14.7.15

Anni Sessanta. I giovani e la nuova musica (N.Balestrini, P.Moroni)

Traggo il brano qui "postato" da un libro sul Sessantotto e sul gran putiferio che in Italia ne seguì e durò all'incirca un decennio pubblicato nel 1988. Libro davvero bello. Ce sono stati certamente, nel tempo,di più “scientifici”, libri in cui circolava, probabilmente, una maggiore capacità di interpretazione, astrazione e generalizzazione. Ma neppure in quelli memorialistici ho rintracciato altrettanta simpateticità, altrettanta capacità di trovare un punto di vista interno (penso alle foto di Tano D'Amico) rispetto a questo di Nanni Balestrini, un poeta d'avanguardia che veniva dai Novissimi e dal Gruppo 63, e di Primo Moroni, agitatore culturale e libraio nella Milano del "movimento". 
Il brano racconta un passaggio importante di storia sociale: siamo ancora alla vigilia del Sessantotto, al primo emergere del “problema dei giovani” e al suo esprimersi attraverso nuove musiche e nuove parole. (S.L.L.)

I giovani di gran parte del mondo occidentale (tedeschi, inglesi, italiani, olandesi, americani) avevano, per la prima volta nel dopoguerra, la percezione di essere qualche cosa di speciale, una specie di "classe generale generazionale" dotata di una cultura profondamente critica dello stato di cose presente. Nelle loro letture c'erano più Sartre e Camus che non Marx e Lenin, il loro vissuto quotidiano era dominato da una inquieta ricerca di sbocchi, culture e pratiche di vita comune.
I giovani in Italia (negli Stati Uniti il problema si era posto fin dall'inizio degli anni cinquanta) diventano un "problema", seguito con continua e un po' patetica apprensione da sociologi più o meno interessati. La società così come è organizzata comincia a diventare una camicia troppo stretta.
Il sistema dei partiti gioca con il centrosinistra la carta delle blande riforme (l'unica che avrà esiti rilevanti, molto al di là delle intenzioni dei legislatori, è quella della scuola media unificata che favorisce il contatto tra i figli della borghesia e quelli degli operai) e della dilatazione dei consumi. Ma una società delle merci e del "benessere" che occulta gli squilibri e le ingiustizie non può che essere vissuta come intollerabile e falsa. Si sente un diffuso bisogno di "grandi ideali" che giustifichino il senso dell'esistenza, unito al rifiuto di tutti i modelli di vita che vengono proposti. Cominciano a diffondersi le prime forme di autogestione del vissuto quotidiano. Nascono i primi "complessi musicali" fuori dai grandi circuiti commerciali, come l'Equipe 84 e i Rokes. La canzone dei Nomadi Dio è morto (parole e musica di Francesco Guccini) viene censurata dalla Rai.
I Nomadi
Dio è morto
Ho visto la gente della mia età andare via
lungo le strade che non portano mai a niente
cercare il sogno che conduce alla pazzia
nella ricerca di qualcosa che non trovano nel mondo che hanno già
lungo le notti che dal vino son bagnate
dentro alle stanze da pastiglie trasformate
dentro alle nuvole di fumo, nel mondo fatto di città,
essere contro od ingoiare la nostra stanca civiltà
e un Dio che è morto
ai bordi delle strade Dio è morto
nelle auto prese a rate Dio è morto
nei miti dell'estate Dio è morto.

Mi han detto
che questa mia generazione ormai non crede
in ciò che spesso han mascherato con la fede,
nei miti eterni della patria o dell'eroe
perché è venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità
le fedi fatte di abitudini e paura una politica che è solo far carriera
il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto,
l'ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto
e un Dio che è morto
nei campi di sterminio Dio è morto
coi miti della razza Dio è morto
con gli odi di partito Dio è morto.

Io penso che questa mia generazione è preparata
a un mondo nuovo e a una speranza appena nata
ad un futuro che ha già in mano, a una rivolta senza armi
perché noi tutti ormai sappiamo che se Dio muore è per tre giorni e poi risorge
in ciò che noi crediamo Dio è risorto
in ciò che noi vogliamo Dio è risorto
nel mondo che vogliamo
Dio è risorto,
Dio è risorto.

Certo, i nuovi complessi traggono ispirazione da equivalenti modelli di importazione anglosassone, ma esprimono anche un'autentica vena originale e interpretano spontaneamente la dimensione esistenziale della condizione giovanile. Si può dire che nasce allora la cultura musicale come strumento di comunicazione politico-culturale. Una tendenza che opererà una modificazione rivoluzionaria e irreversibile nell'industria discografica ma anche nella pratica quotidiana.
In effetti anche nel campo della "nuova musica" il caso Italia si differenzia da altre nazioni. C'era stata una rottura alla fine degli anni cinquanta. L'apparizione sulla scena di cantanti come Mina, Celentano, e per alcuni versi Modugno, aveva inferto un serio colpo alla tradizione melodica di derivazione napoletana. "Ritmi diversi, trascinanti, appoggiati su testi nuovi, modellati sul nuovo feeling di importazione americana e privi quasi sempre delle angosciose tematiche d'amore. L'importazione del rock'n'roll era per l'Italietta del boom economico quello che era stato il boogie per la generazione del dopoguerra: un veicolo per evadere dalla realtà di tutti i giorni in un'illusione di rivolta magari solo contro le strutture ufficiali del ritmo e delle liriche [...]" (dal Libro bianco sul pop in Italia, Arcana, 1976).
In realtà l'esplosione del rock negli Usa poteva essere riportata alla tendenza tipica di quella società, a una dinamica in cui le crisi vengono spesso incanalate e spostate in altri settori. "Così che eventi drammatici come il maccartismo, la Guerra di Corea vengono spostati nei binari stretti di una pura contrapposizione generazionale e infine placati con i miti (James Dean, Elvis Presley) e i riti (il rock, la moto, i giacconi) e dunque riciclati a vantaggio del mercato una volta di più. In Italia invece il rock'n'roll non attecchisce come strumento di pacificazione, non riesce (come già era successo per i film) a svolgere un efficace compito di colonizzazione. Di fatto è l'ideologia, che al rock'n'roll si accompagna in America, che in Italia non passa. Non solo infatti la povertà di fatto dei giovani italiani impedirà sia le moto che i più modesti giacconi, ma sarà la sublimazione della violenza sociale a non trovare spazio.Le condizioni di scontro sociale in Italia sono altra cosa e hanno altre memorie ancora viventi se rapportate al dominio totalizzante dei mass media americani. Inoltre il regime democristiano non è ideologicamente puntellato come quello americano da secoli di filosofia patriottico-interclassista" (dal Libro bianco ecc.).
Di fatto il rock in Italia assume sempre più significati di diversità e di rivolta e nelle sue versioni nazionali radicalizza e interpreta reali esigenze di identità e ribellione. Francesco Guccini, uno degli epigoni di Bob Dylan in Italia, è sicuramente un personaggio vero e affascinante, un punto fermo della ricerca "in lingua" di una via originale e densa di spessori culturali e politici da contrapporre alla colonizzazione esterofila.
Ma anche gruppi di piccola durata hanno espresso in modo fulminante e immediato stati d'animo e nuova condizione giovanile. E' sicuramente il caso di complessi come I Corvi e The Rokes.
I Corvi
Un ragazzo di strada
(I Corvi).
Io sono quel che sono
non faccio la vita che fai
io vivo ai margini della città
non vivo come te

Io sono un poco di buono
lasciami in pace perché
sono un ragazzo di strada
e tu ti prendi gioco di me

Tu sei di un altro mondo
hai tutto quello che vuoi
conosco quel che vale
una ragazza come te

Io sono un poco di buono
lasciami in pace perché
sono un ragazzo di strada
e tu ti prendi gioco di me

Tu sei di un altro mondo
hai tutto quello che vuoi
conosco quel che vale
una ragazza come te

Io sono un poco di buono
lasciami in pace perché
sono un ragazzo di strada
e tu ti prendi gioco di me
sono un ragazzo di strada
e tu ti prendi gioco di me ecc.

E' la pioggia che va
(The Rokes)
Sotto una montagna di paure e di ambizioni
c'è nascosto qualche cosa che non muore.
Se cercate in ogni sguardo, dietro un muro di cartone
troverete tanta luce e tanto amore.
Il mondo ormai sta cambiando
e cambierà di più.
Ma non vedete nel cielo
quelle macchie di azzurro, di blu.
E la pioggia che va
e ritorna il sereno.
Se non ci crederemo e non ci arrenderemo
vedrete, un nuovo sole sorgerà.

Quante volte ci hanno detto, sorridendo tristemente
le speranze dei ragazzisono fumo.
Sono stanchi di lottare e non credono più a niente
proprio adesso che la meta è qui vicino.
Ma noi che stiamo correndo
avanzeremo di più.
Ma non vedete che il cielo
ogni giorno diventa più blu.
E la pioggia che va e ritorna il sereno.
Se non ci arresteremo, se uniti noi staremo
molto presto un nuovo sole sorgerà.

Non importa se qualcuno sul cammino della vita
sarà preda dei fantasmi del passato.
Il denaro e il potere sono trappole mortali
che per tanto e tanto tempo han funzionato.
Noi non vogliamo cadere
non possiamo cadere più in giù.
Ma non vedete nel cielo
quelle macchie di azzurro, di blu.
E la pioggia che va e ritorna il sereno.
E col tempo sopra il mondo
come il sole del mattino, un amore universale sorgerà.

Ma c'è anche il bisogno di sottolineare la propria "diversità", di esibirla con orgoglio: i capelli lunghi, i jeans, le minigonne, gli indumenti di tipo militare opportunamente modificati per ridicolizzare i simboli dell'autorità sono tutti segnali di rivolta e di rifiuto del perbenismo e delle regole scritte. Quella che molti anni dopo parlando dei punk, i sociologi definiranno "la rivolta dello stile", ha le sue lontane origini in quegli anni. Il rigetto così improvviso degli standard di costume provoca, com'è ovvio, reazioni contrastanti a partire dalla famiglia e dal mondo della scuola (all'inizio molti giovani, non potendo portare i capelli lunghi né in famiglia né a scuola, optano per delle parrucche che tolgono e mettono prima di entrare e uscire dalle due istituzioni).
Ma il processo è ormai innescato, e da queste prime scelte di tipo simbolico si passa rapidamente alla critica di tutte le istituzioni. A partire dalla più prossima e individuale che è la famiglia. Inizia così il fenomeno delle "fughe" dall'autorità dei genitori, anche se si tratta di "fughe" che coesistono conflittualmente nell'ambito familiare.
Altre fughe, con funzione di avanguardia, si dirigono verso il fascino della metropoli, alla ricerca di esperienze diverse. Minoranze intelligenti cominciano a praticare la "cultura del viaggio", in Olanda dove ci sono i provos (che si ispirano ai beat e agli hippies americani), in Inghilterra che è il punto di riferimento della rivolta giovanile. Quando tornano riportano giornali controculturali, dischi, abbigliamenti e la pratica dell'uso di droghe leggere (all'inizio quasi esclusivamente marijuana) come dilatazione della sensibilità.
Nel rapporto tra i sessi si comincia a mettere in discussione, sia pure in modo confuso, la cultura del maschile e del femminile - in questo campo le ragazze sono, com'è ovvio, molto più impegnate - e un prodotto tutto italiano come Patty Pravo (amatissima cantante del Piper di Roma) con la sua spregiudicatezza diventa il simbolo dell'emancipazione ma anche dell'inquietudine giovanile.
La sua canzone "Ragazzo triste" centra molte emozioni reali.
Patty Pravo
Ragazzo triste
Ragazzo triste come me ah, ah
che sogni sempre come me ah, ah
non c'è nessuno che ti aspetta mai
perché non sanno come sei.

Ragazzo triste sono uguale a te:
a volte piango e non so perché.
Altri son soli come me eh, eh
ma un giorno spero cambierà.

Nessuno può star solo
non deve stare solo.
Quando si è giovani così
dobbiamo stare insieme
parlare tra di noi,
scoprire il mondo che ci ospiterà.

Ragazzo triste come me ah, ah
che sogni sempre come me ah, ah
altri son soli come noi ah, ah
ma un giorno spero cambierà, vedrai... vedrai...

Non dobbiamo stare soli mai.
Non dobbiamo stare soli mai.
Non dobbiamo stare soli mai.


Da L'Orda d'Oro, SugarCo Edizioni, 1988

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