Antonio Gramsci a Cagliari commemora Giordano Bruno |
Uno dei motivi di grande
attualità del pensiero gramsciano va individuato nella battaglia
condotta dal grande pensatore sardo per un moderno laicismo. Nei
Quaderni del carcere (edizione a cura di Valentino Gerratana,
pp. 1867-1872) Gramsci scrive: «I Concordati intaccano in modo
essenziale il carattere di autonomia della sovranità dello Stato
moderno… cosa significa praticamente la situazione creata in uno
Stato dalle stipulazioni concordatarie? Significa il riconoscimento
pubblico a una casta di cittadini dello stesso Stato di determinati
privilegi politici. La forma non è più quella medioevale, ma la
sostanza è la stessa… Occorre tenere conto che una delle forze dei
cattolici consiste in ciò che essi si infischiano delle
“confutazioni perentorie” dei loro avversari non cattolici: la
tesi confutata essi la riprendono imperturbati e come se nulla fosse.
Il “disinteresse” intellettuale, la lealtà e onestà scientifica
essi non le capiscono o le capiscono come debolezza e dabbenaggine
degli altri. Essi contano sulla potenza della loro organizzazione
mondiale che si impone come fosse una prova di verità, e sul fatto
che la grande maggioranza della popolazione non è ancora “moderna”,
è ancora tolemaica come concezione del mondo e della scienza».
Benché fosse un critico
impietoso della tradizione liberale, Gramsci aveva perfettamente
compreso il carattere illiberale di qualunque Concordato con
qualunque Chiesa e, a maggior ragione, quando questa Chiesa ritiene
di rappresentare la maggioranza del popolo italiano. Naturalmente,
Gramsci scriveva queste considerazioni a caldo, dopo la firma dei
Patti Lateranensi conclusi dal Papato e dall’Italia fascista
(1929), e definiva l’elemento intrinsecamente autoritario (e non
solo il carattere storicamente contingente) di un Concordato. Sempre
nel passo citato, laddove lamenta che «la grande maggioranza della
popolazione non è ancora “moderna”», ma «è ancora tolemaica
come concezione del mondo e della scienza», Gramsci dimostra di aver
capito che la modernizzazione passa (e non può non passare)
attraverso la scienza. Così, è sufficiente sostituire a “tolemaico”
il termine “predarwiniano” e a “moderno” il termine
“darwiniano”, affinché il discorso gramsciano corrisponda
fedelmente alle vicende attuali.
D’altra parte, se è
vero che una certa laicizzazione è prevalsa nella ricerca in fisica,
in astronomia o in cosmologia, è altrettanto vero che appena si
parla di biologia e di conseguenze biotecnologiche delle conquiste
che da Darwin in poi ha compiuto questa scienza, che è ormai da
considerare come la scienza trainante nell’àmbito del sapere, ci
si rende conto che la maggioranza del nostro paese e molti politici,
che la rappresentano, sono ancora predarwiniani (e sorvoliamo sui
grotteschi tentativi di escludere dall’insegnamento scolastico
l’evoluzionismo darwiniano sostituendolo con le favole
creazionistiche).
Vale, dunque, la pena di
riproporre queste considerazioni di Gramsci non solo per la
concretezza che contraddistingueva questo grande ingegno, ma anche
perché il pensatore sardo non pensava minimamente a rispolverare il
vecchio anticlericalismo che aveva a lungo imperversato, insieme con
un certo positivismo italico, prima dei Patti Lateranensi. Un
anticlericalismo di stampo podrecchiano che aveva avuto fra i suoi
seguaci lo stesso Mussolini, noto per la dimostrazione pratica della
non esistenza di Dio, che egli forniva durante i suoi comizi
togliendosi l’orologio e dicendo: “Se Dio esiste, entro cinque
minuti mi deve fulminare”; naturalmente, i cinque minuti passavano
e Mussolini, illeso e vittorioso, poteva concludere: “Dio non
esiste”.
Gramsci ci insegna,
invece, che un “moderno laicismo” si incardina su due assi: una
netta separazione fra Chiesa e Stato (da cui consegue il rifiuto di
qualsiasi politica concordataria) e una riforma intellettuale e
morale della società che, negando ogni trascendenza, applichi (come
si legge a pagina 1378 dei «Quaderni») il principio secondo cui la
filosofia e la scienza costituiscono «la critica e il superamento
della religione e del senso comune e in tal senso coincidono con il
“buon senso”», ossia con una visione del mondo critica e
concreta, perciò non più tolemaica ma copernicana e, dunque,
autenticamente moderna.
dal sito “sotto le
bandiere del marxismo”, 23 febbraio 2009
Il personaggio nella foto non è Antonio Gramsci ma Guido Podrecca.
RispondiEliminaRingrazio l'Utente Gramsciano per l'attenzione e la segnalazione. La foto, con la didascalia, è tratta da una pubblicazione di "Rinascita" e de "l'Unità" per il 50° della morte di Gramsci, di cui posseggo una copia nella mia biblioteca di Sicilia. Mi è parsa somigliante l'immagine dell'oratore e credibile la didascalia; non ho avuto perciò motivo di dubitare, anche perché non ricordo fotografie di Podrecca. Farò un accurato e controllo e sostituirò subito, se sarà il caso, l'immagine. Se - al contrario - mi convincerò che si sbaglia Utente Gramsciano, indicherò con precisione la fonte dell'immagine e della didascalia non appena possibile.
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