27.8.15

Madagascar. Lemuri ed élites (Eleonora Degano)

Un lemure del Madagascar
Studenti che non potrebbero sostenere il costo di uno studio sul campo vengono finanziati da uno scienziato straniero, imparando così a conoscere e valorizzare il patrimonio naturalistico locale. Succede in Madagascar, dove oltre a 103 diverse specie di lemuri troviamo un esempio virtuoso di ricerca scientifica.
Chiunque voglia svolgere uno studio sull’isola deve infatti ottenere un permesso dal ministero dell’Ambiente, il ministère des Eaux et forèts, facendo richiesta circa due mesi prima della partenza e indicando budget, progetto e collaboratori. Viene così scelto un ente di riferimento malgascio, che può essere un dipartimento universitario ma anche uno zoo, un museo o un orto botanico. Questa controparte, una volta approvato il progetto, fornisce appoggio logistico e si occupa di selezionare uno studente. Un giovane in cerca di una tesi e interessato all’ambito di ricerca proposto dagli scienziati stranieri. Questi, grazie a finanziatori pubblici o privati che ne sostengono gli studi, si impegnano a coprire tutti i costi sul campo e quelli di produzione della tesi, dalla raccolta dei dati fino alla stampa delle copie, oltre al viaggio di andata e ritorno dello studente verso il sito di studio e una piccola paga giornaliera.
«Se esiste al giorno d’oggi una giovane generazione di malgasci in grado di rivestire ruoli gestionali, ed esporre i risultati delle ricerche in congressi internazionali, parte del merito è da attribuire proprio a questo sistema di sovvenzione per gli studenti, intelligente e lungimirante», racconta a “pagina99”, Giuseppe Donati, professore associato in biologia e conservazione dei primati alla Oxford Brookes University. «La mia esperienza in Madagascar ha avuto inizio nel 1995, e alcuni degli studenti che ho sovvenzionato ora lavorano per organi governativi o enti internazionali che si occupano di conservazione».
Il sistema che finanzia gli studenti locali è in vigore dagli anni Novanta, quando la ricerca scientifica sui lemuri ha subito una forte impennata. In Madagascar l’élite universitaria è sempre rimasta piuttosto indipendente dal governo, un’autonomia rivelatasi preziosa nella difficile situazione socio-politica che ha seguito il colpo di stato del 2009. Il governo di Andry Rajoelina non è stato riconosciuto a livello internazionale, determinando la sospensione degli aiuti da parte dell’Unione europea e contribuendo a rendere il Madagascar uno dei paesi più poveri al mondo.
Se c’è però un ambito in cui l’isola non è mai stata lasciata sola, è proprio la tutela della sua più grande ricchezza: la biodiversità. Nel 2013 ha infatti avuto inizio un piano d’azione targato Iucn (l’Unione mondiale per la conservazione della natura), una strategia internazionale per la salvaguardia dei lemuri e del loro habitat naturale, che continuerà fino al 2016. Tra i firmatari del progetto, racconta Donati, ci sono anche tre suoi ex-studenti, ora conservazionisti, che hanno partecipato alla raccolta dati per la tristemente famosa lista rossa della Iucn, il più importante database sullo stato di conservazione delle specie. I risultati del tutorag-gio da parte di ricercatori stranieri, insomma, si vedono già.
Eppure le difficoltà non mancano, perché spesso gli studenti malgasci hanno una preparazione di base molto limitata. Questo rende il tutoraggio piuttosto faticoso per gli scienziati stranieri. Si tratta tuttavia di giovani pronti a collaborare e desiderosi di apprendere, oltre al fatto che vivere insieme per mesi in una foresta comporta condividere molte cose, racconta Donati. «Significa maturare la consapevolezza che la diversità può diventare ricchezza, e aprirsi a comprendere l’altro. Ciò che ci separa, spesso, è solo il differente paesaggio di un obiettivo comune». Grazie al tuto-raggio gli studenti locali hanno fatto proprio l’approccio scientifico dei ricercatori stranieri, mentre questi ultimi si sono avvicinati alla mentalità malgascia tramite l’intermediazione dei loro giovani (futuri) colleghi; molti partono per il Madagascar per studiare i lemuri e tornano innamorati dell’isola e della sua cultura. Gli abitanti dei villaggi non sempre sono consapevoli del ruolo fondamentale svolto dai lemuri nell’ambiente: prima della scuola secondaria, molti giovani malgasci un lemure nemmeno sanno cosa sia. Manca un curriculum educativo di base sulla fauna locale. E su questa situazione che chi lavora alla conservazione deve intervenire: sensibilizzare la popolazione, e formare esperti locali che possano fare da mediatori. Vedere che gli studenti si muovono da tutto il mondo per aiutare il Madagascar sta suscitando un senso di orgoglio nelle popolazioni locali, e la consapevolezza che ciò che esiste nelle loro foreste non si trova altrove.
Il lavoro da fare, in ogni caso, è ancora molto. Il sistema di sovvenzionamento degli studenti locali ha favorito la formazione di una parte della classe medio-alta della società, ovvero giovani le cui famiglie possono permettersi di mandarli all’università. Un privilegio destinato a una piccola fetta di popolazione, escludendo gli abitanti dei villaggi limitrofi alla foreste che guardano a questa élite con sfiducia. Si tratta comunque di un risultato non da poco, rispetto ad altri Paesi in cui i quadri dirigenziali non hanno una preparazione adeguata e sono spesso corrotti. «Questa generazione sarà pronta a influenzare le politiche di conservazione in senso positivo, speriamo meno attratta da profitti a corto termine. Tuttavia, per il contadino che taglia la legna nella foresta, poco cambia se a gestire la conservazione è un europeo o un malgascio della capitale». Queste persone rappresentano l’80% della popolazione e vivono in condizioni di estrema povertà: servono perciò esempi concreti che leghino la presenza e la tutela dei lemuri e del loro habitat a un futuro più prospero. I vantaggi, in ogni caso, superano gli svantaggi. «L’anno scorso ho partecipato alla commissione di laurea di una giovane malgascia, che aveva lavorato con un mio studente italiano di Pisa», racconta Donati. «Vederla laurearsi nel suo Paese, con una tesi di qualità paragonabile alle nostre, è stata una grande soddisfazione. E sopra ogni altra cosa una speranza, potremmo dire l’unica reale, di vedere presto un cambiamento in Madagascar».

"pagina 99", 12 luglio 2014

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