Il testo dell'appello
agli elettori pronunciato il 10 maggio 1974 in TV da Enrico
Berlinguer, segretario generale del PCI, per il «NO» nel referendum
promosso dai clericali per abrogare la legge del 1970, che
introduceva il divorzio nell'ordinamento civile italiano.(S.L.L.)
Il popolo italiano, nella
sua saggezza, si è certo reso conto che ci sono stati due modi
diversi di fare la campagna del referendum. Da una parte, colore che
vi chiedono di votare «NO» all'abolizione della legge sul divorzio
— e fra questi siamo anche noi comunisti — hanno cercato di darvi
una informazione accurata è onesta sui contenuti veri della legge,
sulle conseguenze benefiche che essa ha avuto per un certo numero di
coniugi infelici e per i loro figli, sulle testimonianze, tutte
favorevoli, dei giudici che hanno applicato la legge da tre anni in
qua. Abbiamo fatto appello, e lo facciamo ancora stasera, alla vostra
capacità di ragionare e al vostro spirito di solidarietà umana.
Dall'altra parte, coloro
che chiedono di cancellare la legge. A quante bugie, a quante
falsificazioni essi sono ricorsi! Menzogne sulla legge, dati
statistici inventati, ricorso a frasi false o mutilate di Marx o di
Togliatti, calunnie sulle posizioni nostre e di altri. E promesse
dell'ultima ora e dunque, anch'esse, bugiarde.
Per confondere le cose,
sono arrivati al punto di dire che il 12 maggio si vota a favore o
contro il comunismo! E' la trovata di Almirante e di qualche altro.
Ma che c'entra? Ma a chi vogliono darla a bere?
Ma hanno fatto anche di
peggio. Hanno cercato di mettere paura, profetizzando l'apocalisse e
speculando sui sentimenti più delicati, sugli affetti più cari.
Dei i giovani parlano
come di incoscienti, pronti a sposarsi e a separarsi per puro
capriccio. Questi falsi moralizzatori hanno la più completa sfiducia
nelle risorse morali e nella serietà dei nostri ragazzi e delle
nostre ragazze. Anche per questo diciamo ai giovani: votate «NO».
Degli anziani parlano
solo come «nonni» e «nonne», per cercare di far loro dimenticare
le tribolazioni che hanno sofferto, ieri, come operai, contadini,
lavoratori, come emigrati, e che soffrono, oggi, come pensionati. E
alle persone anziane si chiede di negare ai loro figli, ai loro
nipoti, la possibilità di avere una legge che ha il solo scopo di
permettere di rimediare alla eventualità di un matrimonio sbagliato
o sfortunato: eventualità mai augurabile, ma che può verificarsi.
Per questo noi diciamo anche agli anziani di votare «NO ».
Delle donne gli esponenti
antidivorzisti hanno parlato come se fossero degli esseri inferiori,
una sorta di animali domestici ai quali si incute il terrore di
venire abbandonati, quasi che le donne non avessero una loro
personalità, una loro dignità, diritti pari agli uomini. Per questo
noi
diciamo alle donne di
votare «NO», di votare contro coloro che le considerano solo come
un serbatoio di voti, quegli stessi che si sono sempre opposti a
tutte le loro rivendicazioni di uguaglianza nei diritti e nella
posizione economica e sociale, di emancipazione e di progresso.
Ma il fatto più
vergognoso è il modo in cui certi esponenti antidivorzisti si sono
rivolti ai bambini. In certi asili e istituti hanno messo nelle
tasche del grembiule di fanciulli di cinque, sei anni volantini
intimidatori e provocatori e sono giunti a spaventarli a tal punto
che essi sono tornati a casa piangenti, ripetendo ai genitori la
menzogna che era stata loro messa in testa e cioè che, dopo il 12
maggio, con la legge del divorzio, sarebbero stati abbandonati da
papà e dalla mamma. Quale infamia ingannare in questo modo i nostri
piccoli e calpestare la loro innocenza!
Bisogna votare «NO»
contro tutti questi impostori, che sono ricorsi a metodi cosi
indegni. L'inganno maggiore è quello di cercare di far credere che
si tratta di votare per o contro l'unità della famiglia. L'unità
della famiglia è un bene prezioso, chi non lo sa? Questo bene si
preserva e si consegue, innanzitutto, con una generale politica di
riforme economiche e sociali — mai fatta sinora — che combatta le
cause che sconvolgono o che comunque possono turbare la serenità e
l'unità delle famiglie: quali la disoccupazione e l'emigrazione, la
crisi dell'agricoltura, la mancanza di abitazioni decorose per molti
lavoratori, le difficoltà sempre più gravi del bilancio familiare,
l'insufficienza delle pensioni minime per i vecchi lavoratori, la
carenza di asili nido e di scuole materne, la grave situazione in cui
è stato ridotto tutto il sistema scolastico italiano; e la
diffusione di un costume e di modelli di vita ispirati all'egoismo,
alla violenza, al conformismo, all'ipocrisia.
Che cosa c'entra con
tutto questo la legge sul divorzio?
Non è tale legge che
rompe le famiglie, essa è stata fatta solo per tenere conto del
fatto che, purtroppo, alcuni matrimoni possono fallire. Chi si trova
in questa condizione va punito o va aiutato? Ebbene, la legge si
propone di aiutarlo, si propone cioè di rimediare agli inconvenienti
economici, giuridici e morali di un'unione coniugale che da tempo è
fallita, «che non può essere più mantenuta né ricostituita».
Prima questo rimedio non
c'era.
Ora il rimedio c'è, la
legge c'è ed è una legge seria e severa. “E teniamocela, dunque,
no?” come ha detto Eduardo De Filippo. E, se sarà così, nulla
vieta che essa si possa poi ancora perfezionare.
Perché privarci di
questo diritto civile?
Ricordiamoci sempre che
quando viene negato o compresso un qualsiasi diritto di libertà,
quando si compie un atto d'intolleranza e di sopraffazione, si apre
la strada ad altre prepotenze, ad insidie e minacce contro altri
diritti civili, contro altre libertà: diritti e libertà sindacali,
di pensiero, d'informazione, di stampa, di associazione; e crescono i
pericoli per l'insieme delle nostre istituzioni.
Ecco dunque i motivi per
i quali anche il Partito comunista invita i suoi iscritti ed
elettori, invita i lavoratori e i cittadini di ogni ceto sociale e di
ogni fede politica e religiosa, tutti gli italiani che amano la
libertà a votare «NO» il 12 e 13 maggio.
"l'Unità", 11 maggio 1974
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