione l'opera di Augusto De Angelis, il giornalista e scrittore che negli anni Trenta inventò il personaggio del commissario De Vincenzi e ambientò in Italia i suoi intrighi polizieschi nonostante le dettagliate e stupide direttive del Minculpop (prima fra tutte quella secondo cui l'assassino non doveva mai essere italiano). Il personaggio fu poi interpretato da Paolo Stoppa in una serie televisiva.
Nel numero di marzo 1980 della rivista è contenuta una conferenza del De Angelis dedicata al "giallo", preceduta da un profilo dello scrittore tracciato dal direttore del Buono, che qui riprendo. (S.L.L.)

Si sa che, prima della rivelazione di Giorgio Scerbanenco, il più valido autore di gialli italiani è stato Augusto De Angelis, il creatore del commissario De Vincenzi, il funzionario di polizia non conformista che ebbe un certo successo in epoca fascista. Insomma, Augusto De Angelis lavorò e si affermò quando dire la verità era ancor più difficile di oggi…
Ma Augusto De Angelis era un vero scrittore e ogni vero scrittore, anche se si mette a raccontare la storia di Cappuccetto Rosso nel bosco, finisce per essere realista: così nei suoi libri intorno all'affascinante figura di Carlo De Vincenzi (umanissimo come il commissario Jules Maigret di Georges Simenon, romantico come il privato Philip Marlowe di Raymond Chandler, intellettuale come il dilettante Philo Vance di S.S. Van Dine, eppure ancora caparbiamente italiano tanto da poter essere considerato un immediato predecessore e un parente piuttosto stretto del commissario Ciccio Ingravallo di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda), intorno a questo eroe da ciclo poliziesco la nostra realtà di allora, e, ahimé, per tanti aspetti di ora, emerge viva nella sua stessa purulenza.
Augusto De Angelis nacque a Roma nel 1888 da una famiglia agiata. Studiò legge, ma la sua passione era il giornalismo in cui esordì giovanissimo. Fu redattore e inviato speciale di vari quotidiani, tra cui anche il “Corriere della Sera”. Le sue capacità di giornalista erano fuori discussione, avrebbe potuto fare una gran carriera, se solo si fosse piegato un poco ai tempi in cui gli toccò vivere. Ma aveva un sogno d'onestà (ne parlano continuamente le lettere conservate dalla figlia Franca), non seppe mai rassegnarsi all'abdicazione, anche se questo significava dover subire restrizioni e patire affanni. Lavorò sempre moltissimo, sia come giornalista sia come autore di romanzi o di teatro.
Alla caduta del fascismo nel 1943 fu redattore capo de “La Gazzetta del Popolo”. Lui che aveva sempre visto chiaro nelle vicende italiane non poteva illudersi che fosse miracolosamente finita. Troppi segni allarmanti marchiavano quel periodo. Restaurato il fascismo, Augusto De Angelis venne naturalmente incluso nelle liste di proscrizione e fu costretto a vagabondare in cerca di un rifugio. Credeva di averlo trovato a Bellagio. Ma fu arrestato, messo in prigione a Como, dove si ammalò seriamente. Quando tornò fuori dal carcere era in condizioni penose. Fu picchiato a morte da un fascista, e gli toccò sopportare una terribile agonia. Lo fece con grande dignità. Morì a cinquantasei anni nel 1944.
Di quanto aveva tentato e di quanto avrebbe tentato di fare ci restano quasi esclusivamente i romanzi gialli. Ma anche questa conferenza sul giallo tenuta in tempo fascista di cui la figlia ha conservato amorosamente gli appunti.

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