24.4.13

Dopo la Liberazione (di Pietro Nenni)

Il brano che segue unifica due delle risposte di Pietro Nenni a Giuseppe Tamburrano in una lunga intervista sulla storia dei socialisti italiani e testimonia la peculiare posizione dopo il 25 aprile del 1945 del partito socialista (il Psiup, fusione del Partito socialista italiano di Nenni e Saragat col Movimento di Unità Proletaria di Lelio Basso), per alcuni aspetti più avanzata di quella del Pci. (S.L.L.)

L'Italia che il Cln ereditava dal fascismo era una immensa rovina. A tacere dei morti, dei feriti, dei dispersi nella guerra fascista, la più sciagurata e iniqua delle guerre, a tacere delle città distrutte, i normali problemi dell'esistenza quotidiana parevano insolubili. In un appunto dell'epoca trovo questa annotazione: «quattro milioni di senza tetto; un milione e mezzo di sfollati; bloccato per mancanza di carburante l'apparato industriale salvato dagli operai; le comunicazioni per strada e per ferrovia interrotte per il crollo dei ponti; la razione del pane ridotta a 150 grammi alla vigilia delle elezioni del 2 giugno; l'inflazione delle am-lire ». Ovunque lutti, miseria, disperazione. Naturalmente bisognava cominciare da qui e da qui si cominciò riparando l'uno dopo l'altro i guasti maggiori del fascismo e della guerra.
E tuttavia la ricostruzione della vita civile presupponeva la ricostruzione del potere politico e dell'apparato amministrativo, e presupponeva a maggior ragione la soluzione della questione istituzionale. La dinastia usciva dal ventennio della dittatura fascista e della guerra nazifascista condannata al pari del fascismo e con esso doveva scomparire.
Su questi problemi la lotta nel Cln e nei governi del Cln fu durissima. Se non la dinastia in quanto tale, lo stato monarchico nelle sue infinite articolazioni burocratiche era tenacemente difeso dall'ala moderata del Cln, che non andava oltre l'idea della ricostruzione del vecchio stato prefascista e vedeva con pericolo sorgere l'idea di uno stato rappresentativo aperto alla più larga partecipazione popolare.
Il nostro sforzo sul piano del rinnovamento sociale e amministrativo del vecchio stato e delle vecchie strutture si volse essenzialmente verso la riforma agraria, la funzione pilota delle aziende statali o parastatali rispetto a quelle private, i diritti dei lavoratori nelle fabbriche e i consigli di gestione. Su questi temi svolgemmo una duplice azione all'interno del governo e tra le masse nel paese. L'ostacolo principale venne dall'interno stesso dei Cln, dai liberali in primo luogo. Ma resistenze assai tenaci furono opposte anche dalla De, se si fa eccezione per la riforma agraria, accettata dalla De, ma contenuta in termini assai meno incisivi di quelli che erano necessari.
I consigli di gestione furono creati nell'aprile del 1944 dal Comitato di liberazione nazionale Alta Italia e si diffusero rapidamente al Nord ma anche in qualche zona del Centro-Sud, ad esempio a Napoli. Svolsero un compito di primaria importanza nella ricostruzione. Furono infatti gli operai e i tecnici, e non i padroni, a salvaguardare gli impianti e a custodire i magazzini, a garantire l'occupazione e il salario alle maestranze per interi mesi.
Morandi, con il suo disegno di legge, cercò di dare una sistemazione giuridica a questi organismi. La sua proposta di legge era lungi dall'essere rivoluzionaria nel senso massimalista del termine perché i consigli di gestione avrebbero dovuto dare solo dei pareri, tranne alcune materie, come l'utilizzazione delle maestranze, per cui le loro deliberazioni erano previste come vincolanti. Ma il loro valore era soprattutto nel fatto che gli operai, i quali avevano dato un contributo decisivo alla salvezza degli impianti industriali, erano chiamati a partecipare non solo alla vita dell'impresa, ma anche — come aveva cura di sottolineare Morandi — ad una programmazione generale dell'economia. Insomma era un modo concreto di avviarsi verso una forma di pianificazione democratica, con la partecipazione dei lavoratori, che poi fu in parte il programma del centro-sinistra.
La proposta elaborata da Morandi non passò al consiglio dei ministri per le ostilità dei moderati e per il disinteresse e lo scetticismo di ampi settori di sinistra. L'idea dei consigli è passata, annacquata, nella Costituzione, e lì è rimasta.

da Pietro Nenni, Intervista sul socialismo italiano, Laterza, 1977

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