30.5.15

Il grande affare della Fifa (Nicolò Cavalli)

Sepp Blatter è stato rieletto presidente della Fifa nonostante lo scandalo sulla corruzione.
La conferma del dirigente sportivo svizzero, al suo quinto mandato consecutivo alla guida della federazione calcistica mondiale, è arrivata dopo che l’unico sfidante, il principe giordano Ali bin Al Hussein, ha deciso di ritirare la propria candidatura. L'articolo che segue, pubblicato ieri nel sito di “Internazionale” dava peraltro la rielezione per scontata e dunque non necessita di aggiornamenti. (S.L.L.)

All’hotel Baur au Lac di Zurigo la discrezione è considerata una parte importante del servizio. Per questo gli alti dirigenti Fifa arrestati nella mattinata del 27 maggio dalla polizia svizzera con l’accusa di aver incassato tangenti per un totale di oltre cento milioni di dollari sono stati scortati fuori dell’hotel in manette, nascondendo la scena sotto pudiche lenzuola bianche prelevate dalle suite da più di tremila franchi a notte in cui alloggiavano.
È infatti in questo albergo a cinque stelle con vista sul lago di Zurigo che, nel pieno dello scandalo che sta scuotendo la federazione che governa il calcio mondiale, si decide oggi l’elezione del nuovo presidente. A prendere la decisione chiave per il futuro di uno sport praticato da almeno 250 milioni di persone in oltre duecento paesi, saranno i membri del comitato esecutivo della Fifa, un elitario club di 25 uomini abituati da decenni a uno stile di vita stravagante e lussuoso.
Prima di diventare uno degli informatori chiave dell’attuale inchiesta sui vertici della federazione, Chuck Blazer – membro del comitato dal 1996 al 2013 e dal 1990 al 2011 segretario generale della Confederazione del Nord, Centro America e Caraibi (Concacaf), che governa il calcio nordamericano – abitava in un appartamento da 18mila dollari al mese al 49° piano della Trump tower, nel cuore di Manhattan. A poche porte di distanza, Blazer aveva affittato un appartamento più modesto, da seimila dollari al mese, in cui avevano preso alloggio i suoi gatti.
Nel 2014, la Fifa ha sborsato 39,7 milioni di dollari in stipendi al suo “personale manageriale chiave”, che ammonta a poco meno di 50 persone. Nel 2010, i milioni erano 34,5 e in quell’anno Mohamed bin Hamman, membro del comitato esecutivo e presidente della Confederazione asiatica oggi espulso dalla Fifa per una serie di finanziamenti illeciti rivelati dal Sunday Times nel 2014, disse di aver guadagnato circa 281mila dollari per espletare i suoi doveri di membro del prestigioso club: partecipare a cene, conferenze e qualche meeting annuale.
“Non abbiamo un vero e proprio salario”, disse pubblicamente, “ma bonus e rimborsi spese” che possono ammontare fino a 500 dollari al giorno, più 250 dollari per mogli o compagne. “Alla fine di ogni meeting ci mettevamo in fila come bravi ragazzi e riscuotevamo i nostri soldi”, spiegò nel 2011 l’inglese Graham Taylor, advisor tecnico della Fifa per 18 mesi: “La prima volta che mi misi in fila, uno degli uomini davanti a me mi suggerì di chiedere anche il rimborso del volo, nonostante questo fosse già stato pagato dalla federazione inglese, e poi depositare tutto in un conto bancario svizzero, accumulando lì il denaro dei futuri incontri”.
“È una cultura machista costituita dal fare e ricevere favori, una cultura molto simile a quella di una gang criminale”, ha rincarato la dose Gunter Gebauer, professore di filosofia dello sport all’Università Libera di Berlino. Secondo Gebauer, la corruzione non è un fattore episodico, ma è costitutivo del sistema di funzionamento della Fifa: “Non è un corpo democratico e non è governata da un principio trasparenza”.
Una galassia di accordi finanziari ha permesso alla Fifa di accumulare negli anni oltre 1,5 miliardi di dollari in riserve bancarie
In questa banda, a svettare dal 1998 è la figura di Sepp Blatter, il potentissimo presidente che oggi per l’ennesima volta tenterà di succedere a se stesso. Sotto la sua leadership, il business Fifa ha cominciato a prosperare come non mai. Nel 2005, l’organizzazione dichiarava un reddito totale di 664,7 milioni di dollari. Nel 2009 la cifra era quasi raddoppiata, superando il miliardo. Tra il 2011 e il 2014, le entrate totali sono state pari a 5,71 miliardi di dollari, in crescita del 36 per cento rispetto al triennio precedente, per un margine operativo di 338 milioni di dollari.
Molto di questo denaro arriva da sponsor e diritti tv, in una galassia di accordi finanziari che ha permesso alla Fifa di accumulare negli anni oltre 1,5 miliardi di dollari in riserve bancarie. Sono cifre che permetterebbero a qualsiasi organizzazione di comprare letteralmente influenza, nel caso della Fifa sotto la forma di spese per “progetti di sviluppo del calcio”, che ammontavano a oltre 700 milioni di dollari tra il 2007 e il 2010, e a oltre un miliardo tra il 2011 e il 2014.
Con questo giro d’affari, sono in molti a ritenere ingiustificabile che lo status giuridico della Fifa sia ancora oggi, come dal momento della sua fondazione nel 1907, quello di una “organizzazione non profit”. Che permette all’associazione guidata da Blatter di non essere mai soggetta a tassazione, né in Svizzera – dove ha la sede – né altrove. È stato stimato, per esempio, che per i Mondiali brasiliani del 2014 la Fifa abbia evitato di pagare tasse per almeno 250 milioni di dollari, mentre i costi organizzativi per lo stato sono stati di oltre 11 miliardi. E non solo.
La scelta del paese che ospita la coppa del mondo è legata a una serie di condizioni non negoziabili. Nel 2010, per dissolvere le preoccupazioni circa la diffusa criminalità in Sudafrica, la Fifa richiese e ottenne che il governo sudafricano le riconoscesse il diritto di istituire speciali corti di giustizia durante i Mondiali, incaricate di giudicare i casi di criminalità connessi alla manifestazione. Il 18 giugno 2010, una di queste corti ha condannato due giovani dello Zimbabwe a 15 anni di carcere per aver rapinato a mano armata due giornalisti stranieri, in un processo durato poco più di 24 ore.
Anche il Brasile non è stato immune alle richieste Fifa. Nel 2003, una legge di pubblica sicurezza aveva vietato la vendita di alcolici negli stadi, a causa dei frequenti incidenti tra tifosi. Tuttavia, la Budweiser è uno sponsor chiave della Fifa, che richiese l’approvazione di una legge per permettere di nuovo la vendita di alcolici negli stadi. Arrivato in Brasile per le trattative con il governo, il segretario generale Jerome Valcke non ebbe timori a dichiarare: “Mi spiace dirlo, e potrei sembrare arrogante, ma questa non è una negoziazione. Ci deve essere, e ci sarà, come parte della legge sui Mondiali il fatto che noi abbiamo il diritto di vendere birra”.
La cosiddetta “legge Budweiser” fu approvata dal senato brasiliano nel maggio del 2012. È anche a causa di questi compromessi che sarà sempre più difficile vedere un Mondiale ospitato da un paese democratico. Tra numerose accuse di corruzione, la Fifa ha scelto per i Mondiali di calcio del 2018 la Russia e per il 2022 il Qatar. Quest’ultima scelta ha mostrato che l’influenza della Fifa sembra non avere limiti, salvo quando si tratta dei diritti dei più deboli. Infatti, la forza lavoro utilizzata per costruire stadi, infrastrutture e hotel per il torneo nel Golfo arabo è costituita per almeno il 90 per cento da immigrati, provenienti dalle regioni tra Nepal e India.
Per il diritto del Qatar, il datore di lavoro ha totale controllo sul passaporto di un lavoratore immigrato, che può uscire dal paese o cercare un nuovo lavoro solo con l’autorizzazione del suo capo. Questa situazione ha dato vita a una sorta di nuovo schiavismo, un lavoro forzato per migliaia di immigrati provenienti da paesi poveri, costretti a lavorare per pochi spiccioli in condizioni ambientali impossibili, con temperature che superano durante il giorno i 50 gradi centigradi.
La International trade union confederation ha calcolato che almeno 1.200 lavoratori sono già morti per costruire le cattedrali nel deserto in cui calceranno la palla calciatori milionari, e almeno quattromila moriranno prima dell’inizio dei Mondiali. Ma nulla ferma la fame di potere e l’autocelebrazione del piccolo club, tanto meno i diritti dei lavoratori.
L’anno scorso la Fifa ha commissionato un film, La grande passione, per un costo totale di 16 milioni di dollari, il cui protagonista, Sepp Blatter, è interpretato da Tim Roth. Nel film, Blatter e gli altri membri della Fifa sono presentati come uomini etici, con la schiena dritta, per nulla interessati al denaro e, anzi, costantemente impegnati a preservare l’integrità etica del calcio. Anche oggi, nel momento più buio della sua presidenza, Blatter tenterà di recitare questo copione. Resta da vedere se il pubblico è ancora disposto a credergli.

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