19.6.14

Confusioni ideologiche. Soral e la Francia rosso-bruna (Evelyne Pieiller)

L'articolo, che riprendo da un numero dell'anno scorso di “Le Monde diplomatique”, raccontando del grande successo di un sito e del suo creatore, contribuisce non poco a spiegare la base ideologica del grande successo lepenista alle elezioni europee, che dal provinciale dibattito politico italiano è stato stoltamente archiviato. Credo che sia il caso di aprire una riflessione collettiva a sinistra, perché – oltre tutto – molto del materiale ideologico e propagandistico di questo Soral si ritrova nella nostra umile Italia e diffuso nei luoghi più vari e impensati, nella residua sinistra o nella destra leghista, nel grillismo o in un renzismo sempre più nazionalista. (S.L.L.)

Tutti insieme accolgono i visitatori. Sulla sinistra dello schermo, Hugo Chávez, Ernesto Guevara, Muammar Gheddafi, Patrice Lumumba, Thomas Sankara, Mahmud Ahmadinejad, Fidel Castro, Vladimir Putin. Sulla destra, Giovanna d’Arco e il creatore di questi incontri del terzo tipo: Alain Soral. Su uno sfondo nero i personaggi inquadrano il nome del sito internet, Egalité & Réconciliation (E&R, Eguaglianza e riconciliazione) e il suo motto: «Sinistra del lavoro e destra dei valori». Un sito che è duecentosessantanovesimo nell’elenco Alexa (ritenuto affidabile) dei siti francesi in funzione del traffico generato. Per un confronto, quello di Télérama si piazza duecentosessantesimo…
Guevara e Putin? Chávez e la «destra dei valori»? C’è confusione nei punti di riferimento, nell’atmosfera politica d’oggi. O, per dirlo in altro modo, c’è confusione ideologica. Il grande interrogativo è: chi è chi. E che cosa significa essere di destra o di sinistra? Alla scuola estiva del padronato, il Mouvement des entreprises de France (Medef, Movimento delle imprese di Francia) applaude calorosamente il ministro dell’economia e delle finanze, Pierre Moscovici, quando afferma: «Dobbiamo combattere insieme». Alain de Benoist, cofondatore del Groupement de recherche et études pour la civilisation européenne (Grece, Gruppo di ricerca e studi per la civiltà europea), animatore di quella che era chiamata la «Nouvelle droite» (Nuova destra), si dichiara favorevole alla nazionalizzazione delle banche, alla creazione di un sistema di credito socializzato, al rifiuto di pagare il debito, e si fa forte degli intellettuali progressisti Emmanuel Todd e Perry Anderson, come degli Economistes atterrés (Economisti costernati). Il Front national (Fn, Fronte nazionale) difende il protezionismo, insieme a una parte della sinistra radicale, e parla, come il Front de gauche (Fg, Fronte di sinistra), di «sovranità popolare». Dunque, quando dei militanti sindacalisti collocati a sinistra, quando una comunista, nel 2012 candidata sotto il simbolo del Fg alle elezioni legislative a Marsiglia, scelgono di presentarsi con il Fn, è forse un atto di negligenza liquidare questi fatti come sporadici benché impressionanti.
Lo stesso vale per il fatto che alle legislative parziali nella seconda circoscrizione dell’Oise, e a quelle di Villeneuve-sur-Lot, una percentuale non trascurabile di voti socialisti sia andata al Fn. Tutto questo è indice di una confusione grave. Che cosa significa dunque quest’amalgama? Occorre forse cogliervi il mistero di un’oscillazione emotiva, come fa Jacques Julliard, su una base di «scetticismo rispetto al ceto politico, di sinistra e di destra», oppure la scelta di trascendere le differenze, perché gli «estremi» alla fin fine potrebbero toccarsi, in modo salutare? Subito definiti «transcorrente» e strumenti di resistenza al «sistema», i video mensili di Soral sul suo sito, la cui audience non è certamente sporadica in particolare presso i giovani (15 milioni di contatti per 382 video), permettono di comprendere la posta in gioco. Soral si rivolge, a titolo personale, ai cittadini di buona volontà che cercano di capire qualcosa in tutto questo «bordello» – espressione soraliana. In maglietta, disinvolto e concentrato, seduto sul divano, egli spiega la situazione: l’attualità, e il senso della storia. Trascorsi artistici: diversi film, un romanzo. Ma il suo passato dimostra anche coraggio intellettuale, con un percorso politico che corrisponde alle tentazioni di tanti spiriti inquieti. Dall’adesione al Partito comunista (di breve durata, pare) negli anni 1990 alla Lista antisionista fondata con l’umorista Dieudonné per le elezioni europee del 2009, passando per i due anni (2007-2009) al Fronte nazionale, egli si è mosso senza timore di paradossi e rotture. Ostenta il suo sarcasmo, come faceva l’avvocato Jacques Vergès, ai cui funerali il 20 agosto 2013 egli ha partecipato rendendogli omaggio, insieme all’ex ministro socialista Roland Dumas, all’ex ministro del governo Balladur Michel Roussin, e a Dieudonné… Adepto per di più di arti marziali (boxe francese e inglese), egli si presenta, con discrezione ma con fermezza, come la simbiosi fra un adolescente mai cresciuto – che continua a fare domande, che non è conformista nell’impegno (e anche nel disimpegno) - e un individuo pressoché medio, esposto alla solitudine eroica ma muscolosa di chi, senza partito, senza appoggi, contro tutti, cerca di vederci chiaro. Niente a che vedere con l’immagine di un intellettuale universitario o di un quadro politico. Questo facilita il saccheggio ideologico praticato da tanti internauti, in genere sprovvisti della formazione che in passato veniva offerta da partiti o sindacati e che strutturava la riflessione.
Il ragionamento si organizza intorno ad alcune emozioni e nozioni chiave: il senso di impotenza di fronte alla globalizzazione e alla perdita di autonomia di un paese sottoposto alle leggi europee; l’inquietudine davanti al regresso economico e sociale; il malessere rispetto ai valori di una modernità che si autoproclama progressista; la difficoltà di immaginare un futuro diverso. Sotto la tutela intrepidamente congiunta di una santa guerriera e di dirigenti politici non così attenti alla ricerca del consenso, Soral fa la sua analisi e offre le sue risposte.

L'ossessione della morale e della nazione
In primo luogo, occorre lottare contro il «globalismo», un «progetto ideologico che mira a instaurare un governo mondiale e di conseguenza a dissolvere le nazioni, con il pretesto della pace universale», il tutto passando per la «mercificazione integrale dell’umanità» (3). Questo mondialismo si traduce in un «dominio oligarchico», che si fa beffe della sovranità popolare e alimenta il mito dell’onnipotenza del mercato, «come se non si trattasse di politica, di rapporti di forza e di rapporti di classe» (video, gennaio 2013). L’attribuzione di diritti specifici alle «minoranze oppresse» viene dunque a sostituirsi alle conquiste sociali collettive, e porta a una balcanizzazione che rischia di scatenare la guerra civile; la testimonianza più evidente di questa deriva sarebbe la «lettura razziale dei rapporti sociali», «”autoctoni” contro “arabi”, tutti nella parte bassa della scala sociale, piuttosto che lavoro contro capitale», e che fa dei musulmani dei «capri espiatori». Riassumendo: il Nuovo ordine mondiale, altrimenti chiamato Impero, vuol far trionfare una democrazia formale, semplice «potere dei più ricchi» (video, maggio 2013), ancorata a un egualitarismo astratto che sostituisce «tematiche societali» alle questioni della «diseguaglianza sociale» e dello «sfruttamento di classe» (video, maggio-giugno 2013); e si giustifica brandendo i diritti umani. Soral propone dunque di «uscire dall’Unione europea, uscire dalla Nato [Organizzazione del trattato del nord Atlantico] e riprendere il controllo sulla nostra moneta (…) per restituire alla Francia la sovranità e alla democrazia un po’ di senso». Lottare contro l’«obsolescenza degli Stati di fronte all’economia globalizzata». E introdurre il protezionismo.
Evidentemente, questa lettura della situazione generale può essere condivisa da chi, come lui, vuole farla finita con l’«oligarchia della rendita sul lavoro umano». Soral può anche far credere di essere, non come egli sostiene «marxista» – bisognerebbe davvero essere molto distratti –, ma certo alla ricerca di una «sinistra autentica». Soprattutto se aggiungiamo che egli condanna la colonizzazione, «tradizione di sinistra dell’universalismo francese» e il neocolonialismo, insiste sul fatto che la «strumentalizzazione delle tensioni etnico-confessionali» serve a sviare la lotta di classe, auspica un mondo multipolare. Ma al tempo stesso, egli evoca ben poco i movimenti sociali, la socializzazione dei mezzi di produzione…, sembra piuttosto ispirato dalla denuncia dell’«alleanza fra la destra finanziaria e la sinistra libertaria», che élites e media legittimano…
In effetti la sua vera ossessione, più della giustizia sociale, è il salvataggio della Francia – «Voglio salvare la Francia, ecco» (video dell’autunno 2012, parte terza) – e quello che secondo lui essa rappresenta. In altri termini, la politica gli importa meno della morale, e la rivoluzione meno della nazione. La morale, per il senso che può dare alla vita personale; la nazione, per il senso che può dare alla vita collettiva. Se i rapporti di classe sono una tematica onnipresente nella sua proposta, lo studio degli stessi rimane debole. Infatti, l’essenza dell’analisi si fonda su una concezione dell’essere umano che il liberismo, diventato sinonimo di modernità, starebbe cercando di distruggere. Il nemico fondamentale è ciò che incita «al consumismo compulsivo e all’individualismo» (Carta di E&R), cioè «l’ideologia del mondo mercantile». Ben più dello sfruttamento, quello che va condannato nel neoliberismo è che «produce una società schiava delle sue pulsioni» (video, maggio 2013), determinando così un indebolimento del senso della collettività, e dunque della coscienza politica, sollecitando l’affermarsi dell’egoismo, dello spirito competitivo, della ricerca del piacere. Solo la nazione è «in grado di proteggere i popoli dai profitti cosmopoliti che non hanno patria né morale» e pervertono i valori che vanno oltre la mera soddisfazione personale. Il salto è brutale. Cosa indica qui il termine nazione? Evidentemente, per «proteggere i popoli», dovrebbe incarnare il rifiuto dell’egoismo e dei «profitti cosmopoliti». Il che da una parte presuppone che la nazione abbia un’essenza particolare, il genio proprio a una particolare cultura. E, d’altra parte, deve escludere il cosmopolitismo amorale.
Che slittamento. Dalla richiesta di sovranità, rispetto fra l’altro alle leggi sovrannazionali, si arriva a far ricorso a una nozione quasi mistica, la cui rivendicazione dovrebbe permettere di creare «un fronte del lavoro, patriottico e popolare, contro tutte le reti della finanza e dell’ultraliberismo globalizzato». «Comunità nazionale fraterna, cosciente della sua storia e della sua cultura», nella quale si ritrovano «quelli che vogliono una più giusta ripartizione del lavoro e delle ricchezze» e «quelli che vogliono conservare quel che c’era di buono, di misurato e umano nella tradizione», questa tradizione ellenico-cristiana che avrebbe portato a esigere una reale eguaglianza. Per sconfiggere il materialismo occorre, secondo Soral, ritrovare la forza spirituale che gli faceva da contrappeso in passato, e che era rappresentata tanto dalla religione che dal comunismo o dall’universalismo francese: il senso della fraternità, il rispetto di sé e dell’altro, la coscienza di essere un individuo che fa parte di un insieme. La nazione sarebbe dunque un’entità per sua natura anticapitalista, dalla quale vengono esclusi tutti gli agenti, coscienti o non, del neoliberismo: a sinistra, quelli per i quali la lotta si riduce all’«uguaglianza giuridica»; a destra, quelli che «vogliono conservare i loro privilegi». Quel che importa è la possibilità di unirsi nella condivisione di valori comuni, più grandi degli appetiti e delle caratteristiche individuali. Poco importa dunque la laicità, diventata «una religione, la più fanatica di tutte», poco importa l’origine del cittadino – i francesi musulmani integrati sono «un’opportunità per la Francia» al contrario di «questa nuova generazione di sbandati, usciti dai ghetti dell’emarginazione (…) portatori di un’ideologia delinquente americano-liberista». Nemico della fraternità è tanto il comunitarista, in nome dell’eguaglianza «vittimista», quanto l’improduttivo, l’avido, il gaudente – l’individualista. I due gruppi dei «progressisti» e dei «reazionari» non sono dunque omogenei al loro interno.
È importante definire i veri protagonisti di una società non più alienata dalla rappresentazione del mondo neoliberista: il vero popolo, portatore dello spirito della nazione. Superando i falsi antagonismi, superando i clichés delle differenze, egli include la piccola borghesia che può essere molto vicina al proletariato, e il piccolo imprenditore che non ha le stesse pratiche del Medef. Tutti insieme, contadini, operai, piccoli imprenditori…potranno andare verso una «società mutualista di piccoli produttori cittadini», poiché, per ciascuno, «la responsabilità economica e sociale – dunque politica – deriva dalla proprietà dei mezzi di produzione». Soral non è lontano da Pierre-Joseph Proudhon, né da Pierre Poujade. Ma è molto lontano da Karl Marx.

Facilitare le deviazioni
Questa società «riconciliata», degna, potrebbe essere un obiettivo comune alla destra antiliberista e alla sinistra radicale. «C’è una destra morale che, a ben riflettere, è alleata della sinistra economica e sociale. E, all’opposto, una sinistra amorale che si è rivelata come la condizione ideologica della destra economica nella sua versione più recente e brutale». «Sinistra del lavoro, destra dei valori»: lo slogan di E&R rivela tutto il suo senso. La sinistra sociale integra il senso della trascendenza insito nei valori della nazione, e la lotta fra le classi viene abolita in una società diversificata e unita. Rimane da spiegare la vittoria del neoliberismo, e anche la sua presa ideologica sulla sinistra amorale. Semplice: il colpevole è il complotto statunitense-sionista. Se la democrazia è fittizia, se le tesi a favore del neoliberismo si diffondono con tanta forza, se l’opposizione è così spesso indebolita, è perché reti occulte hanno infiltrato l’insieme degli organi decisionali dell’…Impero, neutralizzando o corrompendo l’azione politica: dalle cene del Siècle alle «nuove massonerie per l’iperclasse costituita dai think tank, stile Bilderberg o Trilaterale», l’oligarchia prepara le proprie manovre e plasma l’opinione pubblica, mentre, di complotto in complotto, crea la minaccia terrorista con le Twin Towers o la guerra civile in Siria. Il che giustifica il sostegno di Soral all’«islam della resistenza» e ai suoi alleati che, da soli, si opporrebbero al dominio mondiale di questa casta…
Al centro delle cospirazioni si troverebbero, legati all’America rapace, gli «Ebrei», se non erranti, almeno per loro natura estranei al concetto di nazione, e in più portati all’accumulazione di capitale. Il sistema bancario è in mano agli ebrei, la stampa è in mano agli ebrei, i distruttori dell’unità nazionale sono ebrei…nei loro confronti Soral prova un odio positivamente affascinato. Li vede ovunque. Evidentemente, preferisce parlare di antisionismo o di opposizione alla politica dello Stato di Israele. Ma il suo è proprio antisemitismo, non l’espressione di un sostegno al popolo palestinese o un gusto marcato per la provocazione ritenuta liberatrice. E’ per ardente convinzione che la sua casa editrice, Kontre Kulture, riedita classici dell’antisemitismo (Edouard Drumont, La France juive, ecc.). Nessuna ambiguità.
Ma questa mania sfrenata non basta a screditarlo presso i seguaci. Le teorie del complotto, con massoni, giudei, Illuminati e altri, sono legate al diffuso sentimento di impotenza, che nemmeno gli altrettanto diffusi attacchi contro le élite e le oligarchie riescono ad attenuare. E indubbiamente, c’è anche il fatto che, talvolta, ci sono accordi tenuti segreti (tanto per fare un esempio, si pensi ai rapporti fra gli Stati Uniti e alcuni elementi del padronato cileno nella preparazione del colpo di Stato che rovesciò il presidente Salvador Allende). Tuttavia dobbiamo chiederci se questo genere di riflessioni, che vuole essere prima di tutto morale, non porti piuttosto spesso a un populismo «rossobruno» ben poco anticapitalista ma dai forti accenti xenofobi, se non fascisti. Se guardiamo alla storia, la risposta è sì. Tuttavia, sarebbe superficiale ritenere che gli habitués di Soral siano tutti fascistoidi. E altrettanto superficiale sarebbe non prestare attenzione a quello che, nel suo discorso, crea equivoci, facilita le deviazioni. È intorno al parallelismo stabilito fra i valori societali e le questioni sociali, e al ritorno alla nazione, che si giocano gli sviluppi e le conseguenze essenziali: la visione apparentemente coerente dei danni che la modernità liberista produce alla società e alle persone libera gli internauti dal loro stesso sospetto di essere tristi reazionari, al tempo stesso confortandoli nel sentimento di appartenenza a una minoranza finalmente consapevole. È dunque forse interessante, per la sinistra determinata a creare le condizioni per una vera giustizia sociale, ricordare che niente nelle sue proposte e obiettivi può richiamare proposte e obiettivi della destra estrema. E a questo scopo, occorrerebbe precisare meglio l’analisi di tali questioni, a costo di creare conflitti nel proprio campo.


“le monde diplomatique” edizione italiana a cura de “il manifesto”, ottobre 2013

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