Italo Calvino |
Dal volume Collezione
di sabbia di Italo Calvino (editore Garzanti), presentiamo alcuni
stralci dal testo intitolato La colonna Traiana raccontata. Si
tratta del resoconto di una visita compiuta nel 1981 dallo scrittore,
in compagnia di Salvatore Settis, al famoso monumento romano.
Colonna Traiana - La resa dei Daci |
Il racconto comincia
rappresentando la situazione immediatamente precedente all'inizio
della campagna, quando i confini dell'Impero erano ancora sul
Danubio. La striscia narrativa s'apre (...) col paesaggio d'una città
romana fortificata sul fiume, le mura, la torre di guardia, i
dispositivi per le segnalazioni ottiche in caso d'incursione dei Daci
(...). Tutti elementi che devono creare un effetto d'allarme,
d'attesa, di perìcolo, come in un western di John Ford. Sono cosi
poste le premesse per la scena seguente: i Romani che attraversano il
Danubio su ponti di barche per attestarsi sull'altra sponda.
Il protagonista del
racconto è naturalmente l'imperatore Traiano in persona, raffigurato
sessanta volte in questi bassorilievi; si può dire che ogni episodio
è segnato dalla ricomparsa della sua immagine. Né l'aspetto fisico
né l'abito presentano segni distintivi; è la posizione in rapporto
agli altri che lo denota senz'ombra di dubbio. Se ci sono tre figure
togate, Traiano è quello in mezzo; (...) se c'è una fila di
persone, Traiano è il primo (...); egli si trova sempre nel punto in
cui convergono gli sguardi degli altri personaggi (...). Tutto è
molto preciso: i legionari sono contraddistinti dalla lorica
segmentata (una corazza a strisce orizzontali); mentre è un
giubbetto di cuoio quello che portano gli "auxilia",
dall'armamento più leggero. Poi ci sono i mercenari appartenenti a
popolazioni assoggettate, a torso nudo, armati di clava, con fattezze
che indicano la loro provenienza esotica.
Più incerta la
classificazione degli alberi, rappresentati in forma semplificata e
quasi ideogrammatica, ma raggruppabili in un ristretto numero di
specie ben distinte (...). Gli alberi sono l'elemento di paesaggio
che più ricorre; e spesso li si vedono cadere sotto le scuri dei
taglialegna romani: per fornire di travi le fortificazioni ma anche
per far posto alle strade: l'avanzata romana s'apre la via nella
foresta primigenia cosi come il racconto scolpito s'apre la via nel
blocco di marmo.
Anche le battaglie sono
ognuna diversa dall'altra, come nei grandi poemi epici. Lo scultore
le fissa sinteticamente nel momento in cui se ne decidono le sorti,
impaginandole secondo una sintassi visuale di netta evidenza e una
grande eleganza e nobiltà formale: i caduti in basso come un fregio
di corpi riversi sul bordo della striscia, il movimento delle schiere
che si scontrano, con i vincitori in posizione dominante, più in su
ancora l'Imperatore e, in cielo, un'apparizione divina.
La rotta dei Daci non è
scomposta, ma mantiene pur nell'affanno una dignità dolente; fuori
dalla mischia due soldati daci stanno trasportando un compagno ferito
o morto; è uno dei luoghi più belli della Colonna Traiana e forse
di tutta la scultura romana (...) Poco più sopra, tra gli alberi
d'un bosco, il re Decebalo contempla con tristezza la sconfitta dei
suoi. Nella scena seguente un romano con una torcia appicca
l'incendio a una città dei Daci. E' Traiano in persona che gli da
l'ordine, lì in piedi dietro a lui. Dalle finestre escono lingue di
fiamme (...) mentre i Daci si danno alla fuga. Già stiamo per
giudicare spietata la condotta di guerra romana, quando osservando
meglio vediamo sporgere dalle mura delle città dace dei pali con
infitte delle teste mozzate. Poi Traiano riceve un'ambasceria dei
nemici. Ma ora abbiamo imparato a distinguere tra i Daci quelli col
"pilleus" (berrettino tondo) che sono i nobili, e quelli
che portano scoperte le lunghe chiome, cioè la gente comune. Ebbene,
l'ambasceria è composta di teste chiomate; per questo Traiano non
l'accetta (il gesto con tre dita è un segno di rifiuto); certo egli
esige contatti a più alto livello (...).
Apparizione insolita, in
questa storia tutta maschile come tanti film di guerra, ecco una
giovane donna dall'aria desolata su una nave che s'allontana da un
porto. C'è folla che la saluta dal molo, e una donna protende un
bambino verso la partente, certo un fìglioletto da cui la madre è
costretta a separarsi. Le fonti storiche chiariscono il significato
della scena: costei è la sorella del re Decebalo, che viene mandata
a Roma come preda di guerra. La spirale gira e segue insieme lo
svolgersi della storia nel tempo e l'itinerario nello spazio, per cui
il racconto non ritorna mai negli stessi luoghi (...).
Dopo la battaglia finale
della prima campagna dacica, si vede Traiano ricevere la supplica dei
vinti, uno dei quali gli abbraccia i ginocchi. Anche re Decebalo è
tra i supplici, più discosto e dignitoso. Una Vittoria alata separa
la fine del racconto della prima campagna dall'inizio della seconda,
con Traiano che s'imbarca dal porto d'Ancona. Ma qui per ora
terminano le impalcature e non ho potuto vedere come va a finire.
Da un ritaglio da
“L'Espresso” senza data, ma 1988
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