7.9.13

Terremoto del Belice. I soccorritori del Sessantotto (di Giorgio Boatti)

Un bell'articolo, tra rievocazione e recensione, che smonta alcuni consolidati luoghi comuni. Me li ricordo anch'io quei magnifici compagni, arrivati in Sicilia da tante regioni, singoli, accoppiati, intere famiglie, intorno a Dolci e a Barbera, organizzati nel Servizio Civile Internazionale, nel "dissidente" Servizio Civile Siciliano" o disorganizzati, persone di coraggio e di fede che si davano cura di mantenere una coerenza tra gli atti e le parole. (S.L.L.)

Due scosse di terremoto, l'una all'ora di pranzo e l'altra, a tarda sera, di potenza devastante, portarono la distruzione, il 15 gennaio 1968, nella valle del Belice, in Sicilia. I morti furono diverse centinaia, i feriti migliaia. Centri come Montevago, Santa Margherita Belice, Gibellina, Salaparuta furono rasi al suolo.
Lo Stato nella sua opera di soccorso, ancora una volta, arrivò tardi e arrivò male. Tra i tanti che non si tirarono indietro nel fronteggiare le conseguenze del disastro vi furono centinaia di giovani volontari: richiamati da un tam-tam che aveva percorso le principali sedi universitarie della penisola parteciparono ai soccorsi. Tra quelli che arrivarono in Sicilia e vi rimasero per contribuire alla ricostruzione vi erano anche i genitori di Carola Susani, autrice de L'infanzia è un terremoto, pubblicato ora da Laterza. L'autrice, in pagine intense e bellissime, va a ripercorrere luoghi e volti della propria infanzia, racconta di quando giunge dal Veneto con mamma e papà e con i fratelli, e - assieme ai figli di altri volontari - trascorre anni decisivi nelle baracche delle prime, provvisorie riedificazioni.
Tra queste baracche c'è anche la sede del «Centro Studi e Iniziative valle Belice» in cui opera Lorenzo Barbera, figura carismatica già a fianco di Danilo Dolci nell'impegno per l'emancipazione delle zone più povere della Sicilia. Dolci e Barbera divisero le loro strade proprio nel modo opposto di concepire il coinvolgimento delle popolazioni terremotate nella difesa di diritti fondamentali. Inizialmente fu comune il battersi per l'acqua, su cui voleva metter mano la mafia, e poi unanime l'impegno per l'esenzione dal servizio di leva dei giovani terremotati. A opporli fu poi il clamoroso «processo popolare» - sostenuto da Barbera e intentato dai terremotati, con tanto di istruttoria e documentati dossier di accusa - contro ministri e direttori di ministero, rei di ritardi e inerzie colossali. Era un procedere che non convinse Dolci, allarmato dai toni «giustizialisti» della piazza, diffidente verso una demagogia spettacolare che non aveva molto da spartire con la sua pedagogia del riscatto.
Di tutto questo e molto altro, ma soprattutto dei protagonisti di una stagione irripetibile di speranze e partecipazione, parla questo libro, che va alla ricerca, e trova con sincerità e franchezza, la generazione dei padri: quella che nel '68 aveva vent'anni e che nel terremoto siciliano, come già nella Firenze alluvionata, comincia a prendere posto sul palcoscenico italiano. E' un apparire dove, nonostante recenti polemiche contro un 68 accusato di aver osteggiato quella meritocrazia che pare stesse tanto a cuore ai baroni accademici del tempo, il riconoscimento del ruolo e del talento effettivo di ciascuno si poneva in modo centrale. Anche se forse era un merito poco «meritocratico», ovvero non finalizzato né al potere né alle rampanti scalate ma, tuttavia, concreto e prezioso: si trattasse di ripulire Firenze alluvionata o di riedificare i paesi siciliani terremotati.


“La Stampa”, 2 febbraio 2008

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