14.4.13

Il mio Catullo. Atalanta (Carmina, II b)


Guido Reni, Atalanta e Ippomene, particolare
La cosa mi dà gusto, tanto quanto
dicono che ne desse alla ragazza
veloce il pomo d’oro, per il quale
sciolse la cinta a lungo rinserrata.

Carmina, II, vv.11-13
Tam gratum est mihi quam ferunt puellae
pernici aureolum fuisse malum,
quod zonam solvit diu ligatam.

POSTILLA
Nei codici i versi sopra riportati e da me tradotti figurano come conclusione del carme 2, quello celeberrimo del passerotto di Lesbia, con il quale non sembrano avere rapporto. Il frammento forse venne inserito a quel punto dai primi editori per l’identità del metro, ma oggi è generalmente ritenuto parte di un’altra perduta poesia.
Vi si allude alla leggenda etolica di Atalanta, refrattaria al matrimonio e fortissima nella corsa la fanciulla veloce (puella pernix) cacciatrice di cinghiali: quasi un doppio di Artemide. Secondo una tradizione risalente ad Arato, Euripide e Pindaro, il giovane Ippomene, che l’aveva sfidata e convinta a mettere in palio sé stessa nella gara, riuscì a batterla con uno stratagemma: le lanciò davanti ai piedi una mela d’oro della corona di Dioniso, ricevuta da Afrodite, da cui emanava una potente, erotica malìa.
Atalanta, fermatasi a raccoglierla, perse la sfida; poi seguì il giovane in un boschetto, ove sciolse la larga cintura (zona) che proteggeva la sua verginità. La cosa le dispiacque assai meno di quanto prima non credesse. (S.L.L.)

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