19.3.13

Beppe Grillo e le foglie di fico (S.L.L.)


“Foglia di fico” Laura Boldrini, “foglia di fico” Piero Grasso, eccetera eccetera. A Beppe Grillo, un tempo graffiante intrattenitore ed efficace lanciatore di invettive, oggi comunicatore ringhioso e ripetitivo, la metafora piace.
La foglia di fico, di derivazione biblica (il controverso mito del peccato originale), è un’ossessione dei bacchettoni, odiatori della bellezza del corpo umano, nemici della sessualità, dei piaceri che può procurare, delle zone corporee che più ne vengono coinvolte. Costoro rimisero in circolo le foglie di fico per coprire, nelle immagini, quelle che definivano “vergogne”. Non contenti le chiamavano anche “parti basse”, collocandole più sotto dei piedi, al massimo dell’abiezione. Il grande Claudio Villa, che costoro generalmente odiavano, rovesciava codeste gerarchie concepite in odio all’umanità e cantava, allusivo ma non troppo: “Io ti do la cosa più bella che ho / tu mi dai la cosa più bella che hai”.
È così. Le foglie di fico nascondono le cose più belle. Altro che vergogne!
Pertanto, se l’imbolsito Grillo vuol fare intendere che i piddini hanno bisogno di nascondere cose di cui è giusto vergognarsi, la smetta di ricorrere alle foglie di fico, sotto le quali invece il più delle volte si celano bellezze e dolcezze. 

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