26.4.13

Barcellona 1939. Parte Machado, cade la Spagna

«... Il giorno dopo doveva partire Antonio Machado. Gli parlai serenamente. Il nemico era ormai alle porte di Barcellona. Aveva passato il Llobregat. Era necessario ritirarsi. Il nemico era cento volte superiore a noi. Doveva prepararsi. Don Antonio ascoltava, con il capo reclinato, come si ascolta una condanna. Poi mi guardò diritto, fisso. Chiamò il fratello José e la cognata e comunicò loro la mia opinione. Ci lasciammo con un forte abbraccio come per consolarci. Imbruniva e gli ultimi raggi del sole si perdevano fra gli alberi. Vidi Don Antonio ritornato sereno, con lo sguardo tranquillo e luminoso fisso lontano dove moriva il giorno. Fu l'ultima volta».
Così Vittorio Vidali, il leggendario « Comandante Carlos » del 5° Regimiento, narra il suo mesto commiato da Antonio Machado, il quale, pochi mesi dopo, vecchio e infermo e con il cuore straziato, primo di tanti esiliati spagnoli, moriva in terra di Francia.

Si avverava la profezia del poeta Vallejo
                                                                                                                                   Si la madre
Espana cae — digo, es un decir —
salid, ninos del mundo, id a buscarla!
(Se la madre/ Spagna cade – dico per dire - / uscite, bambini del mondo, andate a cercarla)

Sì, la «Madre Spagna» era caduta. E, per molti anni, chi volle ritrovarla dovette andare lontano, nelle lontane terre dell'America Latina, percorrere le interminabili vie «dell'esodo e del pianto».
Intanto, una lunga, cupa, implacabile ombra si era distesa di nuovo — come più volte nel passato — sulla Spagna. Il mondo attraversava la grande bufera della seconda guerra mondiale e finalmente si liberava dall'incubo del fascismo. Tutto il mondo si liberava, meno la Spagna. Là, benedetta dai falsi difensori di Dio e salvata dalla contingenza della guerra fredda, sopravviveva ancora la Spagna nera…

da Dario Puccini, Romancero della Resistenza Spagnola, Laterza, 1970 

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