Nel 2000 José Saramago era a Roma
in occasione del debutto de La seconda
Vita di Francesco d’Assisi. Nella pièce, lo scrittore portoghese, premio
Nobel per la Letteratura nel 1998, immagina che Francesco torni e trovi la sua
congregazione religiosa trasformata in una holding finanziaria con un
consiglio di amministrazione e gli agenti di vendita al posto dei frati. Paolo Emilio Landi lo intervistò per “Protestantesimo”,
la trasmissione religiosa di Rai 2. Da quell’intervista riprendo qui alcuni
passaggi. (S.L.L.)
Un ordine religioso trasformato in una multinazionale. ‘Francesco’ è’
un testo anticlericale?
Non è un testo anticlericale ma impiega un
personaggio storico, Francesco d’Assisi, che affronta il problema della sua
relazione con il potere, con i soldi, con il potere dei soldi. Un uomo che ha
preso la decisione di essere povero. La
questione che si pone è, secoli dopo,
molti secoli dopo, quale senso ha oggi dirsi povero? Oppure,
al contrario che cosa dovevamo
fare tutti, santi o non santi, per
liberarci dalla povertà? Questo è il tema.
Perché ha scelto Francesco?
Francesco è sempre stato un santo
popolare. E’ un santo con cui noi vorremmo vivere, incontrare per strada, o
averlo per amico. Alcuni anni prima di
iniziare a scrivere, durante una visita ad Assisi, visitando le chiese e i
chiostri, ho visto in un chiostro una bancarella, sulla quale si vendevano immagini e crocefissi, libri
edificanti, si vendevano i rosari, tutta questo roba. E ci stavano due frati
francescani che vendevano. Io sono
ateo, e si sa, agli atei le religioni importano molto perché
pretendono che le religioni siano quello
che dicono di essere e non quello che dimostrano con il loro comportamento
abituale. Probabilmente, io come ateo, sono rimasto più shoccato, gravemente
shoccato da quella esibizione mercantile di
chincaglierie pseudo-religiose… Questo shock
è stata l’origine dell’idea. Io come ateo mi dicevo questo non può
essere. La religiosità deve essere un’altra cosa e non questo.
Non voglio provocarla ma questa è una posizione assolutamente
protestante.
E’ possibile di sì, è possibile,
nelle questioni etiche, del comportamento umano, sono protestante, dal punto di
vista sociale sono protestante, dal
punto di vista politico sono protestante. Quindi è naturale che mi trovi d’accordo con i protestanti religiosi in
alcune cose… La questione è che potrebbe essere possibile e dovrebbe essere
possibile conciliare la necessità
naturale che alcune persone hanno di spiritualità religiosa con le circostanze
meramente umane della vita di tutti i giorni. Per fare un ateo come me è
necessario un altissimo grado di religiosità,
ma religiosità più nel senso etimologico della parola, religione come
qualcosa che lega, che mi lega agli altri, al mondo alla storia, al tempo, alla
cultura, a tutto. E poi, io non credo in Dio ma se Dio esiste per te, se tu credi in Dio, allora Dio esiste per me in
te. Ma io non ho bisogno di Dio. Non ho nessuna necessità di Dio
che non sia per litigare con lui.
L'intervista è andata in onda su
Raidue - Protestantesimo nel maggio 2000
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