Il
documentario che l'articolo qui postato recensisce è entrato come
dvd, con l'accompagnamento di un opuscolo, nel libro-cofanetto MM
Mafia Milano (Chiarelettere, 2012); ma pur essendo cambiati tre
governi non è andato né sulle reti Rai né sulla Sette (figurarsi le tv del Cav!). La denuncia peraltro, come appare da più recenti
emersioni, nulla ha perso della sua attualità. (S.L.L.)
La mafia a Milano non
esiste, è roba del sud, ne sono convinti i milanesi, sostenuti negli
anni in questa certezza dalla classe politica al governo della città.
MM Mafia Milano però ci dice il contrario. E lo fa in modo
capillare mostrando come non solo la mafia a Milano c’è, anzi è
bene radicata nel territorio, e occupa ogni possibile spazio che
produce ricchezza, ma si è ormai profondamente insinuata nel sistema
politico, generando una rete di relazioni in cui la distanza tra
classe dirigente e mafiosi è molto sfumata se non inesistente.
A firmare il film,
presentato in anteprima allo scorso Milano Film Festival, sono Gianni
Barbacetto, giornalista del “Fatto quotidiano” e autore del libro
Le mani sulla città, e Bruno Oliviero, filmmaker indipendente
(Piazza Municipio), con un occhio allenato a catturare i movimenti
segreti delle città.
Il film, prodotto da
Invisibile Film e da Chiarelettere, pensato all’inizio per la
distribuzione in dvd (con la stessa Chiarelettere), è arrivato
invece in sala a Milano (cinema Apollo) - rimarrà in programmazione
tutta la prossima settimana - dove sta andando bene a prova della
necessità di una diversa informazione.
Siamo certi infatti che
le attuali televisioni pubbliche oscurate dal controllo politico del
governo Berlusconi non lo manderanno mai in onda, la tendenza è
eliminare le voci critiche, figuriamoci un film che denuncia la
presenza mafiosa nell’edilizia a Milano...
A renderlo ancora più
scomodo è la precisione con cui i fatti vengono esposti, e
soprattutto provati: magistrati, economisti, sindacalisti, immagini
d’archivio, le informative della questura, le testimonianze di chi
come l’ex sindaco di centrosinistra di Buccinasco Maurizio
Carbonera, ha denunciato l’infiltrazione mafiosa nel territorio e
per questo gli hanno bruciato l’automobile, spedito per posta
proiettili, messo croci col suo nome... Il suo comune per fermare gli
appalti piantava alberi, ma lui non è stato rieletto: forse le
denunce rovinavano l’immagine del luogo?
Al processo Cerberus, di
cui vediamo lunghe sequenze i rapporti tra mafia e politica delineano
una rete ancora più stretta. Milano era la capitale morale oggi è
la capitale della ’ndrangheta dice la voce narrante. La rimozione
di questo lato oscuro è ostinata, tenace, perché la mafia siciliana
e poi calabrese, la ’ndrangheta, quella che ha prevalso nella
regione in un accordo «consensuale», si materializza già negli
anni Sessanta, con l’arrivo di Joe Adonis, al secolo Giuseppe
Antonio Doto, amico di Lucky Luciano, passa per il delitto Ambrosoli,
arriva al sequestro di Alessandra Sgarella, nel 98, tenuta
prigioniera proprio a Buccinasco. In passato c’è il business della
droga, ci sono i sequestri, infine quando la mafia decide di non
attirare più l’attenzione si concentra sull’edilizia. «Il vero
sindaco della città è Ligresti». Il processo Cerberus mette a nudo
i rapporti tra costruttori e ’ndrangheta, nella zona appunto di
Buccinasco, che controlla cantieri, uomini, macchinari, e se qualcuno
si ribella non lavora. Il giro di affari è di miliardi. L’edilizia
serve per riciclare denaro sporco, è sicura, consolida i poteri,
come sappiamo.
Joseph Dioli è un
sindacalista, si oppone alla mafia denunciandone la presenza
all’ortomercato che vuol dire lavoro nero, sfruttamento, traffici
illegali coperti da altro. Lo minacciano, lo mandano all’ospedale,
gli bruciano la casa. Forse «la Piovra» non è solo una fiction tv
come diceva Pillitteri da sindaco di Milano. E in anni recenti
Letizia Moratti minimizza, anche se inchieste svelano la presenza dei
boss sotto al Duomo. Nessuno parla di Nicola Padulano selvaggiamente
picchiato dalla
mafia per essersi
ribellato. Di fronte alla resistenza a accettare questo, la presenza
si rafforza, la ’ndrangheta in vista dell’Expo 2015 ha bisogno
sempre più di appoggi politici. Il rischio, spiega Nando Dalla
Chiesa, è che questa necessità della mafia di avere dei propri
consiglieri comunali cambierà il rapporto del territorio con le
istituzioni e l’andamento elettorale.
O forse lo ha già
cambiato visto che i boss di Buccinasco convogliano voti al Pdl alle
ultime regionali e il consiglio comunale di Desio sciolto per
infiltrazione mafiosa ha uomini vicini a Formigoni. Man mano che si
vede il film ci si sente quasi soffocare in una trama che
dall’orizzonte in costruzione dei cantieri milanesi si allarga
all’Italia intera. Senza retorica e con lucidità siamomessi di
fronte a un sistema di corruzione gigantesco che è quello che
governa oggi il nostro paese. E in modo «cinematografico», dando
cioè alle immagini un loro valore forte nella costruzione di questo
prezioso documento, una cosa sempre più rara, almeno oggi, quando il
cinema si confronta con un soggetto importante.
“il manifesto”, 22
ottobre 2011
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