15.3.13

Il parrozzo dannunziano (Rocco Moliterni)

Gabriele D’Annunzio amava occuparsi di parole non solo per i discorsi infiammati a fini politici o per le poesie, ma anche alla sua maniera per quello che oggi definiremmo marketing: fu lui a dare il nome ai grandi magazzini della Rinascente e al liquore Aurum. Questo liquore pescarese si accompagna al parrozzo, un dolce natalizio che fu «inventato» nel 1920 da un pasticciere di Pescara che si chiamava Luigi D’Amico.
Si tratta di una sorta di cupola ispirata alle pagnotte (pan rozzo) che i contadini abruzzesi preparavano con la farina gialla di gran turco. D’Amico ci mise anche uova, farina di mandorle e ricoprì il tutto di cioccolato per simulare le bruciacchiature del pane al forno.
Il dolce ebbe tanto successo da diventare in poco tempo uno dei simboli gastronomici della regione e il suo consumo si è esteso ben oltre il periodo natalizio. Si racconta che la prima persona cui il pasticciere fece assaggiare il suo «parrozzo» sia stato proprio D’Annunzio. Il vate fu talmente entusiasta della nuova creazione che arrivò anche a dedicagli una poesia, parrozzo , in cui tra l’altro diceva «e che dovente a poche a poche chiù doce de qualunque cosa doce…». Se lo si assaggia oltre una certa ora la colonna sonora d’obbligo è quindi «doce e’ notte».

"La Stampa", 20 settembre 2012

Nessun commento:

Posta un commento