28.1.15

“Fare la libertà”. Ambiguità di una parola capitale (Luciano Canfora)

In un racconto intitolato Libertà, Giovanni Verga descrive un episodio di ribellione spontanea esplosa in un paesino sulle pendici dell'Etna nel momento in cui l'esercito di Garibaldi dilagava per la Sicilia e l'aspettativa di una rivoluzione sociale infiammava le più remote contrade precedendo, con misteriosa velocità, l'arrivo delle avanguardie garibaldine. Era stato un massacro incontrollato, capricciosamente crudele, una vampata che si era spenta nella crescente delusione e nell'angoscia di quelli stessi che lo avevano compiuto: «Libertà voleva dire che doveva essercene per tutti», dicevano ora. E invece era subentrata la punizione esemplare e cieca da parte del «generale» («subito ordinò che gliene fucilassero cinque o sei»), quindi la «giustizia», par di capire, dello Stato unitario («dopo arrivarono i giudici per davvero»). Il processo non finiva mai, anzi nemmeno incominciava. Gli arrestati furono portati nella prigione in città e lì giacquero. Alla fine, dopo anni, il processo fu celebrato, e fioccarono le condanne, pronunciate da giudici - «dodici galantuomini» — svogliati e distratti da un solo pensiero: «che l'avevano scampata bella a non essere stati dei galantuomini in quel paesetto lassù, quando avevano fatto la libertà».
«Fare la libertà» per dire ribellarsi, nel senso in cui Erasmo adopera «democrazia». E ancora: «libertà» per dire uguaglianza. Nel racconto verghiano il taglialegna minaccia, la sera del massacro: «ora che c'era la libertà, chi voleva mangiare per due avrebbe avuto la sua festa, come quella dei galantuomini!».
Libertà come sinonimo di uguaglianza o anche di democrazia sarebbe stato un non senso per un aristocratico greco o per un senatore romano. È invece una endiadi consolidata per Rousseau, il quale nel Contrat social conclude il capitolo sulla «democrazia» (libro III, capitolo IV) esaltandola in quanto libertà, con le parole, poi divenute famose grazie al pensatore ginevrino, del « vertueux Palatin», malo periculosam libertatem quam quietum servitium. Si profila, già sulla base di questi pochi esempi scelti casualmente, l'alto grado di imprecisione concettuale che avvolge questa parola capitale.


Da Manifesto della libertà, Sellerio editore, 1994

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