18.8.15

1927. Mussolini e la frustata demografica (dal “discorso dell'Ascensione”)

Il cosiddetto discorso dell'Ascensione venne pronunciato da Benito Mussolini davanti alla Camera dei Deputati, già “epurata” da tutte le opposizioni al fascismo, il 26 maggio 1927. Lo scopo dichiarato è ribadire il progetto totalitario espresso, qualche mese prima a Milano, in un intervento al Teatro alla Scala, «tutto nello Stato, niente contro lo Stato, nulla al di fuori dello Stato», e mostrare come il governo marci spedito nella sua attuazione pratica.
I contenuti del discorso dell'Ascensione sono pertanto abbastanza vari e vanno da disposizioni amministrative come la costituzione di nuove province o la riforma dell'Opera Nazionale della Maternità e dell'Infanzia alla derisione degli oppositori, tipica dell'oratoria di Mussolini come lo è oggi in quella di Renzi.
Il clou della esibizione del “duce” - la parte qui “postata” - è rappresentato dalla prima organica esposizione dei progetti demografici, strettamente collegati all'ambizioso programma di riarmo a lungo termine che compare sul finire del suo concionare: “il dovere preciso, fondamentale e pregiudiziale dell'Italia fascista è quello di mettere a punto tutte le sue forze armate della terra, del mare e del cielo”. (S.L.L.)

[…]
Voi vedete da queste cifre che il quadro, pur senza essere tetro e tragico, merita una severa attenzione. Bisogna quindi vigilare il destino della razza, bisogna curare la razza, a cominciare dalla maternità e dall'infanzia. A questo tende l'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia, voluta dall'onorevole Federzoni (e non è questo uno dei suoi ultimi meriti durante il suo passaggio al ministero dell'Interno); Opera nazionale che oggi è diretta, con un fervore che ha dell'apostolato, dal nostro collega Blanc. Fatta la legge, organizzata l'Opera per la Maternità e l'Infanzia nel suo Comitato centrale, - che era troppo numeroso, ragione per cui venne sciolto, - e nei suoi Comitati provinciali, bisogna finanziare quest'Opera.
Esistono nel paese 5.700 istituzioni che si occupano della maternità e dell'infanzia, ma non hanno denaro sufficiente.
Di qui la tassa sui celibi, alla quale forse in un lontano domani potrebbe fare seguito la tassa sui matrimoni infecondi. Questa tassa dà dai 40 ai 50 milioni; ma voi credete realmente che io abbia voluto questa tassa soltanto a questo scopo? Ho approfittato di questa tassa per dare una frustata demografica alla Nazione. Questo vi può sorprendere; qualcuno di voi può dire: «Ma come, ce n'era bisogno?» Ce n'è bisogno. Qualche inintelligente dice: «Siamo in troppi». Gli intelligenti rispondono: «Siamo in pochi». Affermo che, dato non fondamentale ma pregiudiziale della potenza politica, e quindi economica e morale delle Nazioni, è la loro potenza demografica. Parliamoci chiaro: che cosa sono 40 milioni d'Italiani di fronte a 90 milioni di Tedeschi e a 200 milioni di Slavi? Volgiamoci a Occidente: che cosa sono 40 milioni di Italiani di fronte a 40 milioni di Francesi, più i 90 milioni di abitanti delle Colonie, o di fronte ai 46 milioni di Inglesi, più i 450 milioni che stanno nelle Colonie?
Signori, l'Italia, per contare qualche cosa, deve affacciarsi sulla soglia della seconda metà di questo secolo con una popolazione non inferiore ai 60 milioni di abitanti. Voi direte: Come vivranno nel territorio? Lo stesso ragionamento, molto probabilmente, si faceva nel 1815, quando in Italia vivevano soltanto 16 milioni di Italiani. Forse anche allora si credeva impossibile che nello stesso territorio avessero potuto trovare, con un livello di vita infinitamente superiore, alloggio e nutrimento i 40 milioni di Italiani di oggidì. Da cinque anni noi andiamo dicendo che la popolazione italiana straripa. Non è vero! Il fiume non straripa più, sta rientrando abbastanza rapidamente nel suo alveo.
Tutte le Nazioni e tutti gli imperi hanno sentito il morso della loro decadenza, quando hanno visto diminuire il numero delle loro nascite. Che cosa è la pace romana di Augusto? La pace romana di Augusto è una facciata brillante, dietro la quale già fermentavano i segni della decadenza. Ed in tutto l'ultimo secolo della seconda Repubblica, da Giulio Cesare, che mandò i suoi legionari muniti di tre figli nelle terre fertili del Mezzogiorno, alle leggi di Augusto, agli ordines maritandi, l'angoscia è evidente. Fino a Traiano tutta la storia di Roma, nell'ultimo secolo della Repubblica e dal primo al terzo secolo dell'Impero è dominata da questa angoscia: l'Impero non si teneva più, perché doveva farsi difendere dai mercenari.
Problema: queste leggi sono efficaci? Queste leggi sono efficaci, se sono tempestive. Le leggi sono come le medicine: date ad un organismo che è ancora capace di qualche reazione, giovano; date ad un organismo vicino alla decomposizione, ne affrettano, per le loro congestioni fatali, la fine. Non si può discutere se le leggi di Augusto abbiano avuto efficacia. Tacito diceva di no; Bertillon, dopo 20 secoli, diceva di sì, in un suo libro molto interessante, dedicato allo spopolamento della Francia. Comunque, sta di fatto che il destino delle Nazioni è legato alla loro potenza demografica. Quand'è che la Francia domina il mondo? Quando poche famiglie di baroni normanni erano così numerose che bastavano a comporre un esercito. Quando, durante il periodo brillante della Monarchia, la Francia aveva questa orgogliosa divisa: «Égale à plusieurs» e quando, accanto ai 25 o 30 milioni di Francesi, non c'erano che pochi milioni di Tedeschi, pochi milioni di Italiani, pochi milioni di Spagnoli. Se vogliamo intendere qualche cosa di quello che è successo negli ultimi 50 anni di storia europea, dobbiamo pensare che la Francia, dal '70 ad oggi è aumentata di 2 milioni di abitanti, la Germania di 24, l'Italia di 16.
Andiamo ancora nel profondo di questo problema che mi interessa. Qualcuno ritiene, - altro luogo comune che oggi si demolisce, - che la Francia sia la Nazione a più basso livello demografico che vi sia in Europa. Non è vero. La Francia si è stabilizzata sul 18 per mille di natalità da circa 15 anni. Non solo, ma in certi dipartimenti francesi vi è un risveglio della natalità. La nazione che tiene il primato in questa triste faccenda è la Svezia, che è al 17 per 1000, mentre la Danimarca è al 21, la Norvegia al 19 e la Germania è in piena decadenza demografica; dal 35 per 1000, è discesa al 20. Mancano due punti e sarà al livello della Francia.
Anche l'Inghilterra non è in condizioni brillanti. Nel 1926 il suo livello di natalità è stato il più basso d'Europa: 16,7 per 1000. Delle nazioni europee, quella che tiene la palma è la Bulgaria, coi 40 per 1000, poi vengono altre nazioni con livelli diversi, e finalmente vale la pena di occuparsi d'Italia. Il quinquennio di massima natalità fu tra il 1881 e il 1885, con 38 nati vivi su 1000; il massimo fu nel 1886, con 39. Da allora siamo andati discendendo, cioè dal 39 a 35 per 1000 siamo discesi oggi al 27. È vero che di altrettanto sono diminuite le morti; ma l'ideale sarebbe: massimo di natalità, minimo di mortalità. Molte regioni d'Italia sono già al disotto del 27 per 1000. Le regioni che stanno al disopra sono la Basilicata, ed io le tributo il mio plauso sincero, perché essa dimostra la sua virtù e la sua forza. Evidentemente la Basilicata non è ancora sufficientemente infetta da tutte le correnti perniciose della civiltà contemporanea. Vengono poi la Puglia, la Sardegna, le Marche, l'Umbria, il Lazio. Ma le regioni che si tengono sul 27 per 1000 sono l'Emilia e la Sicilia; al disotto la Lombardia, la Toscana, il Piemonte, la Liguria, le Venezie Tridentina e Giulia.
Questo ancora non basta. C'è un tipo di urbanesimo che è distruttivo, che isterilisce il popolo, ed è l'urbanesimo industriale. Prendiamo le cifre delle grandi città, delle città che si aggirano e superano il mezzo milione di abitanti. Non sono brillanti, queste cifre: Torino, nel 1926, è diminuita di 538 abitanti. Vediamo Milano: è aumentata di 22 abitanti. Genova è aumentata di 158 abitanti. Queste sono tre città a tipo prevalentemente industriale. Se tutte le città italiane avessero di queste cifre, tra poco saremmo percossi da quelle angosce che percuotono altri popoli. Fortunatamente non è così: Palermo ha 4177 abitanti di più - parlo di quelli che nascono, non di quelli che ci vanno, perché questo è spostamento, non aumento -; Napoli 6695 e Roma tiene il primato con 7925. Ciò significa che, mentre Milano, in 10 anni, crescerà di 220 abitanti, Roma crescerà di 80.000.
Ma voi credete che, quando parlo della ruralizzazione dell'Italia, io ne parli per amore delle belle frasi, che detesto? Ma no! Io sono il clinico che non trascura i sintomi, e questi sono sintomi che ci devono far seriamente riflettere. Ed a che cosa conducono queste considerazioni? primo, che l'urbanesimo industriale porta alla sterilità le popolazioni; secondo che altrettanto fa la piccola proprietà rurale. Aggiungete a queste due cause d'ordine economico la infinita vigliaccheria morale delle classi cosiddette superiori della società.

Se si diminuisce, signori, non si fa l'Impero, si diventa una colonia! Era tempo di dirle queste cose; se no, si vive nel regime delle illusioni false e bugiarde, che preparano delusioni atroci. Vi spiegherete quindi che io aiuti l'agricoltura, che mi proclami rurale; vi spiegherete quindi che io non voglia industrie intorno a Roma; vi spiegherete quindi come io non ammetta in Italia che le industrie sane, le quali industrie sane sono quelle che trovano da lavorare nell'agricoltura e nel mare.   

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