24.2.15

La mia credenza. Approvvigionamento di cibi “nostrali” (Loris Campetti)

Salamelle di tratturo (Parco nazionale degli Abruzzi)
Si fa presto a dire cuoco. Cuoco è lo chef del ristorante di lusso nelle Langhe ma anche il “trattore” dell’osteria di Trastevere. C’è il cuoco di bordo nella nave da crociera e l’avvelenatore alla mensa della grande azienda metalmeccanica. Poi c’è il cuoco o la cuoca di casa, non necessariamente casalingo/a, semplicemente chi prepara la cena per sé, per la famiglia e talvolta per gli amici. Il problema che si pone nella grande come nella piccola ristorazione di prestigio è lo stesso che si pone tra le mura domestiche: la qualità dei prodotti da trasformare in piatti succulenti.
L’approvvigionamento, insomma, è la prima tappa del lungo viaggio che termina a tavola, anzi, con le gambe sotto il tavolo, come si dice a Roma.
Una volta, quando i nostri vecchi non conoscevano il termine “biologico” parlavano di cibi genuini, intendendo con questo termine prodotti di base di origine certa da usare in cucina. Meglio, si diceva “nostrali”, o “nostrani”, cioè provenienti dalle “nostre terre”, conosciuti perché conosciuto il territorio, e il produttori (come la mucca del Parmigiano Reggiano a cui è impedito di mangiare l’erba del vicino: “Non sappiamo cosa mangia...”, recita la pubblicità).
In un’era di globalizzazione come quella in cui viviamo, cuciniamo e mangiamo, il rapporto con il territorio nell’approvvigionamento alimentare resta importante. Ciò non vuol dire che la cicoria o il cotechino, le salsicce o i buoi debbano essere esclusivamente dei paesi tuoi. A volte nel campo del vicino l’erba è più verde e più saporita di quella di casa tua, la carne di manzo è migliore in Maremma o nel Chiantigiano che non in Emilia o in Veneto, la pecora abruzzese lascia al palo quella trentina e via comprando e mangiando. E siccome a differenza dei tempi dei nostri vecchi ci si muove in continuazione, si passa il tempo a sconfinare nei prati altrui, nulla ci impedisce di prendere il meglio là dove il meglio viene prodotto. Ci soffermeremo su questo aspetto, lasciando ad altri il compito di raccontare come affronta il problema chi non ha “tempo da perdere” nella propria alimentazione ma vuole evitare di avvelenarsi o imbottirsi di prodotti ogm: ovvio, si reca nel supermercato più vicino e si ferma al banco dei “prodotti biologici”, veri o falsi che siano, così sentendosi a posto con la coscienza, meno con il portafogli, e risparmiando più tempo possibile, da bruciare poi in stress e lavoro.
Dunque, occupiamoci di chi non ritiene perso il tempo speso per migliorare la qualità della propria vita, una cui componente essenziale è il cibo. Dicevamo, passiamo il tempo a viaggiare. Spesso in automobile. Prima regola: mai andare in vacanza, a un convegno, a un’assemblea, a trovare un amico senza aver messo nel cofano della vettura un paio di damigianette da cinque litri, indispensabili per acquistare vino o olio di qualità. In sostanza, prima di affrontare un viaggio dovrete dedicare un po’ di tempo a studiare quali sono i prodotti migliori del territorio nel quale vi stato recando. Ci sono libri e guide di qualità, per tutti i gusti e per tutti i redditi che possono accompagnarvi, anzi guidarvi nel viaggio. Non si spende di più e non si “perde tempo” se a ogni libera uscita ci si occupa di rifornirsi di prodotti di qualità, se preferite chiamateli biologici: olio, vino, pasta, riso, marmellate, milele, verdura, frutta, carne, salsicce (pesce, se il rientro a casa sarà rapido e/o se siete forniti di frigo portatile), peperoncino, origano, zafferano, cipolle, bottarga, legumi... A chi scrive, ormai da anni non capita di tornare a casa da un viaggio di lavoro o di piacere a mani vuote.
In questo modo, andando alla fonte e cioè al produttore, diventano accessibili al cuoco casalingo senza impegnativi conti in banca prodotti di qualità che viaggiano sul mercato e nei supermercati a prezzi decisamente più elevati, dunque insostenibili. Certo, bisogna dedicare tempo e attenzione al rifornimento della credenza alimentare ma di questo abbiamo già parlato prima.
Direte: non tutti viaggiano in automobile, non tutti si possono permettere di dedicare molto tempo a occuparsi della credenza. Qualche viaggio ogni tanto si può anche fare ma la routine del lavoro e della vita metropolitana impone regole e vincoli. Ecco allora qualche suggerimento. Se in un viaggio avete trovato un ottimo produttore di vino o di lenticchie, informatevi sulla possibilità di effettuare ordinazioni da casa per ricevere quei prodotti a domicilio. Se poi non avete tempo o voglia di viaggiare in automobile o non avete la patente, navigate in casa. Navigate in internet. Scoprirete prodotti di qualità, biologici, nostrali o chiamateli come vi pare, accessibili con ordinazioni on line. Navigando può capitare di imbattervi in siti curiosi e appetitosi attraverso cui acquistare ogni ben di dio o magari prenotarvi un fine settimana in un agriturismo dove imparare nuove, antiche ricette.
Un esempio? Sotto la voce www.adottaunapecora.it troverete la possibilità di prenotare escursioni nella natura abruzzese o di comprare pecorino classico, tenero, spalmabile in barattolo, alle erbe aromatiche e anche salamelle di tratturo, miele, confetture e sciroppati, ricottine al fumo di ginepro. E, naturalmente, un “agnello peso medio di 10 kg intero alla romana: ÷/Kg 8,70 o ÷/Kg 10,30 porzionato sottovuoto”. Troppi 10 chili? Mettetevi d’accordo con un amico, ma un amico/a che sia poi capace di cucinarlo come si deve, l’agnello. Non vi piace l’agnello e preferite la carne di manzo argentina? Non c’è problema, un’altra carne è possibile: fatevi amico qualcuno che abbia addentellati con l’ambasciata di un paese latino-americano e avrete risolto il problema.

Anche in questo caso dovrete organizzare acquisti di gruppo, ma che problema c’è? Dovrete imparare a distinguere e cucinare le diverse parti della mucca, perché no? Non so voi, ma per quanto ci riguarda occuparci da cuochi non professionali di migliorare le nostre prestazioni in cucina utilizzando prodotti di qualità è un piacere, un gioco, prima che un impegno o una fatica. E un po’ di gioco, nella vita, non guasta.

da Scritto e mangiato, supplemento a "il manifesto", aprile 2004

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