29.11.13

Salinas, molto di più di un poeta che canta l'amore (Glauco Felici)

Una buona recensione che fa il punto su un poeta importante. (S.L.L.)
Pedro Salinas in un ritratto di Marisol Cales
Con Favola e segno sono ormai quattro i volumi di Pedro Salinas che appaiono per la cura di Valerio Nardoni presso l'editore Passigli (dopo Sicuro azzardo, Ragioni d'amore e Presagi).
Quattro volumi che sembrano preludere a un'integrale - possiamo augurarcelo di tutto cuore - del grande lirico madrileno (1891-1951), che si è invero conquistato un posto particolare tra chi coltiva la «poesia d'amore». Questa definizione è sin troppo vasta, e impropria, è una scorciatoia per imporre etichette ai poeti che etichette non accettano. Ma il mondo va così, e Lorca - ad esempio - sembra noto più che altro come esperto di corride per aver scritto il Lamento in morte dell'amico torero Ignacio Sánchez Mejías (che, per inciso, non era un matador truculento, ma un intellettuale fascinoso e inquieto con la passione della letteratura, scrittore a sua volta). Anche per Lorca, tuttavia, si è fatto ricorso all'etichetta «poesia d'amore» (amor oscuro o no che fosse ...), con prevedibili semplificazioni e sminuimenti a danno del suo genio poetico.
Per Salinas, è accaduto altrettanto. Austero studioso di letteratura, professore ineccepibile in giro per il mondo, intellettuale a tutto campo (critico, narratore, drammaturgo, traduttore della Recherche, soprattutto poeta), appartenne a quella Generazione del '27 che - in epoca di nazismi, fascismi e franchismi più o meno incipienti - diede al mondo un incomparabile florilegio di autori, i «nipoti di Góngora» (Salinas appunto, Jorge Guillén, Dámaso Alonso, Lorca, Alberti) e molti altri (Bergamín, Aleixandre, Larrea, Altolaguirre, Cernuda, Prados…). «La più bella poesia d'Europa», la definì Lorca.
Favola e segno apparve nel 1931, terza prova di Salinas, e conclusione di un ideale primo periodo tra quelli in cui si usa suddividere la sua attività lirica: una fase di ricerca, preludio alla completa dischiusura delle ricchezze poetiche che culminano nella «grande trilogia amorosa», tra il 1932 e il 1939, composta da La voz a ti debida, Razón de amor e Largo lamento. (Poi, altri versi nel terzo periodo - quello dell'esilio - e una diversa immagine formale, che trova la voce più compiuta in El contemplado, lungo poema in cui Salinas dialoga con il mare di San Juan de Puerto Rico, città dove venne sepolto nel 1951 dietro sua commossa richiesta).
Nella raccolta si confrontano due entità, «favola» e «segno», contrastanti e complementari: in Escorial II, ad esempio, si legge «Non sognare, ma contare», dove appare l'equivalenza tra favola e sogno, tra segno ed enumerazione. Sempre con l'amore che domina: «Io è te che amo, e te | e te. | Tre di voi amavo io». Altrove, sintomi di modernità invadente (quasi accenni a temi del futurismo), come in Underwood Girls dove le teclas (i tasti della macchina da scrivere) «sono assopite, tranquille, | loro trenta, tonde, bianche. | Tutte unite | a sostenere il mondo» e si trasfigurano in ragazze, anzi «eterne ninfe | contro il grande mondo vuoto».
Nell'ininterrotta declinazione del suo personalissimo concetto di amore (non facile, non convenzionale), la realtà pose sul cammino di Salinas un impetuoso incidente: l'incontro, nella primavera del 1932 a Madrid, con Katherine Prue Reding, leggiadra studiosa del Kansas, all'epoca trentacinquenne. Un innamoramento travolgente, una storia d'amore durata due estati e un corso accademico, «un incontro emotivo, allegro, devastante e triste per entrambi» (scriverà la stessa Katherine), alla quale la donna pose fine a causa del tentato suicidio di Margarita Bonmatí, moglie di Salinas.
Di quell'amore, che innescò il meccanismo compositivo di almeno un capolavoro come La voz a ti debida, si seppe ufficialmente tardi, dopo la morte di Salinas, e grazie alla regia dell'inseparabile amico Jorge Guillén. Oggi, il lettore può immergersi in quel mondo appassionato anche consultando le lettere che Salinas inviò a Katherine (circa metà delle 354 scritte dal poeta è pubblicata in Cartas a Katherine Whitmore, Tusquets 2002: un libro imprescindibile nel suo genere).
Non è semplice comprendere perché un poeta di complessa ispirazione e di rarefatta scrittura come Salinas abbia poi trovato una schiera di appassionati «consumatori» dei suoi versi. Si rimane sbalorditi, ad esempio, nello scoprire che un'icona pop dei nostri giorni - Pietro Taricone - avesse tatuato sul polpaccio sinistro i versi della Poesia 39 (Salinas può permettersi anche questo, niente titoli e invece numeri, «segni») di La voz a ti debida, che recita: «E io sto abbracciato a te | senza fare domande, per paura | che non sia verità | che tu vivi e mi ami. | E sto abbracciato a te | senza guardarti o toccarti. | Perché non debba scoprire | con domande o carezze | l'immensa solitudine | d'essere il solo ad amarti».


"Tuttolibri - La Stampa", 11/09/2010 

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