17.8.14

Storia di un maresciallo dei carabinieri. A Palermo (Isa Ferraguti, Laura Caputo)

Nel sito di “Noi donne”, inserito nella rubrica “dalla rete” da Laura Caputo, e firmato Isa Ferraguti e Laura Caputo, ho trovato questo inquietante articolo. Non sono in grado di controllare l'esattezza della storia, che tuttavia, nelle sue linee generali, mi pare assolutamente credibile. La rete si presta alle correzioni e alle integrazioni di chi ne sa di più e di chi ha la voglia e la possibilità di verificare e approfondire. (S.L.L.)

Da ormai otto anni, il Maresciallo Saverio Masi è il caposcorta del magistrato più a rischio d'Italia: Nino Di Matteo.
Era all'investigativa, fino ad allora. Ed aveva perfino posto domande imbarazzanti e suggerito attività atte alla cattura di Provenzano e di Messina Denaro. Gli avevano intimato di farsi i fatti suoi e poi, visto che proprio non capiva, lo hanno incastrato.
Ora spiego. Chi, come me, ha frequentato la catturandi saprà di sicuro che le auto in dotazione per gli appostamenti sono pochissime e tutte perfettamente conosciute, perché – come dice il vecchio proverbio – "cura più il ladro del padrone". Che fanno di solito allora? Utilizzano la propria auto, quella del fratello, dello zio, dell'amico. Danno poche spiegazioni e cercano di non prendere multe, quando ci riescono. Quando invece la sanzione arriva, vanno dal comandante e si fanno firmare due righe per il Ministero, dove si dichiara che, sì, quell'auto è privata, ma che è stata utilizzata per scopi investigativi. La multa viene annullata e la cosa finisce lì. Spesso il comandante è assente, allora firmano con il proprio nome, premettendo la dicitura "A.P.S." (Assente Per Servizio).
Insomma, normale procedura. Si fa, in modo similare, nel mondo intero. Nel Pubblico e nel privato, per mille ragioni. Salvo se la vicenda riguarda il Maresciallo Saverio Masi, quello duro a capire che quegli appostamenti è meglio non farli. Così, Masi si avvia alla Procura per testimoniare circa certi comportamenti non precisamente corretti, che paiono suggerire un disinteresse totale alla cattura di latitanti, ma che paiono diventare addirittura ostacolo attivo quando si tratta degli illustri capi mafiosi sunnominati. Allora ecco che il suo comandante si accorge che – orrore! - l'uomo che rischia la pelle tutti i giorni nell'interesse di questo paese ha firmato in vece sua, premettendo il solito "A.P.S.", la richiesta di annullamento di una multa di 106 Euro!
Masi è stato fulmineamente condannato in primo e in secondo grado per una serie di reati collegati alla detta firma e che farebbero arrossire Totò Riina: le sentenze non si discutono. E allora? La Cassazione è chiamata a pronunciarsi il 30 ottobre di quest'anno. Questo è lavoro per l'avv. Carta, difensore capace e testardo. Masi, che ha dedicato la sua vita all'Arma, potrebbe essere allontanato se la condanna a sei mesi di carcere, pena sospesa, fosse confermata.
E noi? Noi siamo chiamati a domandarci se, per caso, in questa faccenda c'è qualcosa che non va. Se la giustizia è davvero uguale per tutti (basti pensare al generale Ganzer). Se davvero siamo d'accordo per rinunciare a un servitore capace e onesto, come se ce ne fossero a migliaia.
E poi, scusate, ma mi sorge spontanea un'ulteriore domanda: se dubitiamo che il Maresciallo Masi sia quel carabiniere corrotto che lucra 106 euro per interesse personale, come abbiamo permesso che tutelasse per otto anni Nino Di Matteo, il magistrato più a rischio d'Italia?

Noi donne on line, 5 agosto 2014


1 commento:

  1. buongiorno, sono Laura Caputo.
    La sen. Isa Ferraguti, pres. della CE Libera Stampa che edita NoiDonne, ha controfirmato perché conosce e stima Masi, a garanzia della veridicità dello scritto.
    Rimango a disposizione di chiunque voglia saperne di più e magari decida in seguito di intervenire alle numerose iniziative che, spontanee, sono nate a sostegno.

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