15.12.13

TOSCA. Successi, eccessi, aneddoti (Paola Genone, Enrico Stinchelli)

1899. Il manifesto di Adolfo Hohenstein
per la prima della Tosca (gennaio 1900)
Trovo in un vecchio ritaglio de “L’Espresso” una celebrazione dei cento anni della Tosca, che è giudicata dagli articolisti “l’eroina più sanguigna e vivace tra i personaggi femminili del melodramma pucciniano”, “più forte, più energica della fragile … Mimì, meno ingenua della sventata Madame Butterfly”.
Condivido: verdista spinto fin quasi al fanatismo, in tutto Puccini trovo un che di vano e poco convincente, trovo fragilità e sventatezza tranne che nella Tosca. Mi piace la lettura del perenne successo dell’opera che danno i due articolisti, Genone e Stinchelli: non solo la “recondita armonia” che nasce da bellezze diverse, ma la grande disponibilità all’interpretazione, le tante letture a cui si presta.
Già il solo personaggio della protagonista sembra moltiplicarsi – seguendo la storia delle interpretazioni – nelle sue sfaccettature: la Tosca drammatica della Callas e la Tosca sublime della Muzio, la Tosca aggressiva della Collier e quella forsennata della Tebaldi, la Tosca tutta cantata della Scotto e quella solenne di Montserrat Caballé. “Una Tosca per ogni gusto e in continua metamorfosi … diversa a seconda della miscela operata dal soprano tra gli ingredienti della trama … fatta di sesso, brutalità, sadismo e religione”. Miscela che, dati gli eccessi truculenti della trama che – come diceva George Bernard Shaw – “vuol far piangere ad ogni costo”, potrebbe perfino far ridere a crepapelle, considerato che tutti muoiono, chi accoltellato, chi fucilato, chi spiaccicato al suolo. Intorno alle scene cruente del grande melodramma è fiorita una ricca aneddotica di cui l’articolo de “L’Espresso” raccoglie qualche frammento. E’ la parte che qui posto. (S.L.L.)
Londra 1964. UNa edizione della Tosca con Maria Callas
Particolarmente cruenta è la morte del barone Scarpia, consacrata da un rituale melodrammatico: con mosse accorte e sangue freddo, Tosca pone un crocefisso sul corpo esanime dell'odiato Scarpia. A questi gesti che si ripetono di recita in recita, sono legati due episodi riguardanti il celebre Giuseppe Taddei, storico Scarpia in tante edizioni: in una prima occasione egli ricevette un pesantissimo crocefisso di ferro sulle parti molli, rispondendo con uno scatto che fece pensare a una miracolosa risurrezione; un'altra volta la risurrezione ci fu sul serio, poiché l'incauta Tosca gli aveva incendiato la parrucca con il candeliere posto a distanza troppo ravvicinata. Di parrucche infuocate ve ne sono state diverse: quella di Maria Callas, prontamente soccorsa dal baritono Tito Gobbi che, spaventatissimo per le fiamme, si lanciò sulla cantante per sedare l'incendio. La diva noncurante lo respinse, come da libretto, sussurrandogli poi nell'orecchio, «Grazie Tito», prima di ucciderlo.
Con la fucilazione di Mario le cose non sembrano essere andate meglio. Al teatro San Carlo di Napoli, in una recente inaugurazione, non potendo il tenore Pavarotti cadere al suolo, si preferì farlo sedere, e in quella posizione rimase; così come sempre al San Carlo venne applaudita la fucilazione di Martinucci, a significare la giusta punizione dopo una recita non ben cantata. Durante il festival di Macerata del 1995, i giornali locali pubblicarono sulle prime pagine: «Cavaradossi è stato fucilato!». Il protagonista della vicenda era il tenore Fabio Armiliato, ferito incidentalmente dal plotone da pallottole vere: fu allora che Raina Kabaiwanska urlò fuori copione «Un medico presto!», prima di svenire alla vista del sangue. Si favoleggia poi di una recita d'inizio secolo diretta da Toscanini in cui il tenore che interpretava Cavaradossi al fianco di Lina Cavalieri venne ucciso realmente per sbaglio.


Tosca 100, ma non li dimostra, “L’Espresso”, 20/1/2000

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