Nel sito di “Noi
donne”, inserito nella rubrica “dalla rete” da Laura Caputo, e
firmato Isa Ferraguti e Laura Caputo, ho trovato questo inquietante
articolo. Non sono in grado di controllare l'esattezza della storia,
che tuttavia, nelle sue linee generali, mi pare assolutamente
credibile. La rete si presta alle correzioni e alle integrazioni di
chi ne sa di più e di chi ha la voglia e la possibilità di
verificare e approfondire. (S.L.L.)
Da ormai otto anni, il
Maresciallo Saverio Masi è il caposcorta del magistrato più a
rischio d'Italia: Nino Di Matteo.
Era all'investigativa,
fino ad allora. Ed aveva perfino posto domande imbarazzanti e
suggerito attività atte alla cattura di Provenzano e di Messina
Denaro. Gli avevano intimato di farsi i fatti suoi e poi, visto che
proprio non capiva, lo hanno incastrato.
Ora spiego. Chi, come me,
ha frequentato la catturandi saprà di sicuro che le auto in
dotazione per gli appostamenti sono pochissime e tutte perfettamente
conosciute, perché – come dice il vecchio proverbio – "cura
più il ladro del padrone". Che fanno di solito allora?
Utilizzano la propria auto, quella del fratello, dello zio,
dell'amico. Danno poche spiegazioni e cercano di non prendere multe,
quando ci riescono. Quando invece la sanzione arriva, vanno dal
comandante e si fanno firmare due righe per il Ministero, dove si
dichiara che, sì, quell'auto è privata, ma che è stata utilizzata
per scopi investigativi. La multa viene annullata e la cosa finisce
lì. Spesso il comandante è assente, allora firmano con il proprio
nome, premettendo la dicitura "A.P.S." (Assente Per
Servizio).
Insomma, normale
procedura. Si fa, in modo similare, nel mondo intero. Nel Pubblico e
nel privato, per mille ragioni. Salvo se la vicenda riguarda il
Maresciallo Saverio Masi, quello duro a capire che quegli
appostamenti è meglio non farli. Così, Masi si avvia alla Procura
per testimoniare circa certi comportamenti non precisamente corretti,
che paiono suggerire un disinteresse totale alla cattura di
latitanti, ma che paiono diventare addirittura ostacolo attivo quando
si tratta degli illustri capi mafiosi sunnominati. Allora ecco che il
suo comandante si accorge che – orrore! - l'uomo che rischia la
pelle tutti i giorni nell'interesse di questo paese ha firmato in
vece sua, premettendo il solito "A.P.S.", la richiesta di
annullamento di una multa di 106 Euro!
Masi è stato
fulmineamente condannato in primo e in secondo grado per una serie di
reati collegati alla detta firma e che farebbero arrossire Totò
Riina: le sentenze non si discutono. E allora? La Cassazione è
chiamata a pronunciarsi il 30 ottobre di quest'anno. Questo è lavoro
per l'avv. Carta, difensore capace e testardo. Masi, che ha dedicato
la sua vita all'Arma, potrebbe essere allontanato se la condanna a
sei mesi di carcere, pena sospesa, fosse confermata.
E noi? Noi siamo chiamati
a domandarci se, per caso, in questa faccenda c'è qualcosa che non
va. Se la giustizia è davvero uguale per tutti (basti pensare al
generale Ganzer). Se davvero siamo d'accordo per rinunciare a un
servitore capace e onesto, come se ce ne fossero a migliaia.
E poi, scusate, ma mi
sorge spontanea un'ulteriore domanda: se dubitiamo che il Maresciallo
Masi sia quel carabiniere corrotto che lucra 106 euro per interesse
personale, come abbiamo permesso che tutelasse per otto anni Nino Di
Matteo, il magistrato più a rischio d'Italia?
Noi donne on line, 5 agosto 2014
buongiorno, sono Laura Caputo.
RispondiEliminaLa sen. Isa Ferraguti, pres. della CE Libera Stampa che edita NoiDonne, ha controfirmato perché conosce e stima Masi, a garanzia della veridicità dello scritto.
Rimango a disposizione di chiunque voglia saperne di più e magari decida in seguito di intervenire alle numerose iniziative che, spontanee, sono nate a sostegno.