8.12.14

“Cunsari la nuvena”. Divagazioni sul presepio (S.L.L.)

Presepio napoletano
Una amica e compagna insegnante, di spirito laico ma vicina al cattolicesimo progressista, prendendo spunto da qualche notizia sul Natale nelle scuole, è intervenuta su fb, difendendo con buone ragioni la laicità dell'insegnamento pubblico e, contemporaneamente, la tradizione natalizia del presepio anche nelle istituti d'istruzione, purché non si offendano altre fedi e convinzioni. E' un equilibrio difficile da conseguirsi con tanta gente che soffia sul fuoco, ma a cui si dovrebbe tendere, con esperienze concrete.
Mi ricordo insegnante, appena arrivato in Umbria. Usavo il Natale per rompere il ghiaccio con le classi nuove. Dopo aver spiegato che quella festa, che celebrava una nascita all'interno di una famiglia perseguitata, poteva essere considerata la festa degli affetti familiari anche dai non religiosi, mi producevo in un piccolo concerto. Senza accompagnamento cantavo due o tre ninnananne natalizie in siciliano. Dopo aver tradotto i passaggi poco comprensibili, riuscivo a far cantare il ritornello da tutti (“Dormiri vò / dormi, Bamminu, e fa la vovò”), il che mi riportava a momenti lieti dell'infanzia.
Da piccoli, intorno al presepio profumato dalle arance e dai mandarini che vi si appendevano sopra con uno spago, più colorati e augurali delle palle dell'albero (che palle!), per nove giorni recitavamo preghiere propiziatrici; concludevamo cantando proprio le nenie sicule dedicate al Bambinello. In uno di quei giorni passava per le strade del paese anche lu Ciaramiddaru, che aggiungeva festa alla festa, suonando per un po' la sua cornamusa in cambio di una modesta mancia. Era la Novena e nuvena era il nome con cui al mio paese si chiamava il presepe. Cunsari la nuvena significava “preparare il presepio” ed era attività di moltissimi (anche adulti) quand'ero bimbo e c'era il baby-boom: dai tetti spariva il muschio che si usava per rappresentare i cespugli e i pastori di cartapesta dallo zì Totò andavano a ruba, benché costassero anche 10 lire l'uno.
Mi considero ateo militante, lucrezianamente penso che la menzogna delle religioni è generalmente dannosa e che, anche quando - per un qualche equivoco - su di essa si edifica qualcosa di buono, tutto è reso assai fragile dall'assurdità delle credenze e delle pratiche rituali. Penso, come Leopardi, che fratellanza, giustizia, compassione tra gli uomini debbano trovare un fondamento diverso dalle “superbe fole” delle religioni e pertanto, tutte le volte che posso, per amore dell'umanità, tento di convincere i creduloni ad abbandonare la loro fede, anche con l'irrisione dell'ostia trasformata in carne umana e dei miracoli su ordinazione a Lourdes o a San Giovanni Rotondo. Ai miei figli piccoli spiegavo che quella del Natale, anche se tanti la credevano vera, era una favola come Pollicino o Biancaneve e che veniva diffusa dai preti ché anche loro devono campare. E tuttavia, come un bel gioco, facevo preparare il presepio, impegnandomi anch'io nell'impresa.
Neanch'io, insomma, vorrei che si abbandonasse quella tradizione, neppure nelle scuole, ma vorrei che si riflettesse sulle implicazioni attuali. Lasciamo da parte il bambino leggendario. Fino a quando le minoranze religiose in Italia erano soprattutto ebrei e valdesi e il tema della laicità della scuola era tipico di liberali e laicisti, il problema non si poneva: tradizione e leggenda venivano rispettati senza tanti problemi. Anche sul crocifisso, che nelle maggior parte delle aule nel primo Novecento non c'era e venne imposto dai fascisti con una circolare del 1925, i laici italiani non facevano storie.
Ma per i musulmani, che in Italia sono diventati tanti, non è così. Sono esigenti quasi quanto i cristiani di Spagna al tempo dell'Inquisizione: le tradizioni sul Natale a scuola non le vogliono, le considerano un'offesa alla verità e alla fede e giudicano blasfema, quasi sacrilega, l'idea di un Dio che s'incarna. Non vogliono sentir parlare di reciprocità, come pretendono certi vescovi. La loro - pensano - è l'unica religione vera, perciò si comportano come pretendeva Pio IX con il Sillabo (naturalmente all'inverso): dagli Stati laici con popolazione cristiana pretendono la laicità, ma nelle scuole degli stati a maggioranza musulmana vogliono solo Corano e islamismo. Non intendono tolleranza: Dio lo vuole (o Allah, come lo chiamano loro). Insomma, il presepe a scuola li manda in bestia.
Che cosa si possa fare non so. Di sicuro bisognerebbe lasciare spazio, come argomento di conoscenza, al Natale e darne un po' alle favole religiose dei musulmani (non manca – credo - qualche favoloso prodigio di Maometto che possa attrarre i piccoli). Nei quartieri ad alta concentrazione musulmana e in particolare nelle classi ove i musulmani sono la maggioranza occorrerà un sovrappiù attenzione al furbo Maometto. Il presepio, lo si faccia pure, se non crea opposizioni, ma non si dimentichi di lasciare un po' di spazio anche a Voltaire, alla ragione che smonta le superstiziose credenze degli uni e degli altri. Tutti i monoteismi, compreso quello cristiano cattolico, - dice l'esperienza storica – sono stati generatori di intolleranza. Lo sono stati verso i seguaci di altre religioni, chiese o sette, giudicati miscredenti o malcredenti, e anche di più verso i credenti nella ragione e nel dubbio, che i fedeli del Dio unico impropriamente e irriguardosamente chiamano "non credenti”. 
L'iniziativa di Salvini contro un preside che ha vietato il presepio in una scuola - del bergamasco mi pare – con tanti ragazzi musulmani, conferma la flessibilità del “razzismo” della lega, i cui riti “padani” esprimevano un legame indissolubile tra territorio e stirpe, e che adesso accentua il suo carattere antiislamico, trasformando la guerra di identità in guerra di religione. Quel preside ha seguito la strada che ha ritenuto più idonea ad evitare guerre siffatte; credo tuttavia che esista un'altra soluzione del problema, più aperta, praticabile in alcune situazioni se si costruisce l'accordo delle famiglie. Mi immagino una scuola dove si possa fare il presepio a Natale, una preghiera collettiva musulmana nel periodo del Ramadan e una divertente rappresentazione antireligiosa a Carnevale. Nella scuola non dovrebbero esserci “infedeli” e alle convinzioni di ognuno, religiose o antireligiose che siano, bisognerebbe dare possibilità di espressione, senza rinunciare al rispetto per le persone.  

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