Riccardo Gazzaniga, l'autore dell'articolo che segue, è delegato Silp Cgil della Mobile di Genova e autore di A viso coperto (Einaudi). Ho voluto postare questa testimonianza dall'interno della Polizia di Stato, anche in relazione alle minacciose dichiarazioni prenatalizie di Angelino Alfano, che hanno tutta l'aria di giustificare preventivamente la riattribuzione alla polizia di un ruolo prevalente di difesa del potere e dello status quo contro i movimenti di opposizione, contro quello di lotta alla criminalità, in primis all'alta criminalità politica e mafiosa. Ascoltare i lavoratori della polizia, comprenderne i bisogni, solidarizzare con le giuste richieste, dialogare con loro, anche criticamente, è importante per diffondere anticorpi democratici ed impedire le chiusure corporative da cui inevitabilmente nascono spinte autoritarie. (S.L.L.)
I cani antidroga
fiutano gli stupefacenti perché sono in crisi d'astinenza.
/ I poliziotti sono esperti di arti marziali e tecniche di autodifesa.
/È arrivata la polizia in assetto antisommossa. / Siete tutti
estremisti. / È partita una carica "di alleggerimento". /
Che ci vuole a immobilizzare un ubriaco? /Le macchine della Polizia
hanno i motori elaborati. /Le notti e gli straordinari ve li pagano il
doppio. /Anche Pasolini stava coi poliziotti. / Tagliano lo stipendio
a tutti, ma agli sbirri lo aumentano per tenerli buoni. /I poliziotti
non vengono mai condannati. E se li condannano, non perdono mai il
lavoro. /In Polizia basta un diploma per fare carriera. / Quando si
mettono il casco è il segnale che stanno per caricare. / Si sono
tolti il casco per solidarizzare coi manifestanti. /I poliziotti
annunciano lo sciopero. / Si chiamano celerini. /L'avvocato ai
poliziotti glielo paga lo Stato.
Sono in Polizia da
diciotto anni e da diciotto anni sento queste frasi. Da cittadini
come da politici, sui social network come sui giornali. Eppure
nessuna di queste frasi è vera.
Lo spazio per le
elucubrazioni è grande, perché di Polizia si parla poco e con poca
cognizione di causa, spesso scadendo nel grottesco dibattito tra chi
sta "pro" o "contro" la Polizia, come se la
Polizia non fosse interesse di tutta la collettività.
Noi poliziotti viviamo un
momento di confusione e abbandono.
La confusione di chi,
ogni giorno, diventa valvola di sfogo di tanti problemi diversi:
crisi economica, vertenze di lavoro, problematiche ambientali,
tensioni razziali, rabbia verso i politici. In questo contesto noi
operiamo senza regole chiare, senza strumenti idonei e protocolli
d'intervento definiti e, purtroppo, è facile scaricare le
responsabilità verso l'operatore che si trova a lavorare in strada,
piuttosto che su chi riveste ruoli dirigenziali e politici.
Ci viene richiesta una
professionalità che la nostra stessa Amministrazione mortifica con
tagli alle risorse, mancanza di formazione, blocchi stipendiali e di
carriera, smantellamento dei presidi locali, politiche concorsuali
assurde, mezzi di servizio trascurati, caserme fatiscenti. Passando
per quella militarizzazione del percorso di ingresso in Polizia di
cui pagina 99 ha scritto nella sua inchiesta.
Serve un dialogo ampio e
immediato che parta dalla politica e coinvolga le parti sindacali per
affrontare problemi ormai ineludibili, prima che il senso di
abbandono di chi indossa una divisa porti a pericolose chiusure
corporative.
Prima di solcare una
nuova e insopportabile distanza tra chi difende e chi dev'essere
difeso.
pagina 99 we, 6 dicembre 2014
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