20.4.13

1922, Abbadia San Salvadore. Il socialista Mascagni e il prete Volpini

E’ strana questa cronaca in due tempi sugli incidenti del monte Amiata (agosto 1920) tra socialisti e clericali, con la partecipazione dei regi carabinieri. Il primo resoconto, in diretta, attribuisce, senza dubbio alcuno, tutte le responsabilità ai socialisti, estremisti piazzaioli, mentre il secondo, in differita, lascia trasparire la verità poi acclarata di una provocazione degli accoliti del prete Volpini. Il quotidiano è “La Nazione”: Non c’è firma. (S.L.L.)
Il prete di Abbadia San Salvatore Sante Volpini (1897-1951), detto don Santino
Abbadia San Salvadore, 16.
Ieri, domenica, l'on. Luigi Mascagni uno dei più noti lanciafiamme dell'estremismo piazzaiolo, tenne un comizio nella piazza principale di questo paese. Molta gente era convenuta dai paesi vicini e lontani onde si calcola che al comizio abbiano assistito oltre 3000 persone.
L'on. Mascagni, si abbandonò alla consueta violenza di linguaggio contro il Governo. Ad onta di questi eccitamenti, il comizio si svolse e si chiuse senza incidenti notevoli. L'atmosfera sembrò anzi così tranquilla che il parroco non ritenne nemmeno opportuno rinviare la processione religiosa indetta per la sera stessa.
La testa della processione si era però appena inoltrata per l'arteria principale del paese, quando scoppiò un improvviso subbuglio.
I fedeli, presi dal panico, si sbandarono, urlando, da tutte le parti, e fu soltanto a fatica che il maresciallo dei carabinieri Armando Paglieroni, accorso con i 17 militi di cui disponeva, poté indurre gli eccitati e gli impauriti ad una relativa tranquillità.
II graduato, interrogando così come poté, borghesi e sacerdoti, apprese che un gruppo di sovversivi aveva assalito con violenza il nucleo dei sacerdoti che officiavano, abbandonandosi a vie di fatto veramente bestiali. La riprova di questo attacco selvaggio, il maresciallo dei carabinieri l'aveva di lì a poco quando si trovò in presenza del parroco don Volpini Santino che, ridotto in fin di vita, era stato adagiato nell'androne di una casa.
Si credeva che il bilancio del tragico episodio fosse tutto qui, quando, al maresciallo dei carabinieri, giunse notizia che un altro fatto consimile, ma ben più grave, stava accadendo nella località detta il «Convento», dove sovversivi avevano invaso la chiesa. Il maresciallo accorse.
Mentre appariva chiaro che la chiesa era stata invasa, e si udivano i clamori dei vandali che distruggevano e dei fedeli e dei sacerdoti che per certo correvano serio pericolo di vita, un forte nucleo di giovinastri erano schierati fuori della chiesa, in ordine di battaglia...
Il maresciallo stava per iniziare un tentativo di approccio alla buona, quando echeggiò un primo colpo di revolver e fu veduto l'appuntato Ciarrocchi cadere! Contemporaneamente, fu iniziata contro il gruppo dei carabinieri una fitta sassaiola, onde il gruppo stesso dovette retrocedere. I sovversivi allora lo incalzarono più da vicino, e il carabiniere Buricchi fu colpito da arma bianca. Il maresciallo dei carabinieri dovette allora ordinare ai suoi uomini di difendersi come meglio avessero potuto. E i militi fecero fuoco: prima (a quanto sembra) in aria, poi sul nucleo degli aggressori. Uno di questi cadde a terra fulminato.
Intanto un altro e più grave si svolgeva nell'interno della cattedrale, dove il popolaccio aveva ingaggiato una violenta lotta coi fedeli. I carabinieri si precipitarono verso l'ingresso della cattedrale. Ma ancora una volta si trovarono barrato il passo da un forte gruppo di facinorosi che, ostentando apertamente il possesso delle più svariate armi, imposero loro di retrocedere. Nel contempo, un'altra masnada di gentaglia accorreva verso la cattedrale e prendeva i carabinieri alle spalle, urlando i più selvaggi proponimenti. I carabinieri si rifugiarono nella vicina caserma. (...) Rimasti padroni del campo, i sovversivi continuarono nell'interno della cattedrale le loro gesta di incredibile barbarie. Nel tumulto infernale accaduto nella chiesa, caddero uccisi il frate Angelico Galassi, il bimbo Libero Pinzi, il contadino Giovanni Vasini e lo scritturale Giuseppe Coppi. I carabinieri, poiché giunsero a rinchiudersi nella caserma, dovettero provvedere a barricarsi, ed a tenere la folla, dalle finestre, sotto la continua minaccia dei moschetti. Difatti, nella folla correvano voci per nulla rassicuranti. Si parlava apertamente di cercar fascine e petrolio per appiccare il fuoco alla casa... A un certo momento, anzi, i militi scorsero un gruppo che, profittando della oscurità ormai densa, cercava di avvicinarsi all'edificio da un lato che è invisibile dalle finestre.
Forse era il tentativo del minacciato incendio, forse si pensava di dar la scalata alla caserma, per prendere i militi alle spalle... Fu allora che i carabinieri spararono varii colpi contro la folla; e sembra che i feriti siano stati parecchi.

Abbadia San Salvadore, 16 notte
Una inchiesta eseguita con maggior tranquillità, allorché la calma è stata ristabilita, ha permesso di sapere con precisione quale fu l'origine del tragico conflitto. Dopo il comizio tenuto dall'on. Mascagni, un «camion» carico di socialisti, provenienti da Pienza, voleva attraversare la strada interrompendo la processione religiosa, che si stava svolgendo. I cattolici si opposero. I socialisti allora, riunitisi in buon numero, sbandarono il corteo religioso ingaggiando una zuffa, durante la quale il sacerdote Volpini fu gravemente ferito. Gli animi da entrambe le parti si inasprirono talmente, che non fu possibile evitare i tragici avvenimenti che seguirono.

“La Nazione”, 17 agosto 1920

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