14.1.15

Terme di Caracalla. La cattedrale per il corpo, con un fascino democratico (Roberta Scorranese)

Ricostruzione virtuale di alcuni spazi delle Terme di Caracalla 
Roma, terzo secolo dopo Cristo. Crisi demografica e pressione fiscale stremavano una popolazione sempre più sfiduciata. C'era un esercito silenzioso, quello della plebe, a cui dar da mangiare e soprattutto, «da lavare». Ecco l'intuizione dell'imperatore Lucio Settimio Bassiano, detto Caracalla (per via di un indumento di origini galliche): garantire una pulizia corporea a tutti, nonché uno spazio dove distrarsi, prendersi cura di sé e non pensare alle tasse, alla situazione geopolitica incandescente ai confini dell'Impero, insomma ai grossi problemi del tempo.
«Nacque così quella gigantesca cattedrale del corpo passata alla storia come le Terme di Caracalla — afferma Andrea Carandini, ordinario di Archeologia Classica alla Sapienza di Roma — molto più di un complesso di bagni: era un monumentale centro polifunzionale, che offriva trattamenti per il fisico, ma anche due biblioteche all'esterno, nonché taverne nelle vicinanze destinate al popolo».
Sta qui il progetto di uno degli imperatori più discussi (Machiavelli, ne Il Principe, ne tratteggia un quadro pieno di ombre): unire la grandeur romana con una specie di democrazia igienica. «Il complesso termale era imponente — continua il professore, che alla struttura ha dedicato una parte del suo recente libro Atlante di Roma antica, edito da Electa —. Poteva accogliere fino a ottomila persone al giorno, si snodava in migliaia di metri quadri e nei sotterranei brulicavano schiavi addetti al riscaldamento delle vasche. Una gigantesca macchina, dunque, che impoveriva le foreste africane».
La grandeur, appunto. Tipica della romanità a partire dalla conquista delle paludi Pontine, in sostanza appena si spinsero oltre le porte di Roma. «Pensiamo solo alle case degli imperatori — dice Carandini —. Quella di Augusto misurava 8 mila metri quadrati. Un rapporto proporzionale con l'Impero e la sua grandezza. Ma anche le strutture pubbliche risentivano di questa spinta al gigantismo». E le Terme assomigliavano (all'esterno) a una grande stazione ferroviaria. Non è un caso che la Pennsylvania Station di New York sia stata realizzata (nel progetto originario) sul modello delle Terme romane. E che Sybille Bedford, la scrittrice amata da Chatwin, descrisse la Grand Central Station «splendida come le terme di Caracalla». Chiese per il corpo, si diceva. «Il Cristianesimo, più tardi — continua il professore — abolirà questo culto del corpo, accostando le terme a luoghi viziosi. Ma in origine erano sede di una duplice cura: mentale e fisica, una complessa ambizione all'armonia».
Caracalla, poi, verrà ricordato principalmente per il discusso editto con cui allargò la cittadinanza romana a tutti i residenti nei confini imperiali e per la spietatezza (fece uccidere il fratello, per dire). Ma c'è anche chi ne sottolinea lo spirito «imprenditoriale» e il tentativo di modernizzare le strade e i trasporti. «Quella Roma — conclude Carandini — in cui tutto si fondeva in un eterno presente. E dove anche la grandeur faceva parte di un disegno raffinato. E spesso incompreso».


Corriere della Sera 29 giugno 2012

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