5.1.15

Perugia. Il Medioevo prossimo venturo (S.L.L.)

“Perugia ieri, oggi, domani” è nome di un blog, di un gruppo e di una pagima fb, che - animati da giovani volenterosi, in prevalenza di buona famiglia - ha accompagnato con schermaglie e polemiche il “cambio” al Comune di Perugia, la caduta dell'amministrazione di centrosinistra (che i promotori immaginano epocale come quella del muro di Berlino) e l'avvento di una giunta di destra, con qualche sottolineatura civica, ambientalistica, caritatevole.
Trasformatasi dopo le elezioni in Associazione culturale a presidenza Cimaroli, “Perugia ieri, oggi e domani” si propone come pensatoio, come luogo di elaborazione e di confronto di livello, che dovrebbe aiutare la nuova giunta a volare alto. La nuova amministrazione, peraltro, sembra ben contenta di aver trovato degli ideologi intenzionati a fornirle una identità campanilistica non becera, non fondata esclusivamente sul “donca” e altri consimili ammennicoli.
Ciò spiega anche il successo del forum che si è svolto il 3 novembre a Palazzo dei Priori, nella saletta convegni della Galleria Nazionale, una location non abituale, meno plebea di quelle che di solito vengono usate: una parte significativa del pubblico, del resto, mostrava - perfino con l'abbigliamento - di attribuire all'occasione un nonsoché di solennità. Il titolo stesso del convegno, lungo e pretenzioso (La rinascita della città: substantia et forma. Le qualità delle città antiche come guida per la città nuova) oltre tutto autorizzava le speranze di restaurazione di antiche gerarchie: il ritorno alla guida della città delle vecchie congreghe di possidenti, professionisti e burocrati, con le appendici mercantili e imprenditoriali e dei nuovi venuti organicamente integrati nella “famiglia perugina”.
Gli organizzatori avevano scelto come principale attrattiva della serata un intellettuale di indubbio prestigio e riconosciuta intelligenza, il medievalista Franco Cardini cui era stata affidata la prima relazione: Genesi di un'identità. L'anima della città europea dal Medioevo all'età moderna. Da un uomo di destra innamorato del Medio Evo come Cardini ci si aspettava che estraesse dal passato qualche idea luminosa per l'avvenire, ma lo storico, per un qualche impegno sopravvenuto, ha dato forfait e la diligente relazione di chi lo ha sostituito, una docente dell'ateneo perugino, non conteneva alcuna provocazione intellettuale.
Che la proposta politica dell'incontro fosse una sorta di neoelitarismo corporativo s'è comunque capito dal linguaggio di questa e di altre relazioni come delle introduzioni di Nicoletti, un giornalista incaricato della conduzione. Se il titolo parlava di “substantia”, vale a dire di “quel che c'è sotto”, dell'essenza del cose, le parole chiave degli interventi sono “anima”, “spirito”, “teoria”, e soprattutto “idea”, quelle tipiche di società aristocratiche, use a giustificare la preminenza di pochi con la superiore intelligenza, sensibilità, spiritualità, capacità di ideazione e di direzione. Nell'Italia del Novecento, del resto, all'idealismo e allo spiritualismo ci si era rivolti per dare fondamento al principio gerarchico e autoritario presente nel fascismo.
Coerente con questa impostazione m'è sembrato il secondo relatore, Manuel Vaquero Pineiro, storico dell'economia, che avrebbe dovuto parlare del rinnovamento delle identità nella Perugia contemporanea. In verità ha recitato il solito rosario sul capitalismo cognitivo, sull'economia della conoscenza, sulla competizione tra sistemi cittadini nell'attrazione di investimenti, sulla velocità che tutto ciò esige e sulle potenzialità di città come Perugia in codeste gare.
A rompere le uova nel paniere è l'architetto Fressoia, incaricato di discorrere della Forma urbana di Perugia negli ultimi sessant'anni. E' uomo di destra, ma viene dal contado e perciò butta subito acqua gelata sulle fantasie di una riacquisizione da parte del centro storico di Perugia di un monopolio delle funzioni pregiate. L'antica città organizzata a raggiera non c'è più; esiste un'ampia conurbazione policentrica che disegna una città a rete in cui convivono più “centri”. Fressoia, pur denunciando una crescita abnorme e disordinata dell'edificato in tutto il territorio comunale, non maramaldeggia contro i vecchi amministratori, ma lascia intendere che la pressione della rendita ha creato guasti in quasi tutte le città. Antico avversario del Minimetrò, l'architetto vede nel potenziamento della rete ferroviaria l'elemento su cui puntare per assicurare trasporti efficienti tra le diverse parti della grande Perugia. Per il centro Fressoia propone un sistema “treno + tram” che aiuterebbe questa parte di città a giocarsi la partita anche in competizione con le altre. L'impressione è che nel discorso di Fressoia convivano validi spunti e velleità. Non crediamo comunque che le sue proposte abbiano molte possibilità di realizzarsi. Il momento che riscalda l'uditorio, suscitandone l'applauso è l'ipotesi che, al termine, della grande ristrutturazione della mobilità urbana, sia possibile riaprire Corso Vannucci al traffico automobilistico privato. Il mio timore è che sia la prima cosa che in municipio stanno studiando.
La cosa comunque ha imbarazzato il vicesindaco Barelli, l'avvocato che viene da Italia Nostra. Il civico-ambientalista ha imparato in fretta il mestiere di politico: molte parole, molte gentilezze (in primo luogo verso gli organizzatori), molte promesse di ascolto, tanta evasività sulle questioni, niente sostanza (o substantia, se più piace). Quanto ad idealismo non è stato però secondo a nessuno: gli è scappato che Perugia è la città ideale per produrre idee. Il suo dire peraltro confermava la natura ideologica di tutta l'operazione “Perugia ieri, oggi e domani”: l'ex ecologista apriva perfino ai costruttori; l'antico polemista finiva con il rappresentare Perugia come una comunità armonica e pacificata, sorvolando (come tutti gli altri, del resto) sulle classi sociali, le differenze di reddito, gli interessi in conflitto.
E' naturale che poi, quando la melassa del campanilismo colto, del provincialismo pretenzioso si scontra con una povertà che si espande e cresce, si pensi a renderla invisibile con le norme antimendicanti, piuttosto che a combatterla.

"micropolis", novembre 2014

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