18.8.15

Fagioli anni 80. La riscossa di un cibo povero (Giampiero Manfredini)

Fagioli d'ogni varietà
L'articolo, tratto da un autorevole settimanale del secolo scorso, dà conto di un fenomeno della cultura alimentare e gastronomica degli anni Ottanta del 900, legato agli allarmi sugli eccessi nel consumo di carni e, più in generale, di proteine d'origine animale: il nuovo prestigio dei legumi e specialmente dei fagioli. Sorprende nella gustosa rassegna di Manfredini un'omissione, quella di una pietanza a base di riso e fagioli neri tipica di Cuba che ha il nome curioso di moros y cristianos (mori e cristiani), tanto apprezzata dai visitatori italiani dell'isola caraibica, specie nella versione della Boteguita del Medio. (S.L.L.)
Moros y cristianos
Diffusi ormai in tutto il mondo, i fagioli hanno origine centroamericana: prima di Cristoforo Colombo da noi erano infatti del tutto sconosciuti, anche se le loro coltivazioni non tardarono a moltiplicarsi negli anni successivi alla scoperta dell’America.
Persino in Asia le loro piantagioni godevano di tale attenzione che i fagioli di Trebisonda, sulla costa turca affacciata al mar Nero, vantavano fino al secolo scorso la miglior reputazione del mondo intero.
È tuttavia nei luoghi d’origine che si trovano le qualità più svariate e le ricette più fantasiose. Quelle che anche da noi fanno dimenticare la reputazione del fagiolo come alimento povero per presentarlo invece sempre più spesso come ingrediente, contorno, piatto esotico e gradevolissimo.
Così è, per esempio, della «feijoada» brasiliana, portata festosa, che generalmente si prepara, per gruppi di convitati, in quantità pantagrueliche. Piatto nazionale, questa trova, in ognuno degli stati che costituiscono il vastissimo territorio del Brasile, proprie ricette. Anzi, ogni famiglia possiede una propria ricetta, trasmessa di generazione in generazione.
Di massima, comunque, si usano diversi tipi di carne di maiale: lombo, costine, zampino, alcune delle quali salate (e in tal caso si dissalano a cominciare dalla sera precedente). Il dì appresso queste carni si pongono in casseruola con i fagioli secchi ammollati, con cipolla, aglio, alloro,prezzemolo, peperoncino e acqua sino all’orlo del recipiente. La carne si toglie mano mano che è cotta, i fagioli restano nel brodo, che si addensa, per almeno tre ore. Poi si friggono in olio, con altro aglio e cipolla, prima di rimetterli assieme alla carne in recipiente di terracotta, far cuocere per altri dieci minuti e servire con riso bianco a parte, cavolo verde bollito e condito, arancia tagliata a fettine sottili, peperoncino piccante a bagno nell’olio e quante salse d’accompagnamento si desiderino.
Senza carne, ma con ogni altro aroma (aglio, cipolla, alloro e peperoncino essenzialmente) si preparano i fagioli che accompagnano la stragrande maggioranza dei piatti messicani.
Trattandosi di una cucina molto piccante, in quella messicana i fagioli sono l’unica cosa capace di spegnere il pizzicore causato dal peperoncino. Né pane né acqua, né alcun’altra bevanda vi riescono come i fagioli.
Sia per la «feijoada» che per i «frijoles» messicani si usano fagioli secchi, piccoli, scuri, detti «uberabinha», della grandezza dei nostri toscani canellini.
Questi ultimi sono, con quelli «dall’occhio» (così chiamati perché hanno una piccola macchia scura che ricorda proprio un occhio), tra i più comuni in Italia. Li affiancano i borlotti, di largo impiego in Lombardia, e i fagioli di Spagna, o fagiolane, grandi, con superficie bianco-rosata e assai carnosi sotto i denti.
Quanto ai piatti nostrani, a parte gli infiniti modi di servire fagioli, per contorno, Veneto e Campania si contendono il primato di bontà delle paste e fagioli. I veneti usano i legumi di Lamon che, delicati e di buccia sottilissima, sono da molti considerati i migliori in assoluto. Se secchi, devono esser ammollati per una notte. Il mattino seguente si soffriggono in olio e cipolla, si fanno cuocere in brodo di manzo e vi s’aggiunge un poco di pomodoro. A tre o quattr’ore dall’inizio della cottura, se ne passa una parte e poi la si unisce al resto dei fagioli. La pasta (tagliatelle o taglierini) cuocerà direttamente in quella sorta di zuppa che se n’è ottenuta.
La pasta e fagioli napoletana vuole pure lardo battuto e aglio, peperoncino e pepe e si prepara con i differenti residui di pasta che solitamente restano sul fondo dei pacchi: la «munuzzaglia» che, nella zuppa di fagioli, si rivela sublime.


EUROPEO/11 OTTOBRE 1986

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