10.5.15

Il demagogo e la scuola (Luigi Dolce)

Renzi è un demagogo. E un pericolo. Mette gli insegnanti gli uni contro gli altri: ha stabilito a-priori che solo il 5 % dei docenti di ogni scuola è meritevole di un premio, un incentivo economico. Com’è arrivato a “questa” soglia? Con quali criteri? Soprattutto: quali docenti verranno premiati? Deciderà il preside. Sembra già di vederli i portaborse, i leccaculo, i maratoneti dei “progetti-a-pagamento-sull’acqua-calda”, quelli che hanno sempre le carte a posto - le carte -, il registro in ordine, ma, poveretti, appena aprono bocca per fare lezione non sanno di cosa parlano. E non li ascolta nessuno. Questi, fatte le necessarie eccezioni, verranno incentivati.
Il disegno di legge concede troppo potere ai presidi. Ai dirigenti manager. Secondo uno schema aziendalistico: efficienza, profitto. Dimenticando che la scuola non è – non deve essere – una fabbrica; che gli alunni non sono una merce; che i risultati maturano nei tempi lunghi e quanti incespicano all’inizio, danno buoni risultati, spesso, alla fine del processo formativo. “Più inglese, economia, arte, e 500 euro per l’aggiornamento culturale”, dice Renzi. D’accordo. Ma non basta.
Troppe risorse sono indirizzate verso le scuole private: è un privilegio lo sconto fiscale “fino a 400 euro” per chi iscrive i figli alle scuole paritarie, si calpesta volutamente la Costituzione. Di più: “l’autonomia scolastica” consentirà di raccogliere fondi e donazioni: lascia troppo spazio agli interventi esterni nella scuola pubblica. Il rischio è che il “sostegno economico” influenzi, orienti, condizioni. Non distinguere (nettamente) le competenze dello Stato da quelle dei privati è un errore, trasforma la scuola in impresa, in fabbrica. La snatura.


nota fb 29 aprile 2015

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