Il centro "La Terra dei bambini" prima dell'intervento israeliano |
Era la scuola più bella
del mondo perché era tre volte neutrale. In primo luogo perché non
c'è architettura più bella di una scuola, quindi perché beduina, e
infine perché era una scuola italiana. Quando questo testo è stato
scritto non c'erano ancora fotografie delle macerie, ma a quanto
risulta all'architetto Mario Cucinella e a Massimo Annibale Rossi,
presidente della Ong Vento di terra, il centro per l'infanzia di Um
al Nasser è stato demolito pochi giorni or sono in seguito
all'invasione di terra dell'esercito israeliano nell'ambito
dell'operazione Margine di protezione.
La sera del 17 luglio scorso i militari hanno intimato agli abitanti del villaggio, circa 5
mila, di spostarsi verso sud immediatamente e l'indomani le ruspe
hanno fatto il resto. Il fatto è che il centro Terra dei bambini,
comprendente una scuola per oltre cento alunni più un ambulatorio
pediatrico, una mensa e altri spazi comunitari, costruita secondo un
progetto dello studio milanese ArCò e di quello bolognese di
Cucinella, Mca, era diventato il principale centro di aggregazione di
tutto il villaggio beduino che si trova a solo un miglio di distanza
dal muro di confine, vicino a Erez.
Attività educative nella scuola di Um al Nasser |
Si tratta di una
minoranza nella minoranza, non integrata perché i beduini sono di
origine nomade benché ormai stabilizzati in piccoli insediamenti
poverissimi a Gaza, in Cisgiordania e anche all'interno di Israele,
per esempio nei pressi di Be'er Sheva. Il Ministero degli Esteri e la
cooperazione internazionale, attraverso l'Ong di Rossi, avevano
provveduto a un finanziamento di circa 170 mila euro - quattro soldi
se pensiamo ai costi di costruzione di una scuola analoga in Italia -
producendo un edificio a corte realizzato in materiali locali come
sacchi di sabbia, finiture in terra cruda, visto che a Gaza
scarseggia persino il cemento armato, e senza vetri per meglio
resistere a eventuali bombardamenti nei paraggi come avvenuto per
esempio l'anno scorso. Le tecnologie usate erano semplici come quelle
per la raccolta dell'acqua piovana e i pannelli fotovoltaici che
ormai sono più che ordinari, tutto realizzato tra il 2012 e il 2013
con l'aiuto dei genitori dei bambini che in molti casi hanno lavorato
come manovali.
«La Terra dei bambini
era un progetto a tutto tondo, nel senso che abbiamo svolto insieme
agli architetti tutte le tre fasi di ricerca sul campo, progettazione
partecipata e realizzazione, costruendo un'oasi di pace per i
bambini» spiega Rossi prima di partire per Israele, dove spera di
riprendere i contatti con il suo staff locale che fortunatamente non
ha subito vittime.
Secondo Cucinella invece
questa demolizione è dura da sopportare soprattutto perché «è
attraverso una progettazione attenta come in questo caso che non solo
realizzi una scuola, ma dai un valore di responsabilità al nostro
mestiere. Oggi ho un senso di profonda impotenza, quello che mi
strazia non sono tanto i bambini che vivono in condizioni di estrema
povertà, e però sono uguali ai miei, ma anche il fatto che ogni
scuola qui diventa per forza un centro di aggregazione sociale.
Perché dove manca tutto come a Gaza le scuole diventano spesso gli
unici luoghi di civiltà. Non a caso tutti i bambini sfollati sono
ammassati ora in quelle rimaste, specie in quelle costruite sotto
l'egida delle Nazioni Unite, che non possono essere attaccate».
Giochi a scuola |
Cucinella, che sta
costruendo un'altra scuola vicino a Rafah, sottolinea come oltre alle
architetture, gli architetti e attivisti italiani abbiano portato in
Palestina soprattutto conoscenza. L'architetto infatti - che si è
laureato con Giancarlo De Carlo (massimo teorico di progettazione
partecipata) e ha lavorato a lungo con Renzo Piano a Parigi - da anni
porta avanti una linea di ricerca legata alla filosofia
dell'architettura sostenibile, che cerca cioè di costruire non
contro ma insieme alla natura, per esempio aumentando le forme di
difesa dal sole e di aerazione naturale degli edifici o di riciclo
delle acque piovane e reflue, principi che spesso faticano a essere
applicati dagli uffici tecnici di Gaza e Ramallah. Ma anche a
Gerusalemme come altrove, perché troppo spesso i tecnici sono legati
a schemi mentali del passato.
«In fondo tutta la
cultura materiale dell'area mediorientale e mesopotamica ha
sviluppato un'architettura legata alla necessità di doversi adattare
a uno dei climi più difficili, sia gli arabi sia gli israeliani
hanno in comune questa specialità» spiega Cucinelli. «Basti
pensare a come gli arabi, tanto per fare un esempio, hanno creato il
sistema dei pozzi e della rete idrica in Sicilia tuttora esistente, o
come gli israeliani, per farne un altro, siano riusciti a rendere
fertile persino il deserto - anche a livello ideologico se è vero
che la fattoria del fondatore Ben Gurion si trovava appunto nel
deserto del Negev, a pochi chilometri da Gaza».
Architetto, in questo
paesaggio arido e popolato da morti e rovine, se non possiamo fare
previsioni, possiamo pensare non dico a una soluzione, ma almeno a
una via di fuga? «Due anni fa sono stato invitato da una fondazione
culturale a Gerusalemme per tenere una lezione sull'architettura
sostenibile, l'Istituto Van Leer. Risposi che avrei voluto parlare
della scuola di Um al Nasser, altrimenti avrei declinato l'invito.
Non solo la fondazione, di stampo umanistico, accettò, ma nella
platea assai gremita e con mio grande stupore trovai oltre a
intellettuali e professori anche altre personalità, tutte molto
interessate al dialogo con i palestinesi se non pacifisti veri e
propri. Dopo la conferenza ho avuto modo di parlare con un ex
ministro, Shlomo Ben-Ami, che mi ha colpito molto facendomi notare
che la politica nonostante gli accordi di Oslo e i vari negoziati di
pace successivi non è riuscita a trovare una soluzione perché ormai
è delegittimata. E che allora forse l'unico modo è quello di
costruire delle scuole, che non si notano ma vivono grazie a
un'azione quotidiana, e per questo possono essere forse gli unici
baluardi silenziosi di una convivenza futura e pacifica». Almeno
fino a quando non vengono abbattute come si abbattono i nemici.
“pagina99we”, 26
luglio 2014
La scuola distrutta |
Aggiornamento
Forse val la pena aggiornare le notizie rispetto al 17 luglio, quando
il villaggio beduino di Um al Nasser, sede della scuola d'infanzia,
venne fatto sgombrare dagli israeliani. Le riprendo dal sito dell'Ong
“Vento di Terra”, che si occupava della scuola.
Già il 20 luglio, alle prime notizie della distruzione della scuola
la Ong, tramite il suo presidente, chiese al governo di intervenire
presso Israele per chiedere ragione della distruzione di una
struttura costruita con il contributo dello Stato italiano:
Um al Nasser,
Striscia di Gaza, 20 luglio
La
fanteria e i blindati israeliani hanno occupato il villaggio di Um Al
Nasser nella notte del 17 luglio, obbligando l’intera comunità a
lasciare le case. Una lunga fila di civili, in prevalenza a piedi, si
è diretta sotto un intenso bombardamento verso il campo profughi di
Jabalia. Sono ora ospitati principalmente nelle scuole dell’UNRWA:
mancano medicinali, cibo, generi di prima necessità e acqua
potabile.
Questa
mattina ci è stata confermata la notizia che l’esercito israeliano
ha raso al suolo “La Terra dei Bambini”, struttura finanziata
dalla Cooperazione italiana e visitata lo scorso 17 gennaio dalla
Presidente della Camera Laura Boldrini. Il centro per l’infanzia
ospitava un asilo con 130 bambini e un ambulatorio pediatrico. Oltre
al Centro per l’infanzia, che rappresentava un modello di
eccellenza in termini di architettura bio climatica e di metodologia
educativa, è stata demolita la nuova mensa comunitaria, inaugurata
solo due mesi fa, che forniva pasti ai bambini e alle famiglie povere
del villaggio.
Vento
di Terra ONG gestisce il progetto dal suo avvio nel 2011, ed è
testimone del fatto non sia mai stata utilizzata per scopi militari e
non sia avvenuto alcun contatto tra lo staff e le milizie armate
islamiste. La “Terra dei bambini” rappresentava un’oasi a
difesa dei diritti dell’infanzia, che l’esercito israeliano,
messo al corrente di tutte le fasi del progetto, ha deciso senza
alcuna giustificazione di demolire. Un’esperienza unica, in un
panorama caratterizzato da decenni di conflitto, occupazione e
devastazione è stata messa cinicamente a tacere.
Vento
di Terra Ong richiede al Ministero degli Esteri Italiano e alla
Unione Europea, alla Conferenza Episcopale Italiana, principali
finanziatori del progetto, di realizzare gli opportuni passi verso il
Governo Israeliano perché renda conto di un’azione gravissima che
coinvolge, oltre la comunità locale, direttamente il Ministero
stesso, l’Unione Europea e la Cooperazione Italiana, che il
progetto hanno finanziato e sostenuto in questi anni. (Massimo
Annibale Rossi, Presidente di Vento di Terra Ong)
Nel sito si trovano testimonianze sulle modalità e gli effetti
dell'intervento israeliano nel villaggio. Questa per esempio.
03/08/2014
Questa
notte l’esercito israeliano si è ritirato dal villaggio di Um Al
Nasser. Gli abitanti hanno cominciato a rientrare, ma parte delle
case sono state demolite. Il sindaco Abu Tarek ci conferma che i
danni sono ingentissimi: edifici pubblici, acquedotto, elettricità,
strade. Fortunatamente non si ha ad ora notizia di vittime nella
comunità. Il municipio è tra gli edifici pubblici risparmiati, e da
lì s’intendono coordinare i servizi di assistenza. La priorità è
cibo e acqua. Tra le case demolite, risulta anche quella della
famiglia del sindaco, posta nell’erea centrale. Appare che le
demolizioni siano avvenute in maniera mirata, utilizzando delle ruspe
blindate. Un problema gravissimo è ora costituito dagli sciacalli
che, approfittando dell’assenza dei proprietari, e del vuoto di
potere, depredano le case. E’ la ragione che ha spinto la
maggioranza degli abitanti del villaggio a tornare non appena giunta
la notizia del ritiro, nonostante la zona sia ancora pericolosa. Non
esiste più polizia, servizi e il Ministero dell’interno è stato
distrutto. Gli ospedali sono al collasso. Chi possiede un’arma può
usarla a piacimento, quindi, sostiene il sindaco, il pericolo per i
civili è in queste ore massimo.
Ecco infine la testimonianza più recente di Rossi, presidente
dell'Ong responsabile del progetto, che è andato a visitare la "Terra dei Bambini" subito dopo l'annuncio della tregua, cui segue il link del video da
lui girato.
30 agosto 2014 –
Um al Nasser, Gaza Strip
Sì,
l’asilo è un mucchio di macerie. S’intravedono i nostri preziosi
libri, i giochi didattici, il guscio di un laptop con l’insegna
Vento di Terra. C’è molto di noi in questi rottami e se ti
soffermi troppo ti giunge come uno schiaffo la voce della memoria, il
giorno dell’inaugurazione, la mia inutile lagnanza allo staff
perchè i bambù della fitodepurazione erano troppo radi… Ora al
posto della grande cisterna c’è un cratere, perchè dopo
l’accurato lavoro di spianatura con i bulldozer, l’esercito
israeliano ha ritenuto centrare quello che un tempo era il cortile
con un razzo da un F35… I frammenti hanno colpito le case vicine e
ferito un bimbo che un tempo frequentava l’asilo, Mahmud di 6 anni.
Ci aggiriamo sgomenti cercando di fissare nella mente gli archi in
legno e i tetti sagomati che tante volte avevamo accarezzato con lo
sguardo. Siamo qui con le maestre, molte delle quali non avevano
avuto sin ora il coraggio di tornare… Ci accompagnano i bimbi,
quegli stessi che per 3 anni avevano potuto sognare d’essere come
tutti gli altri. Anche noi avevamo sognato. Avevamo sognato che il
centro con la bandiera d’Italia e l’insegna della Unione Europea
li avrebbe difesi… Così non è stato…
I
bimbi ci accompagnano e raccolgono disegni, pagine strappate dei
nostri libri, i manifestini che pubblicizzano il nostro sportello
pediatrico. Lo sportello pediatrico: l’eccellenza della Terra dei
bambini, in funzione da appena un anno. Ci accompagna la
coordinatrice della mensa, della quale non pare essere rimasto nulla.
Ma
la guerra è passata con il suo carico di distruzione e morte e
bisogna pensare al futuro. Allo staff è molto piaciuto il nostro
slogan “la Terra dei bambini vive!!”, ma in questo momento non
sento di ripeterlo, suona falso. Ma è necessario rivolgere la mente
al futuro, evitare di farsi risucchiare nell’abisso della
rassegnazione. e queste donne, che mi ripetono “i palestinesi sono
un popolo forte”, lo sanno. Hanno deciso di riaprire l’asilo in
una sede provvisoria tra dieci giorni. Già le madri ci seguono per
iscrivere i figli; la comunità si muove, Giungono proposte e tante
richieste. Mille abitanti del villaggio sono ancora nella scuola
dell’Unrwa di Beit Hanoun. Sono quelli che hanno perso la casa. è
necessario organizzare un trasporto, perchè anche i loro bimbi hanno
diritto a frequentare. Non so come, ma ce la faremo… Giunge una
madre e ci chiede se apriremo. “Certo” risponde sicura F, la
nostra coordinatrice, “Hanno distrutto i muri, ma non il progetto…
Siamo ancora qui”.
Si, è vero: “La terra dei bambini vive!!” (Massimo
Annibale Rossi, presidente Vento di Terra)
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Sulla vicenda della scuola parlamentari di SEL e del M5S hanno presentato
interrogazioni chiedendo al ministro degli Esteri se e in che modo Israele abbia reso conto del proprio operato al governo italiano, interrogazioni a cui il governo si è ben
guardato dal rispondere. Una deputata grillista, Spadoni, ha tentato
di superare l'ostruzionismo del gabinetto Renzi, presentando, in occasione
del voto sul rifinanziamento delle missioni militari italiane, una
mozione che impegna l'esecutivo a chiedere un risarcimento ad Israele
per la scuola abbattuta. Il sottosegretario d'aula si è detto
disposto, a nome del governo, ad accogliere la mozione se la
proponente avesse sostituito nel testo “richiesta di risarcimento”
con “richiesta di informazioni”. Si può vedere nel link che
segue la sdegnata risposta di Spadoni. (S.L.L.)
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