Giovanni Giudici |
Tra le risposte alla
domanda sul significato della Rivoluzione d'Ottobre rivolta a molti
intellettuali italiani da “l'Unità”, nel 1967, in occasione del
cinquantenario, spicca questa, del poeta Giovanni Giudici. (S.L.L.)
Credo che il senso della
rivoluzione comunista d'Ottobre sia molto bene espresso nelle parole
che Pasternak fa pronunciare al suo Zivago: "Questa cosa mai
accaduta, questo prodigio della storia, questa rivelazione, si
manifesta nel fitto stesso della quotidianità che continua senza
alcun riguardo ad essa. Non fu cominciata dal principio, ma dalla
metà, senza una data scelta in anticipo, il primo giorno che capita,
in mezzo ai tram che scorrazzano per la città. Così inopportuno e
insieme tempestivo può essere solo ciò che è grande".
Vorrei a queste
aggiungere poche altre parole. La rivoluzione è l'uomo che porta
confidenza nell'uomo, è l'uomo che conquista il privilegio di essere
se stesso contro lo sfruttamento, l'oppressione, la rassegnazione, il
sospetto, la menzogna, la paura — anche, ed a maggior ragione,
laddove il rapporto capitalistico di produzione sia stato abolito.
Questa 'grazia
liberatrice' della rivoluzione è verificabile ancora oggi
nell'Unione Sovietica, dove nonostante gli orrori dello stalinismo,
nonostante tutto, l'Ottobre
1917 agisce tuttora, resiste come un respiro inestinguibile: a
differenza di quanto avviene in altri paesi socialisti, dove un
Ottobre come quello non c'è mai stato. Dovunque prevalgano reazione
o controrivoluzione, polizia o burocrazia, il futuro è della
rivoluzione: della verità.
La rivoluzione si
commemora facendola, continuandola, combattendo tutto ciò che è
controrivoluzionario, all'esterno della rivoluzione, all'interno
della rivoluzione, nella coscienza individuale, nel rapporto fra gli
individui. Ogni altra commemorazione è inutile amore del passato.
L'Unità, 5 Novembre 1967
Nessun commento:
Posta un commento