7.3.14

Ateo e protestante. Saramago, san Francesco e Dio.

Nel 2000 José Saramago era a Roma in occasione del debutto de La seconda Vita di Francesco d’Assisi. Nella pièce, lo scrittore portoghese, premio Nobel per la Letteratura nel 1998, immagina che Francesco torni e trovi la sua congregazione religiosa trasformata in una holding finanziaria con un consiglio di amministrazione e gli agenti di vendita al posto dei frati. Paolo Emilio Landi lo intervistò per “Protestantesimo”, la trasmissione religiosa di Rai 2. Da quell’intervista riprendo qui alcuni passaggi. (S.L.L.)
José Saramago
Un ordine religioso trasformato in una multinazionale. ‘Francesco’ è’ un testo anticlericale?
Non  è un testo anticlericale ma impiega un personaggio storico, Francesco d’Assisi, che affronta il problema della sua relazione con il potere, con i soldi, con il potere dei soldi. Un uomo che ha preso la decisione di essere povero. La questione che si pone è, secoli dopo, molti secoli dopo, quale senso ha oggi dirsi povero?  Oppure,  al contrario che cosa dovevamo fare tutti, santi o non santi,  per liberarci dalla povertà? Questo è il tema.

Perché ha scelto Francesco?
Francesco è sempre stato un santo popolare. E’ un santo con cui noi vorremmo vivere, incontrare per strada, o averlo per amico. Alcuni anni prima   di iniziare a scrivere, durante una visita ad Assisi, visitando le chiese e i chiostri, ho visto in un chiostro una bancarella, sulla quale si vendevano immagini e crocefissi, libri edificanti, si vendevano i rosari, tutta questo roba. E ci stavano due frati francescani che vendevano. Io sono ateo, e si sa, agli atei le religioni importano molto perché pretendono che le religioni siano quello che dicono di essere e non quello che dimostrano con il loro comportamento abituale. Probabilmente, io come ateo, sono rimasto più shoccato, gravemente shoccato da quella esibizione mercantile di  chincaglierie  pseudo-religiose…  Questo shock  è stata l’origine dell’idea. Io come ateo mi dicevo questo non può essere. La religiosità deve essere un’altra cosa e non questo.

Non voglio provocarla ma questa è una posizione assolutamente protestante.
E’ possibile di sì, è possibile, nelle questioni etiche, del comportamento umano, sono protestante, dal punto di vista sociale sono protestante,  dal punto di vista politico sono protestante. Quindi è naturale che mi trovi  d’accordo con i protestanti religiosi in alcune cose… La questione è che potrebbe essere possibile e dovrebbe essere possibile conciliare la necessità naturale che alcune persone hanno di spiritualità religiosa con le circostanze meramente umane della vita di tutti i giorni. Per fare un ateo come me è necessario un altissimo grado di religiosità,  ma religiosità più nel senso etimologico della parola, religione come qualcosa che lega, che mi lega agli altri, al mondo alla storia, al tempo, alla cultura, a tutto. E poi, io non credo in Dio ma se Dio esiste per te, se tu credi in Dio, allora Dio esiste per me in te.  Ma io non ho bisogno di Dio.  Non ho nessuna necessità  di  Dio che non sia per litigare con lui.


L'intervista è andata in onda su Raidue - Protestantesimo nel maggio 2000

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