24.7.13

DNA. Come nacque la doppia elica (Fabio Terragni)

Dal mensile “Linea d’ombra” riprendo un ampio stralcio di un vecchio scritto che rievoca, a 40 anni di distanza, la scoperta del DNA e le polemiche che ne seguirono. (S.L.L.)
Francis Crick e James Watson
(…) Una scoperta compie in questi giorni quarant'anni: la scoperta della struttura del DNA, la molecola a doppia elica depositaria dell' informazione genetica in tutti gli organismi viventi sulla Terra.
La storia moderna della doppia elica, fino dall'antichità simbolo (con i due serpenti intrecciati) della salute e dell'equilibrio, comincia esattamente quarant'anni fa quando, in un laboratorio dell'Università di Cambridge, due giovani ricercatori, il biologo americano ventiquattrenne James Watson e il fisico inglese trentaseienne Francis Crick, costruirono con il meccano un modellino molecolare. Gli altri scienziati in corsa forse persero proprio per lo stile giovanile e spregiudicato della coppia, che non esitò ad usare metodi considerati poi poco ortodossi e a giocare con le mani.
Il 25 aprile del 1953 il loro primo articolo sulla doppia elica del DNA comparve sulla rivista scientifica "Nature", insieme ad altri due interventi sull'argomento. L'articolo illustrava nei dettagli la struttura del DNA, che veniva presentato come una macromolecola lineare, costituita da due filamenti appaiati a formare una doppia elica di nucleotidi, con all'esterno uno scheletro formato da gruppi fosfato e zuccheri e all'interno le basi azotate che si affrontano seguendo la regola di complementarità: adenina appaiata solo con timina (A=T) e citosina solo con guanina (C=G). I due filamenti erano quindi costituiti dalla ripetizione di nucleotidi, complementari l'uno all'altro.
"Non è sfuggito alla nostra attenzione che l'accoppiamento specifico da noi postulato suggerisce immediatamente la possibile esistenza di un meccanismo di copiatura del materiale genetico": questa frase, contenuta nel brevissimo articolo di Watson e Crick, era come una bandiera sul nuovo territorio. Evidenziava la possibilità, connessa alla struttura stessa del DNA, di conservazione e trasmissione dell'informazione genetica.
Questa idea verrà meglio spiegata dagli stessi due autori in un articolo comparso sempre su "Nature" nel maggio dello stesso anno, dedicato alle implicazioni più propriamente biologiche e genetiche della doppia elica. Gli scaltri Watson e Crick erano stati abilissimi, anche nell'utilizzare le conoscenze e i dati prodotti da altri. Il loro successo e soprattutto la successiva narrazione scritta da Watson non hanno mancato di sollevare polemiche, soprattutto da parte della Franklin e del biochimico austro-americano Erwin Chargaff. Ma il loro successo non può essere messo in discussione, come ha ammesso un altro dei concorrenti sconfitti, Linus Pauling, Premio Nobel per la Chimica e per la Pace: "Non si può negare che la scoperta della doppia elica e gli sviluppi ad essa seguiti costituiscano il maggiore passo avanti compiuto, nel corso di questi ultimi cento anni, nelle scienze biologiche e nella nostra comprensione dei fenomeni della vita".
I pareri "ufficiali" a favore ma anche contro la benedizione della scoperta della doppia elica come la più rilevante del secolo sono reperibili soprattutto nelle recensioni seguite alla pubblicazione di La doppia elica, il volume con cui James Watson ricostruì l'intera vicenda. Un libro dalla storia travagliata: nel 1966 l'autore fece circolare il manoscritto con il titolo The Honest Jim, ma l'ondata di indignazione con cui venne accolto convinse la Harvard University Press a rifiutarne la pubblicazione, che avvenne poi nel 1968 da parte di una normale casa editrice non universitaria.
Il motivo di reazioni così vivaci era da ricercare nella franchezza e spregiudicatezza con cui l'ancora giovane Watson aveva descritto l'intera vicenda, dipingendo non l'idillico mondo degli scienziati innamorati della conoscenza ma un più prosaico e realistico scenario in cui la sfrenata competizione conduceva a comportamenti non proprio irreprensibili sul piano morale. Alcuni ritennero questo racconto diseducativo per chi si affacciava alla ricerca. Altri lo ritennero offensivo per i giudizi trancianti con cui Watson definì i diversi ruoli. Tra questi anche Francis Crick e Maurice Wilkins, che furono i principali responsabili della decisione negativa della Harvard University Press. Ma secondo altri commentatori, come il genetista Richard Lewontin, il Premio Nobel Peter Medaware il sociologo della scienza Robert Marton, quel libro rappresenta una pietra miliare nella storiografia della scienza.
Pubblicata in italiano da Garzanti prima in originale (La doppia elica, 1968), poi in una edizione comprensiva di tutte le recensioni e gli articoli successivi (La doppia elica trent'anni dopo, a cura di Gunther Stent, 1982) quella narrazione rimane un passaggio obbligato per chiunque voglia approfondire l'affascinante storia della scoperta scientifica del secolo. Con una avvertenza però: i toni accesi del racconto e delle risposte dovrebbero essere attenuati. Il tempo ha ammorbidito gli spigoli della competizione e ha messo in secondo piano i protagonisti umani della vicenda: ora le luci della ribalta sono tutte per la superstar della biologia, la doppia elica. E c'è ragione di credere che nei prossimi anni ne sentiremo parlare sempre più spesso.

“Linea d’ombra” n.82 1993

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