Altri giovani vennero a
bussare alla porta di don Bosco in cerca di pane e d'alloggio, e don
Bosco e la mamma si ingegnarono in tutti i modi per ricoverarli. Ma
ben presto ogni posto fu occupato; perfino la cucina si tramutava di
notte in dormitorio.
Come fare? Adocchiò una
casa lì presso, e la domandò in affitto.
La padrona, signora
Vaglienti, gli chiese un prezzo esorbitante, e dopo lungo disputare,
si stava per rompere le trattative, quando un caso affatto singolare
tolse di mezzo ogni difficoltà.
Il cielo, che si era
improvvisamente rannuvolato, divenne scuro scuro, ed ecco che si vede
all'improvviso un guizzo di lampo vivissimo, e poi si sente un colpo
di fulmine così gagliardo da far tremare la casa dalle fondamenta al
tetto. La signora, sbalordita, si volge tremante a don Bosco ed
esclama: — Se Dio mi salva dal fulmine, le concederò la casa per
la somma che lei mi offre!
Aveva appena finito di
parlare che il ciclo si rischiara e appare un bel sole.
Don Bosco non pone tempo
in mezzo. Acquista la casa e subito «è uno spettacolo vedere alla
sera le stanze illuminate, piene di ragazzi e di giovani. In piedi
dinanzi ai cartelloni, con un libro in mano, nei banchi intenti a
scrivere, seduti per terra a scarabocchiare sui quaderni le lettere
grandi».
Alcuni confratelli
sacerdoti sono venuti ad aiutarlo. La faccenda della sua «fissazione»
si è spenta da tempo. Quando don Bosco ha un'idea fissa — dicono i
ragazzi — è capace di sputar sangue per realizzarla.
Anche la Marchesa di
Barolo ha cambiato idea e gli manda generose offerte «per i suoi
monellacci».
Don Bosco che ride, Edizioni San Paolo, 1988
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