La gente odia il militare
arrogante, il pezzo grosso, il banchiere. E anch'io odio il potere o, come si
dice oggi, il "palazzo". (...). E offro l'evasione, un ranch nel
deserto, un'apacheria, una giungla, i pirati. Gli italiani non leggono, sono
pigri. Io ho vinto la loro pigrizia». Così Gianluigi Bonelli, classe 1908,
padre di Tex Willer, presentava se stesso e la sua creatura in un' intervista
di qualche anno fa.
Tex Willer nasce nel 1948 su
testi di Bonelli, ed è disegnato da Aurelio Galleppini («Galep»). La coppia
inizia a lavorare sul personaggio in ottobre e il primo albo di Tex viene edito
in dicembre. Da allora la saga è continuata senza soste, il cowboy ha
cavalcato, sparato, amato (poco), per più di trentaseimila tavole, raggiungendo
incredibili tirature. Ancora oggi gli albi mensili della «Collona Tex Gigante»
vendono 6/700.000 copie e, se si considerano anche le collane dove vengono
ristampati i vecchi episodi, si arriva alla più che ragguardevole cifra di
1.500.000.
Gli artefici di questo successo
erano arrivati al fumetto per vie diverse. Bonelli scriveva romanzi
avventurosi, era un discreto pugile «se mi mollano una sberla ne restituisco
due», è tuttora un ottimo velista. Quando la Mondadori decide di chiudere
«L'Audace», Bonelli ne compra la testata e diventa editore, nasce cosi il suo
impero. Galleppini esordisce come illustratore, pubblica su alcuni periodici
per ragazzi, si specializza nel disegnare aeroplani, sogna di fare cartoni
animati (inventa degli occhiali bicromatici per vedere i cartoons in tre
dimensioni).
Richiamato più volte sotto le
armi riesce a non partire per l'Africa e a diventare il ritrattista della
caserma.
La pittura non lo trattiene per
molto però, i fumetti lo aspettano dietro l'angolo e con loro Bonelli. Per un lungo
periodo Galep disegna contemporaneamente le storie di «Occhio Cupo» e quelle di
«Tex». Ma il nostro eroe lo assorbe completamente (trentadue tavole a settimana
sono una produzione spaventosa) e quando il formato passa dalla striscia al
«gigante» verrà affiancato da un'equipe di disegnatori (Fusco, Letteri, Monti,
Nicolò, Ticci tra gli altri) per garantire una produzione continuativa.
Cambiano i disegnatori, ma Tex
resta un mito inossidabile, alcune sue espressioni sono entrate nel bagaglio
dell'Immaginario collettivo (“una bistecca alta due dita, con una montagna di
patatine”). Tex è stato anche il primo cowboy a prender le parti degli indiani,
fino ad allora relegati al ruolo di selvaggi senza dio (ed è sintomatico che Bonelli
abbia voluto nel film il ruolo del vecchio indiano narratore) ed ha vissuto un
breve matrimonio con la bella Lilyth della tribù dei Navajos da cui ha avuto il
figlio Kit.
Lilyth muore tragicamente
dimostrando la vecchia avversione di Bonelli ad inserire personaggi femminili
positivi nei suoi racconti («Una donna buona non offre mai molti spunti, mentre
una cattiva movimenta la trama, combina guai»). Al fianco di Tex alcuni
comprimari abituali come Kit Carson (chiamato affettuosamente «vecchio
cammello») e l'indiano Tiger Jack, sono pronti a sostenerlo nelle sue battaglie
contro i «cattivi» di turno che a volte si dimostrano dotati di poteri
sovrannaturali come la strega Zhenda e il perfidio Mefisto.
A Tex invece bastano le sue
pistole e il cavallo Dinamite per venire a capo delle più intricate situazioni:
è un eroe che segna la fine della concezione italica di un fumetto melenso e
rivolto ad infanti cresciuti nella bambagia. Il primo formato dall'albo (la
«striscia») era stato pensato come il più comodo per nascondersi nei libri di
scuola e nelle tasche (oltre ad essere il più economico), prevedeva una sorta
di lettura clandestina.
Non è un caso che nelle ristampe
degli anni '60 alcune espressioni «forti» («Perdio», «sangue del diavolo»,
«bastardi», ecc.) fossero sostituite o eliminate, che i vestiti delle rare
fanciulle che Bonelli inseriva nelle avventure, venissero clamorosamente
allungati e le scollature ricoperte, che si cancellassero le pozze di sangue e
le notazioni più violente insieme con le battute irriverenti nei riguardi della
legge e dei suoi rappresentanti.
Tex doveva guadagnarsi il
marchietto «MG» (Garanzia Morale) per poter evitare la caccia alle streghe nei
riguardi del fumetto «distruttore delle giovani menti».
Ad ottobre la collana di Tex giunge
al suo trecentesimo numero; è una ricorrenza importante per un personaggio che
(al di là degli eventuali meriti della riduzione proposta da Duccio Tessari) ha
precorso atmosfere che nel cinema western sono state interpretate, solo più
tardi, da registi come Sam Peckimpah, e che ha segnato un aspetto del costume
italiano per quasi quarant'anni.
“la Repubblica”, ritaglio senza
data, ma 1985
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